“Ero partita con una concezione tutta mia; pensavo che partigiano potesse essere solo l’operaio o il contadino, mentre mi trovai al fianco anche studenti, laureati, ufficiali e alcuni di essi provenienti persino da famiglie aristocratiche; mi trovai assieme a socialisti, comunisti, cattolici, giovani del Partito d’Azione e a indipendenti”.
Non ci sono parole più adatte di quelle di una giovane Diana Sabbi appena partita per i monti, partigiana e Medaglia d’Argento al Valor Militare, per descrivere gli iscritti della sezione Anpi di Bagnacavallo (RA). Un filo unisce le nostre storie, tutte diverse per età anagrafica, esperienze, idee politiche: l’antifascismo e la convinzione che una società migliore sia possibile.
Questo ideale comune ci spinge, senza risorse economiche, senza una particolare struttura organizzativa, ma mossi dal desiderio di essere presenti tra la gente, grazie alla forza e all’entusiasmo dei tanti volontari che permettono alla sezione, con la convinzione di essere nel giusto, di far partire, per il quarto anno, la nostra festa nel parco di Masiera. Un luogo storico per la lotta partigiana; un simbolo che questo ritrovo ravviva e tramanda.
Il clima di regressione democratica che stiamo respirando, i pesanti rigurgiti fascisti, con gli attacchi all’Associazione dei partigiani, ci pone l’obbligo di essere sempre più presenti tra le persone e, soprattutto tra le giovani generazioni, per tramandare i valori della Resistenza. Ecco che allora si promuovono nelle scuole, grazie ai progetti che l’Anpi di Bagnacavallo sostiene, la cultura del bene comune, della solidarietà, dell’accoglienza, della libertà, del rispetto dell’altro: diverso, sempre e comunque, dal “sé”.
L’attività culmina nella Festa e quel tendone in mezzo al parco di Masiera diventa, per qualche giorno, la casa di tutti. Dei piccoli, con i loro disegni e pensieri, dei giovani con i momenti musicali e gli appuntamenti culturali, degli sportivi con le camminate e le biciclettate, dei più anziani che possono raccontarsi.
E per tutti lo stand gastronomico dove si ragiona, si discute, si ride, si scherza, si canta e dove si degusta un piatto preparato, anche questo, dai volontari. Un piatto icona ormai, che ci piace immaginare con un significato simbolico: i caplèt.
Nella sua preparazione, cottura e condimento, infatti, troviamo elementi rappresentativi di quel cum-panis che raffigura la condivisione del pane – e dunque compagni –, la convivialità di un pasto consumato insieme, in allegria e piacere.
Il cappelletto è un quadrato (facciamo quadro, facciamo squadra) di sfoglia all’uovo che all’interno racchiude il ripieno, detto compenso in dialetto romagnolo. Sì, proprio compenso dal latino cum et pensum, ovvero tutto ciò che serve a ristabilire un equilibrio, a bilanciare ad essere rimedio. Ecco: insieme, noi tutti, possiamo essere una terapia per ristabilire i giusti equilibri di rispetto, di accettazione, di uguaglianza sociale, di diritti, di solidarietà, di inclusione.
Certo bisogna avere l’incoscienza e il pizzico di follia che solo la passione e la profonda riconoscenza nei valori fondanti della Repubblica sanno creare per immaginare e realizzare una festa con la sola forza dei volontari, con mani laboriose e instancabili che cucinano, allestiscono, realizzano, con le loro idee, con la voglia di fare e di stare insieme anche in assenza delle risorse economiche per farlo.
Ma proprio quel pizzico di follia e di inseguimento di un sogno ci spinge, in risposta a chi pensa che la panacea di tutti i mali sia chiudere i porti, a creare ponti e ad aprire le porte di quegli spazi e momenti di aggregazione che immaginiamo e desideriamo aperti a tutti per rispondere al bisogno di stare insieme, ognuno con la propria storia e il proprio vissuto, ma con la consapevolezza e il desiderio di essere comunità solidale, portatrice di valori di rispetto, accoglienza e democrazia.
Silvia Pergola, sezione Anpi di Bagnacavallo
Pubblicato giovedì 28 Marzo 2019
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