5 giugno 1944, Roma festeggia dal pomeriggio del 4 la liberazione della città dall’occupazione nazifascista. Angiolo Bandinelli, testimone di quella giornata, alle ore 8 vede Ugo Forno, nei pressi del Parco Nemorense che strillava: «C’è una battaglia, lassù oltre piazza Vescovio, ci sono i tedeschi, resistono ancora». Ughetto si allontanò subito e si diresse verso il luogo dello scontro. Testimonianza di Guidi Antonio e Curzi Luciano: «Alle ore 9 si presentava nella casa colonica al vicolo Del Pino (attuale via Mancinelli) un giovanetto armato di fucile, seguito da altri giovani, che informava i presenti che i tedeschi stavano per far saltare il ponte sull’Aniene, (…) e predisponeva l’azione da svolgere». I due assieme ad altri contadini si armano, seguono Ughetto e si appostano sull’altura che domina l’Aniene e la Via Salaria. Iniziano a sparare contro i sabotatori tedeschi che stanno minando il ponte ferroviario sull’Aniene. Ughetto spara a ripetizione, testimonierà il tenente dei Gap Partigiani Giovanni Allegra. In soccorso dei guastatori arriva un plotone motocorazzato che inizia a lanciare granate verso i combattenti partigiani. Un colpo ferisce mortalmente Ughetto che verrà condotto nella vicina clinica Inail, in via Monte delle Gioie dove, alle ore 10, ne verrà constatata la morte. Da un proiettile di mitragliatrice rimase ferito il sedicenne Luciano Curzi, mentre l’agricoltore Guidi Francesco, affittuario della “Tenuta Vignatorti”, ebbe una gamba dilaniata da una scheggia di granata e morirà alla fine della giornata.
Chi era Ughetto? Debbo dire che quando ho letto le scarne informazioni sull’episodio di guerra che lo ha visto protagonista, non riuscivo a comprendere come un ragazzino di 12 anni potesse imbracciare un fucile ed invitare persone più grandi di lui a combattere contro i tedeschi per salvare un ponte. All’inizio ho pensato a una ragazzata irresponsabile, frutto di un’esaltazione di un gruppo di ragazzi incoscienti. Leggendo il giudizio della sua professoressa che lo promuoveva: “Pieno di buona volontà, un po’ troppo irrequieto, ma buono e generoso”, si comprende meglio il ragazzo. La sua irrequietezza la rimanderei all’inquietudine, maturata nei mesi di occupazione tedesca. Poi vi è un particolare da sottolineare. Ci sono uomini, e Ughetto lo era, a cui la guerra, le privazioni, portano in avanti il calendario dell’età e gli fanno ascoltare meglio la propria coscienza. Questi uomini, quando sono coinvolti in qualcosa che appartiene al male, non possono fare a meno di combatterlo per gli altri, ma anche per se stessi per la propria dignità e per il loro avvenire. Tutto questo aveva capito Ughetto, che comprese che la famiglia era lui, la mamma, il babbo, il fratello, i compagni di scuola, la casa, la sua città, l’Italia.
Il 17 aprile 1947 la Commissione laziale per il riconoscimento della qualifica di partigiano e di patriota gli riconosce la qualifica di partigiano e gli assegna la medaglia d’oro al valor militare. Prima della definizione dell’iter, il Luogotenente del Regno, Umberto di Savoia, emanerà un decreto che prevedeva che partigiano e meritevole di medaglia d’oro dovesse appartenere a una formazione o gruppo partigiano. Nonostante l’esercito avesse riconosciuto Ughetto, giovanetto quale militare presente alle bandiere, la medaglia d’oro non gli fu concessa. Ci vorrà il mio libro e la presentazione di un’istanza con allegata la documentazione affinché il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l’8 gennaio del 2013, gli conceda la medaglia d’oro al Merito Civile alla Memoria. A Ughetto le Ferrovie hanno dedicato il ponte sull’Aniene e il Comune il giardino che è il luogo ove combatté. Lo scorso 10 luglio è venuto a mancare, all’eta di 91 anni, Francesco Forno, fratello di Ughetto. Era ricoverato in una clinica vicino a Casal Bernocchi, a 100 metri da dove si trova la via intitolata a Ugo Forno.
La storia di Ughetto ripropone quelle di tanti giovani che si sono battuti contro il fascismo, la guerra, l’occupazione nazifascista e che sono stati un po’ trascurati dalla storiografia ufficiale, dal movimento della Resistenza e dagli scrittori.
Con il 25 luglio e l’8 settembre, molti giovani, quando l’Italia chiamò si fecero trovare pronti. Presero le armi l’8 settembre, quando la Patria era perduta e una delle pagine più brutte della storia del nostro Paese veniva scritta, per responsabilità del Re e dei vertici delle nostre Forze Armate. Questi giovani assieme a tanti altri a Roma e in Italia con la loro azione e sacrificio hanno restituito dignità al Paese. Nella lotta contro l’occupazione nazifascista furono 18 gli studenti ad essere uccisi a Roma. Altri giovani sono caduti il 9 e 10 settembre nella difesa di Roma. Per questi ultimi da anni andiamo chiedendo all’amministrazione comunale che la città di Roma eriga un monumento ai primi giovani partigiani della Resistenza romana caduti tra il 9 e 10 settembre nella difesa della città.
Ecco i loro nomi: Carlo Del Papa di 14 anni non ancora compiuti; Antonio Calvani di 16 anni; Maurizio Cecati di 17 anni; Nello Di Mambro, caduto nel giorno del suo diciottesimo compleanno; Salvatore Lo Rizzo di 18 anni; Carmelo Coco di 19 anni ed Augo Codani, di 16 anni, caduto il 23 settembre 1943.
Tra i 335 assassinati alle Fosse Ardeatine, ben 27 avevano meno di vent’anni, 113 meno di trenta.
Vanno inoltre ricordati i giovani del quartiere capitolino “Monte Sacro” come Ferdinando Agnini, che aveva aderito al Partito d’Azione, studiava medicina e abitava in via Monte Tomatico. Altri compagni di lotta e di fede erano gli studenti universitari Mario Perugini, Girolamo Congedo, Giorgio Lauchard e l’operaio Renzo Piasco, Antonio Pistonesi, Luciano Celli, Franco Caccamo e Orlandi Posti Orlando, “Lallo”, il figlio della sarta che abitava in via Monte Nevoso. Egli come Ferdinando Agnini è catturato e portato in via Tasso. Le ore drammatiche di Lallo e la sofferenza per le sevizie subite nel giorno del suo arresto sono state raccontate, dopo la liberazione di Roma, da Mastino Del Rio: «Mi sono accorto che questo ragazzo soffre in silenzio con dignità. Gli dico: “Caro Lallo ammiro la tua forza d’animo. Tu puoi essere esempio ai grandi. Ti sei battuto contro i tedeschi pensando alle sventure del nostro Paese, sacrificando te e la tua mamma. Vorrei che tutti i giovani, che tutti gli italiani fossero come te”. Sorride, risponde: “Caro avvocato, io non ho fatto niente o quasi niente. La mia pena qua dentro è proprio quella di aver fatto così poco. Oggi è il mio compleanno (18 anni). Ho proprio bisogno di qualche carezza”. Si guarda attorno come per farmi notare lo squallore che circonda. Una lacrima spunta come una perla, ma egli chiude gli occhi, alza fieramente la testa e mormora: “Scusi avvocato”, e si dirige alla sua cuccia». La sua identità fu riconosciuta da un’amica di famiglia dalla camicia che indossava. Orlando aveva tutti i capelli bianchi. Anche Agnini, Pistonesi e Piasco furono trucidati alle Fosse Ardeatine.
Ha scritto una ragazza, senza firmarsi, sul giornale dell’Usi La Nostra Lotta del marzo 1945, nel ricordare la grande manifestazione studentesca del 28 gennaio del 1944 a San Pietro in Vincoli cui parteciparono, tra gli altri, gli studenti Agnini, Orlandi, Gizzio: “La libertà che si riceve in dono, o che si crede di aver ereditato dai padri o dagli avi, può venir persa e può venir venduta; ma la libertà che si conquista non si può né perdere né vendere. Ed io credo che i duecento ragazzi di San Pietro in Vincoli sapranno restare uomini liberi. Per questo non invano soffrirono quelli che oggi non sono fra noi; per questo i nostri morti non sono morti invano”. Questi i nostri eroi che sono giovani e belli, aggiungo io.
Concludo con un’annotazione. Da un po’ di anni nel dibattito su fascismo e antifascismo spesso si equiparano i giovani partigiani con i giovani della Repubblica sociale. Tutti mossi e impegnati, si dice, da un’ideale anche se diverso. È un falso, perché quelli della Repubblica sociale o fascisti peroravano la causa della guerra, avevano per simboli morte e baionette e usavano slogan razziali, i giovani partigiani come Orlando, Agnini, Rosario Bentivegna amavano la libertà, la democrazia, curavano molto l’amore per le loro donne. Quindi, per favore, facciamola finita con questo buonismo antistorico che offende chi ha pagato con la vita la ricerca della libertà, della democrazia e l’amore per il prossimo.
L’antifascismo non è una sorta di “residuo archeologico o pretestuoso”, ma è come lo definisce lo storico Luzzatto: «la Resistenza è un’esperienza troppo “singolarmente febbrile e giovanile” per lasciare solo ai reduci, o alle celebrazioni rituali, il compito di sottrarla all’usura del tempo. È un’indicazione utile per chi ha a cuore la trasmissione di un sapere storico attento a formare nei giovani l’assunzione di responsabilità sul passato e, quindi, sul presente».
Felice Cipriani, scrittore della Memoria
Per approfondire
Prima della fine dell’anno sarà pubblicata la seconda edizione del libro che Felice Cipriani ha dedicato a Ugo Forno, con gli aggiornamenti storici e il racconto degli avvenimenti degli ultimi anni che lo hanno riguardato. Intanto dell’autore ricordiamo:
“Roma 1943-1945, Racconti di Guerra e Lotta di Liberazione”, pubblicato col contributo del Consiglio Regione Lazio, Associazione Walter Tobagi, 2009;
“Il Ragazzo del Ponte – Ugo Forno, un eroe di dodici anni”, Edizioni Chillemi, 2012
“Massimo Gizzio e le Lotte Studentesche”, Edizioni Chillemi, 2015
Pubblicato mercoledì 1 Agosto 2018
Stampato il 25/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ultime-news/ugo-forno-il-partigiano-bambino/