L’antifascismo italiano ha rappresentato un punto di svolta e di riferimento sia nella storia del Paese sia in quella europea e mondiale, come dimostra la ricca e variegata ricerca critica con i suoi molteplici orientamenti. Ed oggi è necessario, anzi vitale, anche ricordare, narrando soprattutto ai giovani (e non solo) le esperienze e i drammi vissuti, ripercorrendo altresì i momenti di sofferenza vissuti dalla stragrande maggioranza degli italiani nel regime mussoliniano.
Partendo da questi necessari presupposti è doveroso ricordare la bella figura di Michele Giua (Castelsardo, Sassari, 26 aprile 1889 – Torino, 25 marzo 1966), perseguitato politico antifascista, socialista. Una storia esemplare nel variegato mondo dell’opposizione politica alla dittatura e alla sua nefasta ideologia. Michele Giua aderiva al Partito socialista dal 1906 e conseguiva nel 1911 la laurea in Chimica presso l’Università di Roma (La Sapienza), iniziando subito dopo, un tirocinio di studio nella prestigiosa Università di Berlino. Scrive la nipote Anna Foa, docente di storia moderna, sulle doti di studioso ed intellettuale dello zio Michele: “Dal punto di vista professionale, era uno studioso molto brillante. Anche di questo mi sono resa conto con alcuni dei suoi allievi e l’ho visto nel suo ruolo di chimico. Uno scienziato insomma di livello alto, conosciuto sul piano internazionale e considerato il maggiore esperto italiano di esplosivi” (Anna Foa, “La Famiglia F, Editori Laterza, 2018).
Michele Giua dopo la specializzazione universitaria accedeva alla cattedra di chimica all’Università di Sassari (1917/1920) e in seguito al Politecnico di Torino. Ancora oggi, si ricordano i tanti lavori scientifici di chimica organica elaborati dal professore. Ma quando con il decreto dell’ottobre 1931 si impose tassativamente ai docenti universitari il giuramento di fedeltà al regime, pena l’esclusione da ogni incarico pubblico, il rifiuto sdegnoso di Michele Giua, interrompe bruscamente la sua fulgida carriera, costringendolo a esercitare, per poter avere un’occupazione, in un laboratorio privato. Nel frattempo, Michele continua imperterrito la lotta antifascista nel gruppo torinese di “Giustizia e Libertà”, che annoverava, tra gli altri, uomini di spessore politico e culturale del calibro di Vindice Cavallera, Augusto Monti, Massimo Mila.
Nel 1935 Giua – affettuosamente Michelone per i più giovani – per una delazione (il fascismo usava spesso questo strumento di accusa e di denuncia) dello scrittore Dino Segre (in arte Pitigrilli), veniva arrestato per cospirazione politica e il 28 febbraio 1936 condannato a quindici anni di reclusione dal famigerato “Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato”. La sentenza così dichiarava: “(…) Per avere precedentemente e fino al maggio 1935, in territorio di Torino, Cuneo, altrove ed in territorio estero, partecipato al movimento rivoluzionario clandestino ‘Giustizia e Libertà’, mirante a commettere fatti diretti a mutare la costituzione dello Stato, a promuovere una intervento armato contro i poteri dello Stato e a suscitare la guerra civile nel territorio dello Stato”. (A cura di Aldo Accardo, “Gli antifascisti sardi di fronte al Tribunale Speciale”, Cuec Editrice, 1989).
Giua scontava duri lunghi anni nelle carceri di Castelfranco Emilia, Civitavecchia e San Gimignano, contraendo una grave malattia agli occhi a causa delle pessime condizioni igieniche dei penitenziari. Oltre alle privazioni e sofferenze il professore dovrà superare anche lutti personali, come la morte del figlio Renzo, deceduto nel 1939 a soli 24 anni in Spagna combattendo nelle Brigate internazionali contro i franchisti. Questo fatto assieme ad altri episodi è riportato nel libro autobiografico “Ricordi di un ex detenuto politico 1935-1943”, Chiantore, Torino, 1945. Michele Giua ritornava in libertà nell’agosto del ’43.
Nel dopoguerra è nominato presidente della Commissione di epurazione a Torino. Scrive Anna Foa: “Fra l’altro, fu il Comitato da lui presieduto ad occuparsi dell’epurazione alla Fiat (Agnelli, Valletta, Camerana). Non sono riuscita a capire dai documenti che ho visto quale sia stato il suo ruolo, quale il modo in cui esercitò questa funzione. Una interrogazione parlamentare, fatta da lui nel ’46 alla Consulta, rivela la sua preoccupazione che Carlo Vallauri, accademico d’Italia, che era stato molto vicino a Gentile, sfuggisse all’epurazione decisa dal Comitato”.
Nella vita civile Michele Giua si inseriva nell’agone politico torinese sempre restando fedele al Partito socialista italiano: deputato alla Costituente, faceva parte della “Commissione dei 75” incaricata di redigere la Carta costituzionale, consigliere comunale di Torino dal 1951 al 1956 e consigliere provinciale dal 1956 al 1960 e senatore della Repubblica nelle prime due legislature. Egli interveniva spesso su tematiche inerenti l’università, la scuola e su questioni riguardanti aspetti tecnici ed economici di politica nazionale. Morirà a Torino il 25 marzo 1966. Nel 1968, l’Istituto tecnico-industriale statale di Cagliari intitola la scuola all’illustre intellettuale antifascista. Il capoluogo sardo, alcune settimane orsono, ha ospitato l’importante convegno “Michele Giua, un chimico tra scienza, impegno politico e Costituzione”, con la partecipazione di un nutrito e qualificato gruppo di studiosi. Durante l’iniziativa è stato reso noto che anche nell’Italia democratica e repubblicana Michele Giua fu “osservato” dalla polizia, in particolare nel 1949, quando, era parlamentare, fece un viaggio negli Stati Uniti. Lo rivela un dossier contenuto nel “fascicolo Z”, conservato all’archivio di Stato.
Maurizio Orrù, Comitato esecutivo Anppia nazionale
Pubblicato venerdì 20 Dicembre 2019
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