È stata la rivolta popolare più grande della storia della Repubblica turca. L’occupazione di Gezi Park – un parco cittadino nel cuore di Istanbul, grande poco meno di quattro ettari e destinato a una speculazione edilizia – nel 2013 ha dato origine a una sollevazione sociale che si è allargata a macchia d’olio dalla città sul Bosforo a tutto il Paese. Questa storia di orgoglio e ribellione popolare, che racchiude in sé tante altre storie, è raccontata in “Ogni luogo è Taksim. Da Gezi Park al controgolpe di Erdoğan”, il libro scritto dal giornalista Deniz Yücel ed edito da Rosenberg&Sellier, con la prefazione di Alberto Negri e un’analisi di Murat Cinar.
Yücel, reporter tedesco di origine turca e corrispondente dalla Turchia per Die Welt, è stato scarcerato poco più di un mese fa (a pochi giorni dall’uscita del suo libro in Italia) dopo un anno di detenzione nel carcere di massima sicurezza di Silivri, fuori Istanbul, accusato di propaganda a favore di un’organizzazione terroristica e incitamento alla ribellione.
Yücel è tornato in libertà il giorno dopo l’incontro della cancelliera Angela Merkel con il primo ministro turco Binali Yildirim, a Berlino per discutere del caso. Purtroppo la Turchia è attualmente la più grande prigione per giornalisti del mondo e, in generale, per chi non la pensa come il presidente. L’edizione italiana del libro partecipa alla campagna di solidarietà europea avviata durante la detenzione di Yücel e per dare voce anche ai tanti giornalisti ancora nelle carceri turche.
«All’inizio si trattava di Gezi Park, molto presto della violenza con la quale la polizia si è scagliata contro alcune persone nel parco, poi del governo dell’Akp e soprattutto del presidente Recep Tayyip Erdoğan, ma per alcuni riguarda ancora molto altro», scrive Deniz Yücel nel suo libro-inchiesta. Il parco cittadino, simbolo di una Turchia che si ribella alla repressione e al coprifuoco perenne, fu occupato per 14 giorni e, la notte del 16 giugno 2013, venne sgomberato con un grande spiegamento di forze di polizia. Quando ancora infuriavano i tafferugli per le strade di Istanbul, e la nube di lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo non si era dileguata, i collaboratori dell’amministrazione si affrettavano a ripulire i murales sorti attorno a Gezi Park. Come a dire, vi cancelliamo, ripuliamo anche dai muri le tracce del movimento Gezi e della richiesta di diritti che attorno a quel presidio era nata.
Eppure – come scrive Yücel – «Socialisti, liberali, socialdemocratici, kemalisti, curdi, tifosi di squadre rivali e perfino alcuni musulmani e nazionalisti si sono trovati all’improvviso d’accordo. A Gezi Park ognuno era diverso, ognuno aveva i suoi motivi per esserci. E ognuno parlava di libertà senza intendere la stessa cosa».
Un libro prezioso, con centinaia di testimonianze di cittadini di diversa estrazione, con le idee più disparate che raccontano un Paese bellissimo e contraddittorio, dalle tante sfumature, che non riesce però ad emanciparsi dall’uomo forte e dal suo regime turcoislamico. Dagli anni di Gezi la situazione in Turchia è peggiorata, il tentato golpe ai danni del “sultano” Erdoğan, come ama chiamarlo la stampa mainstream, ha prodotto migliaia di arresti e una repressione che continua in tutti i settori.
«Gezi è stata un’insurrezione degli offesi», racconta una ragazza intervistata nel libro: «Questo governo vuole formare una società a propria immagine. E tutti quelli che non corrispondono a questa immagine sono stati già personalmente offesi da questo governo e dal presidente in persona: i non musulmani, gli aleviti, le donne laiche, gli omosessuali, i transessuali… E più della metà dei dimostranti erano donne. Ciò mostra che a Gezi si è trattato di libertà sociali, quindi della cosa di cui in questo paese si è trattato da cento e più anni: il conflitto tra tradizione e modernità».
“Ogni luogo è Taksim” racconta Istanbul e i suoi quartieri operai, quelli degli immigrati interni, quelli con i locali alla moda, il tifo calcistico, la musica pop e le piccole e grandi storie che hanno attraversato quelle strade. Non mancano le incursioni ad Ankara, Smirne, nel sud est curdo e nelle roccaforti del capitale islamico, quelle “tigri anatoliche” che hanno permesso l’ascesa al potere di Erdoğan.
A conclusione del libro, un’analisi del giornalista Murat Cinar racconta il controgolpe di Erdoğan del luglio 2016 e tutto quello che è accaduto nel paese fino a oggi: un documento utile per capire interessi economici, scandali, operazioni edilizie e finanziarie, potere religioso e potere politico di un Paese membro della Nato e strategico per l’Italia. Dopo aver scritto questo coraggioso racconto in presa diretta, Deniz Yücel ha conosciuto anche la realtà del carcere turco e dell’isolamento. In prigione ha sposato la sua compagna Dylek e, appena libero, è tornato in Germania.
Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. Ha lavorato al settimanale La Rinascita della sinistra scrivendo di politica estera e società. Collabora con Linkiesta.it e si occupa di formazione giornalistica per ragazzi
Pubblicato giovedì 22 Marzo 2018
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