Paolo Papotti, responsabile Formazione dell’Anpi nazionale, ha incontrato Gianni Aureli, regista di “Aquile randagie”, film che per la prima volta ha portato sul grande schermo la vicenda degli scout durante il regime fascista.
“Aquile randagie” è il tuo film d’esordio, considerato tra i migliori debutti italiani dell’anno 2019, i cui meriti vanno oltre il portare per la prima volta sullo schermo le vicende del gruppo milanese di scout in clandestinità negli anni del fascismo. È una storia corale che accosta personaggi realmente vissuti ad altri di fantasia che riassumono in sé elementi di più persone.
Al centro ci sono le figure di Andrea Ghetti, detto Baden, del gruppo Milano 11, e Giulio Cesare Uccellini, capo del Milano 2, che prenderà il nome di Kelly, ma anche don Giovanni Barbareschi. Tutto inizia nel 1928: un ragazzo sta per fare “la Promessa” quando al gruppo giunge la comunicazione che l’associazione è stata sciolta per volontà di Mussolini per far confluire l’associazionismo nell’Opera Balilla. Qualcuno mette via i gagliardetti in attesa di tempi migliori e di una ritrovata libertà, ma Giulio non vuole rinunciare ai suoi ideali e non si arrende.
Parli di “Promessa”.
Sì, è la Promessa scout che viene pronunciata come segno di appartenenza al movimento. È un impegno nei confronti dei princìpi dello scoutismo. Nel caso specifico, faccio riferimento alla parte in cui si afferma di “aiutare gli altri in ogni circostanza”.
Dunque “la Promessa” è un impegno morale e civile che guida i protagonisti della storia.
Sì. La storia delle Aquile Randagie è, certo, una storia di Resistenza, ma anche una storia di amore e di coraggio, di fedeltà agli ideali. Siamo a Milano, nel ventennio fascista: tutte le associazioni giovanili sono chiuse per decreto del duce, tra queste anche l’Asci – associazione scout cattolici italiani. Ma appunto loro decidono di dire di no, e nascono le Aquile Randagie: giovani e ragazzi che continuano le attività scout in clandestinità. Il gruppo scopre la Val Codera, valle segreta ed impervia a poche ore da Milano, e ne fa la sua base per campi ed uscite. Le azioni dei ragazzi vanno da semplici “bravate” a vere e proprie azioni clandestine coraggiose e pericolose. E poi le sfide vere. Non più le bravate, non solo le “beffe” al regime fascista ma la Resistenza, vera. Dopo il 1943, Infatti, insieme ad alcuni docenti del collegio San Carlo di Milano e ad altre persone, le Aquile Randagie entrano a far parte di Oscar – l’Organizzazione scout cattolica assistenza ricercati. Insieme combatteranno il regime con azioni mirate che permettono di far scappare in Svizzera più di 2.000 persone salvate e ricercate dai nazifascisti: ebrei, perseguitati politici e chiunque avesse bisogno di scappare dalla persecuzione nazifascista. Più di 3.000 documenti falsi realizzati per permettere la fuga. Una rete silenziosa ed estesissima che lavorò in segreto dall’8 settembre fino alla fine della guerra.
Così come l’adesione al movimento partigiano fu una scelta volontaria, anche gli scout aderirono liberamente. Per tutti la consapevolezza di mettere a rischio la propria vita. Arrigo Boldrini, il Comandante “Bulow” ha sancito un assioma universale. “Abbiamo combattuto assieme per la libertà di tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro”.
Certo. Rischiare ogni giorno la propria libertà e la propria vita in nome di quegli ideali scritti in quella famosa “Promessa”: aiutare il prossimo in ogni circostanza. Una umiltà che a guerra finita non chiese ringraziamenti né onori, ma semplicemente si dissolse. I capi scout tornarono a fare i capi scout alla luce del sole, e questa storia rimase nell’ombra per molto tempo. È significativo, infatti, che le stesse Aquile Randagie non raccontassero praticamente mai ciò che avevano fatto. Ed è la ragione per cui questa storia è stata sì conosciuta all’interno del movimento scout, ma non così tanto quanto avrebbe potuto. È stato un altro motivo importante per raccontarla.
Per tanti partigiani, attraverso le testimonianze che ci hanno lasciato, l’impegno nella Resistenza era “semplicemente” fare la propria parte. Anche tu hai incontrato i testimoni.
Quando ho intervistato don Giovanni Barbareschi e “Bufalo” (al secolo Mario Isella, una delle Aquile Randagie monzesi, ndr), esprimendo ammirazione per le cose enormi che avevano fatto, loro risposero che non credevano di avere fatto nulla di straordinario. Avevano solo fatto ciò che avevano promesso. L’appartenenza a quella legge di libertà, lealtà e fraternità, era più forte della dittatura. Quella promessa di amore incondizionato e servizio al prossimo. Questa è la cornice in cui inquadrare quello che fecero le Aquile Randagie. Persone normali come Giulio Cesare Uccellini, Virgilio Binelli, Beniamino Casati e altri riuscirono a dare un senso profondo e di compimento a quella “Promessa”, e a vivere fin nel midollo quella legge che avevano promesso di rispettare. Sempre difendendo ideali di libertà e giustizia e rifiutandosi di compiere vendette contro i fascisti e gli ufficiali tedeschi. E, cosa più importante, riuscirono a trasmettere questo ardore ai loro ragazzi, alle decine e decine di ragazzi che furono Aquile Randagie.
Il film può essere visto con diversi occhi. Quello storico, per i fatti e le persone; quello divulgativo, per far conoscere l’associazione e, direi, anche con l’occhio della curiosità. Mi pare si possa guardare anche con occhi educativi. In linea con la vocazione del movimento.
Il film è rivolto a tutti. È la storia di ragazzi giovani, come ne possiamo vedere attraversare la strada ogni giorno, che sapevano benissimo dov’era il giusto e dove lo sbagliato di quello che succedeva intorno a loro: e non hanno esitato un attimo a scegliere la parte giusta. È anche la storia di tante paure, di tante domande che questi ragazzi si sono fatti nel tempo: è giusto partire in guerra per difendere quella che chiamiamo patria? È giusto continuare a fare scoutismo clandestino in palese violazione delle leggi dello Stato? Un film di formazione, se vogliamo, che ha cercato di racchiudere in 1 ora e 46 minuti alcuni punti importanti della storia delle Aquile Randagie. L’impegno verso gli altri e la gratuità sono valori che guidano l’associazione anche oggi. Il film racconta di valori che sanno essere attuali anche oggi, in particolare per le generazioni più giovani.
I valori scout sono quelli, sono solo cambiati i tempi. E anche per chi non è scout si tratta di condividere o comprendere valori dell’umanesimo. Mi piacerebbe sinceramente che i ragazzi si avvicinassero a ideali che ritengo universali.
La natura è l’ambiente scout per eccellenza. La montagna, la valle, rappresentano quei luoghi in cui passare le vacanze, ma che hanno visto e narrato anche le gesta dei partigiani. La montagna è la metafora della conquista, il non arrendersi, l’andare avanti anche se il sentiero è ripido. Penso che la Val Codera possa riassumere queste considerazioni.
Per noi scout è un luogo un po’ mitico: è lì che sentiamo che le Aquile Randagie sono esistite davvero, è lì che ogni anno scout da tutta Italia si ritrovano per ricordare ancora le Aquile Randagie. Non so se sia la valle più bella della zona, probabilmente no, ma per noi girare nella piana di Bresciadega e al rifugio Brasca sotto le cascate è stato qualcosa di bellissimo. La montagna, come sempre succede, ci ha messo alla prova; io credo che siamo in qualche modo riusciti a superarla, e che lei sia anche un po’ fiera di noi, che siamo riusciti a darle uno spazietto all’interno della cinematografia italiana.
Dall’idea alla realizzazione il lavoro, penso, sia stato lungo, complesso, costoso…
Nasce da lontano. Sono uno scout dal 1988 e ho scoperto questa storia solo nel 2005. Se ne è sempre parlato poco anche nell’associazione. Un giorno dell’agosto 2011 ho avuto un’illuminazione, mi è sembrata una storia stupenda per un film. Ho fatto tanti incontri per saperne di più, nel 2013 ho avuto la possibilità di parlare con don Giovanni Barbareschi, poi con Mario Sica, il più grande storico dello scoutismo italiano. Il film arriva alla fine di un lungo cammino, nel 2015 abbiamo iniziato con la sceneggiatura, all’inizio del 2018 è arrivata la luce verde: a marzo siamo partiti con i provini e la preparazione, ad agosto abbiamo girato per quattro settimane. Sono seguiti lunghi mesi di montaggio per completarlo.
L’aspetto economico è stato avventuroso. Siamo partiti nel 2015 con una campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso, che ha raccolto circa 10.000 euro. Il primo patrocinio è stato concesso da Ente e Fondazione Baden, che ci ha affiancati nella ricerca delle fonti storiche per realizzare al meglio la sceneggiatura, e che ci ha affidati alla collaborazione con Mario Sica per la stesura della sceneggiatura definitiva. È probabilmente per questo che nel 2016 abbiamo ricevuto l’interesse culturale del MiBact e un contributo di 100.000 euro per “Opere prime e seconde” di giovani autori under 35. A questo si è aggiunto lungo il cammino il patrocinio di Agesci ed Fse, e nel 2017 il contributo della stessa Agesci con 20.000 euro. Istituto Luce – Cinecittà ha garantito la distribuzione, con un minimo garantito di 50.000 euro, e a luglio 2017, abbiamo vinto un bando della Lombardia Film Commission per un contributo di circa 50.000 euro. Nel 2018 abbiamo lanciato CentoProduttori: il progetto permetteva di acquistare quote del film a partire da 500 euro, diventando così co-produttori del progetto e partecipando agli utili eventuali sugli incassi. La risposta è stata inimmaginabile: decine di persone hanno comprato una quota. E poi è arrivato il contributo di Bper, e poi ancora quello del Bim Adda.
Forse “Aquile randagie” non è il film che può dare visibilità come opera prima. Soprattutto se si toccano temi come la Resistenza, della nostra recente storia, con persone, azioni, eventi realmente accaduti.
Molti sostengono che non bisogna pensare agli ideali, o alla morale, o alla verità, quando si pensa a scrivere un film: bisogna pensare a ciò che la gente vuole sentirsi dire. Dal basso della mia infinitamente minor esperienza e capacità, io credo invece che ci siano storie belle che vadano raccontate, che forse la gente non vorrebbe sentirsi raccontare, ma che quando poi le ascolta, riconosce che ne aveva bisogno. Ed è quando rispondiamo a quel bisogno che, penso, possiamo dire di aver fatto bene il nostro lavoro. È questo che ho cercato di raccontare nel film “Aquile randagie”. Un film che ha dello straordinario, non tanto per come è venuto ma per il fatto semplicemente di aver visto la luce. L’essere riusciti a realizzare un film storico, in costume, su un argomento che va così tanto in “direzione ostinata e contraria” rispetto al mondo di oggi, con un budget risibile, con dei tempi di lavorazione veloci oltre ogni immaginazione, è straordinario.
Al protagonista del film fai dire: “dobbiamo durare un giorno in più del fascismo”. Promessa mantenuta direi, non un giorno, ma 75 anni in più…
Come dicevo le Aquile Randagie in realtà durarono 16 anni 11 mesi e 5 giorni. Poi, un giorno dopo la fine del fascismo si sciolsero. Ma è anche grazie a loro se noi 75 anni dopo, continuiamo a resistere. Loro lo presero proprio come un impegno, e magari non si aspettavano nemmeno che quest’avventura sarebbe durata così tanto. Secondo me in cuor loro speravano che la gente capisse prima che assurdità era quella in cui riponeva tutte le loro speranze. Ma tant’è il fascismo durò più di quanto le Aquile Randagie speravano. È importante ricordarselo adesso, visto che certi pensieri e certe azioni a volte tornano interessanti e appetibili per qualcuno oggi.
Quest’anno è il 75° della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. La sua celebrazione è stata legata alle indicazioni del governo, che riguardano la salute di tutti, e che abbiamo rispettato. Una impressionante quantità (e qualità) di iniziative social hanno dato risalto all’importanza di questa data per la storia di tutti noi.
Quando la situazione è diventata più seria qualcuno fra gli scout ha detto “siamo di nuovo ai tempi della giungla silente” (il periodo di chiusura dell’Asci, ndr), “dureremo un giorno in più del coronavirus”. Trovo che in qualche modo siamo chiamati a resistere anche a questo. Certo non si può minimamente né lontanamente paragonare la situazione attuale con la guerra. Ma forse, il fatto che un anniversario così significativo, 3/4 di secolo, praticamente una vita lunga e piena, cada in un periodo in cui tutti nel nostro piccolo abbiamo delle privazioni, e viviamo dei disagi che ci strappano dalla nostra normalità, e che per qualcuno hanno anche conseguenze tristi qualcosa significa. Credo possa darci un po’ di più il senso della festa del 25 aprile, della Liberazione. A me sta insegnando che niente di quello che abbiamo è scontato, ed è per sempre, e questo vale anche per i diritti e i valori che 75 anni fa sono stati faticosamente conquistati, a prezzo di lacrime sudore e, soprattutto, sangue. Valori e diritti che non sono scritti nella pietra, e che se non stiamo attenti potrebbero anche venire meno. Per questo è ancora più importante festeggiare la Liberazione e chi lottò per farla avvenire. E farlo in questo caso dietro uno schermo con delle restrizioni magari ci darà un piccolissimo assaggio della fame che i nostri nonni avevano di quel 25 aprile e ci insegnerà a rispettare questo giorno, questa festa di tutto il Paese!
Paolo Papotti, componente della Segreteria nazionale Anpi, responsabile Formazione
P.S. Aggiunge il regista Aureli:
“Sappiamo che il dvd è un oggetto un po’ fuori moda ma ci piaceva, nell’epoca del digitale e dell’immateriale, lasciare un segno concreto della presenza del film, e farlo uscire proprio il 25 aprile”.
Lo potete trovare qui:
https://www.ibs.it/aquile-randagie-dvd-film-gianni-aureli/e/8014191202053
e anche qui:
https://www.amazon.it/dp/B084QL44YQ/?tag=dvdwebit08-21
“Aquile randagie”
Regia di Gianni Aureli; fotografia di Giorgio Brancia, soggetto di Massimo Bertocci e Gaia Moretti; sceneggiatura di Gianni Aureli, Massimo Bertocci, Francesco Losavio, Gaia Moretti; produzione Finzioni Cinematografiche, Italia 2018
Cast: Marc Fiorini, Karun Grasso, Teo Guarini, Alessandro Intini, Maurizio Lops, Anna Malvaso, Ralph Palka, Marco Pratesi, Pietro De Silva, Romeo Tofani
Finanziato da Mibact, Bper, Lombardia Film Commission, Istituto Luce – Cinecittà
Uscita: 30/09/2019 Sale di uscita in Italia: 250 (tenitura prevista: 3 gg; tenitura effettiva: 60 gg); spettatori: 130.000; incasso al botteghino (al 27/02/2020) : 700.000 euro
Sito www.aquilerandagiefilm.it
Contatti: moretti.gaia@gmail.com; info@finzioni.it
Materiali storici:
GAZZETTA UFFICIALE DEL REGNO D’ITALIA N. 8 del 12.01.1927
Numero di pubblicazione 56.
REGIO DECRETO LEGGE 9 gennaio 1927, n. 5
Modificazioni alla legge 3 aprile 1926, n. 2247, concernente la istituzione dell’Opera nazionale Balilla per l’assistenza e l’educazione fisica e morale della gioventù.
VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE. RE D’ITALIA
Vista la legge 3 aprile 1926, n. 2247, concernente istituzione dell’Opera nazionale Balilla per l’assistenza e per la educazione fisica e morale della gioventù;
Visto l’art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926, n. 100;
Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’interno, della guerra, della marina, dell’Aeronautica e delle corporazioni, e dei Ministri Segretari- 4 Stato per le finanze, per la pubblica istruzione e per l’economia nazionale;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1.
Fa parte del Consiglio centrale dell’Opera nazionale Balilla – in ‘aggiunta ai membri indicati nel terzo comma dell’Art. 10 della legge 3 aprile 1926, n. 2247 – anche un rappresentante del Ministero delle corporazioni.
Art. 2.
Per assicurare il raggiungimento delle finalità che la legge istitutiva dell’Opera nazionale si propone, è vietata, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, qualsiasi nuova formazione od organizzazione, anche provvisoria, che si proponga di promuovere istruzione, preavviamento a professione, arte o mestiere o, in qualunque altro modo, educazione fisica, morale o spirituale dei giovani. Non sono comprese nel divieto di cui al comma precedente le formazioni od organizzazioni facenti capo all’Opera nazionale, né quelle facenti capo all’associazione dei giovani esploratori cattolici italiani. Peraltro, questa ultima Associazione non può istituire nuove formazioni od organizzazioni nei Comuni inferiori ai 20.000 abitanti, a meno che siano capoluoghi di Provincia; in ogni caso è necessario il preventivo accordo con gli organi direttivi dell’Opera nazionale. Le formazioni od organizzazioni costituite contro il divieto di cui nel presente articolo sono sciolte con decreto del Prefetto. Le disposizioni di cui sopra non riguardano le organizzazioni ed opere con finalità prevalentemente religiose.
Art. 3.
Allo sesso scopo di assicurare il raggiungimento delle finalità che la legge istitutiva dell’Opera nazionale si propone, i Prefetti ordineranno, entro quindici giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, lo scioglimento di tutte le formazioni od organizzazioni, indicate nel primo comma dell’articolo precedente, che risiedano in Comuni o frazioni con popolazione inferiore ai 20,000 abitanti, eccetto che si tratti di formazioni od organizzazioni facenti capo all’Opera nazionale. Saranno sciolte anche le formazioni ed organizzazioni facenti capo alla Associazione dei giovani esploratori cattolici italiani, che risiedano in Comuni o frazioni con popolazione inferiore ai 20,000 abitanti, a meno che si tratti di Comuni capoluoghi di Provincia.
Art. 4.
I gagliardetti e i labari dei reparti dell’Associazione dei giovani esploratori cattolici italiani porteranno uno scudetto col segno del Littorio e con le iniziali: «O.N.B.».
Art. 5.
L’art. 18 della legge 3 aprile 1926, n. 2247, è modificato come segue: «E’ abrogata ogni disposizione non conforme a quelle contenute nella presente legge, la quale entrerà in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione».
Art. 6.
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno a sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Capo del Governo e i Ministri proponenti sono autorizzati alla presentazione del relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma, addì 9 gennaio 1927.
VITTORIO EMANUELE III
MUSSOLINI – VOLPI – FEDELI – BELLUZZO
Visto, il Guardasigilli: Rocco
Registrato alla Corte dei conti, addì 12 gennaio 1927
Pubblicato mercoledì 29 Aprile 2020
Stampato il 22/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/red-carpet/quando-volavano-le-aquile-randagie/