È doveroso, anzi importante soffermarsi sull’attività politica, sociale e culturale nei confronti dei cosiddetti “personaggi minori”, che con la loro forza di volontà e abnegazione, (alcuni fino alla morte), hanno contribuito a scrivere alcune pagine memorabili della storia contemporanea nazionale. È necessario valorizzare in campo nazionale e internazionale il contributo effettivo alla causa della liberazione del nazifascismo nel nostro Paese. In questo contesto è assai utile ricordare la splendida figura di Sisinnio Mocci (Villacidro, 31 dicembre 1903, Roma 24 marzo 1944), da sempre comunista, antifascista e partigiano, e una delle vittime delle Fosse Ardeatine. Una bella e importante biografia sul sardo, è stata realizzata dallo storico Martino Contu (Sisinnio Mocci, Un villacidrese martire delle Fosse Ardeatine. Edizione Tema, Cagliari 1996), che utilizzando materiale dell’Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno e l’Archivio Anppia di Cagliari è riuscito a dare un quadro esauriente sull’attività del comunista sardo. Secondo brevi e scarne notizie sull’infanzia di Mocci, veniamo a sapere che proveniva da un umile e modesta famiglia dedita all’agricoltura e, per motivi economici, con una scarsa attenzione al mondo della scuola. Sisinnio dopo una breve esperienza lavorativa nel suo paese, decideva, come tanti sardi, di emigrare. Era il 1922, anno fatidico dell’avvento del regime mussoliniano in Italia. Mocci lasciava l’isola per sottoporsi alle fatiche visite di leva, ma veniva esonerato e congedato per motivi fisici, era alto solo 1.54. Intanto nell’isola il fascismo, supportato dalle autorità statali e dalla borghesia rurale e urbana, usciva allo scoperto, compiendo azioni squadristiche ai danni dei dirigenti politici e sindacali.
A Villacidro, Arbus e Guspini, località prevalentemente minerarie, era attivo il Partito socialista. Trasferitosi a Roma nel 1922, Mocci trova lavoro come fabbro-aggiustatore meccanico presso un’officina. Nella Capitale entra in contatto con ambienti del Pcd’I, acquisendo una piena coscienza antifascista. Ma dopo la marcia su Roma, il Pcd’I, stremato dalle numerose persecuzioni e arresti, vedeva ridurre drasticamente il numero degli iscritti: dai 42.790 del 1921 agli 8.698 del 1923. L’attività del Partito comunista era assai politicamente intensa, volta a contrastare il fascismo e creare le basi di un’alleanza fattiva e concreta tra la classe operaia e la classe contadina del Mezzogiorno. Ma le condizioni politiche avverse ai partiti, non portavano risultati concreti. Una situazione di impotenza politica sfruttata da Benito Mussolini. Scrive Giorgio Amendola: “Gruppi di compagni furono inviati a lavorare nelle provincie nelle quali non erano noti. Per assolvere a questi nuovi e difficili compiti il partito poté disporre di una leva di militanti coraggiosi, decisi a buttarsi allo sbaraglio, a fare come i bolscevichi, a diventare dei rivoluzionari di professione”.
Nel 1925, per incarico del Pcd’I, Sisinnio Mocci si trasferiva ad Albona (Istria), lavorando come aggiustatore meccanico. Poi nel 1927 si trasferiva nell’America del Sud, esattamente a Buenos Aires, meta di tantissimi sardi emigrati. Il 14 aprile 1929 ad Avellaneda, nella periferia della capitale Argentina, veniva sancito un importante incontro tra emigrati sardi, che davano vita della Lega Sarda d’Azione Sardegna Avanti. Di questa associazione ha scritto Lorenzo Di Biase nel bel libro “Il caso della Lega sarda d’Azione, Sardegna Avanti”, edito dall’Anppia Sardegna: “L’attività svolta dai tanti esuli sardi nella Terra del Plata, non poteva passare inosservata al regime fascista. Esso, come suo solito, cercava di infiltrare all’interno di ogni organizzazione qualche spia al fine di tenere sempre tutto sotto controllo, e magari prevenire atti contrari al regime. (…) Ma in questa organizzazione, come in altre nelle quali si riunivano solo i sardi, l’infiltrazione dei doppiogiochisti non era possibile in quanto i sardi tra loro parlavano prettamente il sardo e ciò poneva fuori gioco tutte le spie del regime”. Sisinnio Mocci fu segretario di Alleanza Antifascista e di Soccorso Rosso. Questi incarichi politici gli diedero la possibilità di avere frequenti contatti con i massimi dirigenti dell’antifascismo italiano. Il comunista sardo, dopo tra anni di permanenza in terra Argentina, approdava in Francia, dove era presente una numerosa comunità di italiani antifascisti. Probabilmente fu il Pcd’I a indicare a Mocci l’Oltralpe. Dal 1930 il sardo svolse attività politica clandestina per conto del suo partito. Venne espulso due volte dal Paese e inserito negli elenchi dei “connazionali recentemente espulsi dalla Francia e dal Belgio per la loro attività comuniste ed anarchica”. Nel frattempo, la Regia Ambasciata d’Italia a Parigi si adoperava per avere notizie e informazioni sull’attività del comunista sardo. Nel 1932, Sisinnio Mocci, per ragioni politiche emigrava nella Russia bolscevica, che viveva un periodo assai delicato e difficile. Stalin governava sovrano attraverso epurazioni dei “nemici del popolo” e dei “degenerati di origine borghese”. Mocci nel 1937 abbandonava l’Urss e raggiungeva la Spagna in piena guerra civile tra repubblicani e franchisti, per unirsi al fronte repubblicano. In questo lasso di tempo, dopo un breve ma intenso addestramento militare, raggiungeva il grado di tenente nella XII Brigata Garibaldi, con la quale combatté sino al termine della guerra, che vide sconfitti i repubblicani.
Sisinnio Mocci veniva deportato nel campo francese di Vernet, poi estradato a Cagliari, dove è arrestato e condannato a 5 anni di confino a Ventotene. A tale riguardo scrive il Prefetto di Cagliari Leone: “Si trasmette una istanza con cui il confinato Sisinnio Mocci chiede una breve licenza per rivedere la madre e la sorella. Questo ufficio, in considerazione che il Mocci si trova in colonia da poco più di due mesi e che la richiesta non è giustificabile da un urgente ed effettivo bisogno, esprime parere contrario all’accoglimento. (Cagliari 13 luglio 1942)”. In questa isola-prigione, il comunista sardo rimase sino all’agosto ’43, incontrando numerosi confinati provenienti da diverse esperienze politiche internazionali. Sisinnio Mocci rientrava dal confino nell’agosto 1943 e faceva rientro a Roma. Dopo l’8 settembre 1943, nell’organizzazione clandestina di resistenza agli occupanti nazi-fascisti, Sisinnio Mocci, con il nome di battaglia “Paolo”, fa parte dei GAP (Gruppi di azione patriotica), dando il suo contributo politico e militare. Ricercato, per un certo lasso di tempo si nasconde nella villa del regista Luchino Visconti, fingendosi giardiniere. In realtà, dalla villa, in qualità di comandante di una formazione partigiana capitolina, segue tutte le operazioni militari. “Sisinnio Mocci e Francesco Curreli (un altro ospite in casa Visconti) – affermò il regista su L’Unione Sarda del 24 aprile 1986 – nell’umiltà e nell’anonimato, hanno patito e lottato. Nell’umiltà e nell’anonimato sono morti, dopo essere stati eroi e artefici della Repubblica italiana”.
Catturato dalle forze naziste, Mocci viene condotto alla pensione Jaccarino, una delle famigerate sedi dei torturatori della Banda Kock; è interrogato e sottoposto a indicibili torture. Dopo l’azione di via Rasella (23 marzo 1944), i nazisti decidevano di fucilare, il giorno dopo, 335 persone (eccidio delle Fosse Ardeatine). La maggior parte delle vittime sarà prelevata durante un furioso rastrellamento in via Rasella e una cinquantina tra i detenuti in carcere per reati politici. Tra loro c’è anche Sisinnio Mocci.
Il 4 novembre 2001 il Comune di Villacidro ha dedicato una piazza al proprio compaesano Sisinnio Mocci.
Maurizio Orrù, giornalista, Segretario regionale ANPPIA Sardegna
Pubblicato venerdì 18 Maggio 2018
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