Federica De Cola, attrice messinese, classe 1984. Attualmente possiamo vederla in TV nel ruolo di Rita nella fiction “È arrivata la felicità” e di Caterina, la cameriera scomparsa al centro del mistero di “Grand Hotel”. A breve sarà in scena a Roma con lo spettacolo “Lei e lei” di e con Giampiero Cicciò. L’abbiamo raggiunta a Biella, durante le riprese di “Luisa Spagnoli”, nuova fiction della Rai che andrà in onda i primi di febbraio.
Hai debuttato al cinema nel 2006 con Nuovomondo di Emanuele Crialese. Cosa porti ancora dentro con te di quella esperienza, dal punto di vista umano e professionale?
Non posso che tenere stretto il ricordo di tutto lo stupore, l’entusiasmo e la curiosità di quella prima grande esperienza. Ricordo un set internazionale, dove si parlavano quattro lingue, grandi attori da cui imparare come Charlotte Gainsbourg e Vincent Schiavelli, uomo di grande generosità e simpatia. E un grandissimo regista, Emanuele Crialese, che riesce a guidare i suoi attori “facendoli diventare personaggi”, con sensibilità e astuzia, senza neanche che questi se ne rendano conto.
Quello trattato nel film di Crialese è, mutatis mutandis, un argomento a tutt’oggi attualissimo, se si pensa che l’Italia è, di fatto, da molti migranti considerata il Nuovo Mondo, ma anche se si pensa ai preconcetti che da sempre accompagnano il fenomeno dell’emigrazione e l’inserimento dei nuovi arrivati nella società d’accoglienza. Sei d’accordo?
Le migrazioni hanno sempre fatto parte della storia dell’umanità. Un fenomeno oggi amplificato dai mass media e reso inevitabile dalle crisi umanitarie in corso. Verso la fine dell’800 e i primi del ’900 eravamo noi italiani ad andare nel Nuovo Mondo alla ricerca di fortuna. Come oggi, anche allora ci si avventurava ammassati su imbarcazioni inadeguate che venivano chiamate “vascelli della morte”, il viaggio verso il miraggio di una vita migliore si pagava con il sangue anche allora; ed una volta sbarcati si era sottoposti a durissimi test psicologici e fisici. L’immigrato, inserendosi nella nuova società, ha incominciato ricoprendo le mansioni più umili, ma non dimentichiamoci che tanti italiani hanno reso grande l’America.
La tua attività di attrice è molto legata alla tua sicilianità: questo è per te un limite o un punto di forza?
La Sicilia, con il maggior numero di anfiteatri, ha la tradizione teatrale più antica d’Italia e probabilmente questo è nel mio dna, è la mia forza.
Ne Il giovane favoloso di Mario Martone interpreti Paolina Ranieri, una figura che è stata vicinissima a Leopardi negli ultimi anni della sua vita. Com’è stata l’esperienza su quel set?
Il set de Il giovane favoloso è stato particolarmente stimolante. Mario Martone è un uomo di immensa cultura ed è un vero piacere sentirlo parlare; oltre ad essere un regista cinematografico è anche un grande regista teatrale e questo ha fatto sì che il suo linguaggio mi fosse molto familiare. Vedere poi Elio Germano all’opera è stata una lezione di tecnica d’attore che nel mio percorso resterà sempre un punto di riferimento.
Martone descrive Leopardi come un personaggio ribelle, mosso da una spinta indomabile verso la libertà. Sempre operando le dovute distinzioni, senti di avere qualcosa in comune col personaggio di Leopardi, o quantomeno con la rappresentazione che ne ha fatto il regista? Anche tu, se non sbaglio, hai compiuto delle scelte forti, di libertà: lasciare gli studi universitari per andare incontro al bisogno di recitare, per esempio.
Ricordo di aver letto una frase di Leopardi che diceva: «Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino». Pur essendo considerato un pessimista, Leopardi era affamato di vita e di libertà e Mario Martone nel suo film mette bene a fuoco questi aspetti. Proprio operando le dovute distinzioni, come dicevi tu, quando avevo 18 anni non è stato facile lasciare la mia vita accanto alla famiglia, nella mia città, Messina, dove sarebbe stato tutto più semplice rispetto a qualcosa di assolutamente incerto. Ma la mia passione mi ha spinto a cambiare città, abitudini, tutto… e ancora oggi combatto sapendo, come dice Leopardi, che posso cambiare il mio destino attraverso il coraggio delle mie scelte.
So che sei anche una ballerina di tango. Com’è nata questa passione?
È nata nel 2005 in Argentina durante le riprese di Nuovomondo. Mi sono innamorata di questo ballo profondamente viscerale e ancora oggi continuo a ballare.
Sarai in scena a Roma con Lei e lei i primi di marzo al Teatro Lo Spazio. Ti va di dirci qualcosa su questo spettacolo?
Lei e lei è uno spettacolo prodotto dal teatro di Messina e diretto da Giampiero Cicciò, qui anche autore e interprete. Raccontiamo dell’incontro tra una giovane prostituta e un travestito. Questi due personaggi ai margini cercano di sopravvivere alla loro solitudine usando la fantasia. È uno spettacolo ironico, poetico e graffiante!
Pubblicato mercoledì 2 Dicembre 2015
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