Gastu mai pensà (Hai mai pensato?) è il titolo di una canzone di Lino Toffolo. Dice “Hai mai pensato / ai fiori quando sono tanti / e pieni di colori, coriandoli sull’erba / e alle nuvole…”. È il testo musicale sognante e spontaneo che Enzo Jannacci inserì tradotto in italiano nel suo album “Vengo anch’io, no tu no”.
Dolcezza tutta veneziana, quella che caratterizza l’attore e cantautore recentemente scomparso, ma anche momenti di comicità graffianti e ribelli, personaggi e figure interpretate sullo schermo e a teatro con un talento innato e una conoscenza quotidiana della sua terra veneta.
Ecco la passione per il vino rosso (“nero”) tema privilegiato che si incarna nell’ubriacone portato sulle scene del derby milanese, dove Lino irrompe nel ’63 accanto a Enzo Jannacci. Ecco la visione scanzonata del lavoro manuale fatto di fatica e sfruttamento cantata in “Lavorare è bello”, che libera contro lo stereotipo delle carriere e dell’ambizione la protesta sorridente di chi vuole godersi la vita (perchè perchè perchè io devo faticare e dare soldi a te?). Si esibisce nella trasmissione televisiva “È domenica, ma senza impegno”, reggendo una carriola ed un martello e pronunciando l’allegro refrain “prendiamoci un martello e andate a lavorar”.
Tra le sue comparse cinematografiche più significative ricordiamo il personaggio di Panigotto de Venigia nel film di Mario Monicelli “Brancaleone alle crociate”, 1970. Qui ci offre l’icona esilarante del furbo bifolco, condensata nella frase “Un sol grido un sol idioma, scapoma”: darsela a gambe quando si profila il pericolo. Le battute di Toffolo sono una parodia della fama poliglotta dei navigatori veneziani e la logica del furbo semplicione. Ricordiamo il momento dell’interrogatorio di Rozzone, un pastore catturato da Brancaleone (Vittorio Gassman), e creduto un infedele. Il conduttore della bizzarra compagnia di pellegrini chiede la traduzione dello sproloquio allo scaltro interprete beolco. “Addove trovasi Gerosilemme?”. L’altro risponde “ha ditto che lo posto più vicino è Scatorchiano”. Alla domanda “qual è la distanza della piazzaforte mora?” Rozzone dice: “tre o quattromila pertiche e non chiù!”. La ripetizione letterale di Panigotto però fa infuriare Brancaleone. “Che fai mi prendi a gabbola?”. E Toffolo risponde: “Cavaliere egli parla una lingua di ceppo cristiano!”.
Panigotto fa da traduttore anche a Thorz l’alemanno e risponde al commento del capraio “Tanta robba ha diciuto?”: “E quasi, sa: mi g’ho riassunto”.
Ma troviamo nel curriculum dell’artista anche il momento serio di rivolta sociale contro le ingiustizie come dimostra, nella trasmissione televisiva “Questo e quello” del 1964, la pregnante interpretazione di “Addio Lugano bella” il canto degli anarchici esiliati con Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Otello Profazio e Silverio Pisu.
Al DNA di Lino, nato a Murano e figlio di un mastro vetraio, appartiene un sottofondo popolare mescolato al sorriso non privo di scetticismo su come va ed è sempre andato il mondo.
Ritroviamo anche macchiette tratte dall’osservazione di tipologie venete come quella del Sior Todaro brontolon goldoniano a proposito del quale egli dice che è figura sempre valida perché “I Toderi non sono spariti con Goldoni. …le mogli di oggi vi diranno che il mondo è ancora pieno di Toderi”.
Anche i linguaggi del clero appresi dal vivo della società veneta fanno parte del suo repertorio. Ricordiamo il monsignor Cassola nel film satirico di Pier Luigi Pingitore Scherzi da prete dove Toffolo appare nelle vesti di un astuto prelato, superiore del parroco laziale don Tarquinio. Quest’ultimo, interpretato da Pippo Franco, propugna una innovazione ecclesiastica con la dizione della Messa in dialetto ciociaro ma il vescovo mette in riga furbescamente il trasgressore.
Attore poliedrico, comico stralunato, interpreta nel cinema figure minori dall’esordio negli anni Sessanta con Lina Wertmüller, alla collaborazione con registi come Risi o Monicelli, Festa Campanile, Samperi, Mogherini, Pingitore, Martini, Celentano. Nei panni di una recluta in Sturmtruppen, 1976 (Samperi) o di Nane in Yuppi Du,1975 (Celentano) o del “perpetuo” Serafino, accanto a Gigi Proietti, nella miniserie televisiva L’ultimo Papa Re (2013) tratta dal film di Luigi Magni del 1977, e come protagonista in programmi di successo tv con Noschese, Villaggio, Banfi, Cochi e Renato, ha unito alla beffa e alla risata un’estrosa malinconia.
Forse la chiave della sua personalità di sognatore burlesco si scopre a tutto tondo nel film di sua mano Nuvole di vetro (2006) girato in formato DVD, registrato in presa diretta in dialetto veneziano, in cui impersona un vetraio visionario. Mentre è al lavoro, vede come in sogno il volto di una ragazza cinese che resterà impresso nel suo vaso soffiato. Poco tempo dopo, arriva in bottega un gruppo di turisti e tra loro c’è proprio quella ragazza in carne e ossa. L’avventura che segue, fra verità e illusione lascerà in sospeso lo spettatore, mentre l’atmosfera magica di trasparenze e di specchi, le forme fluttuanti del vetro fungono da metafora della relatività della vita.
Di Lino ricorderemo il buon umore che ci ha procurato e non ultimo il suo legame profondo col Veneto, quasi imprigionato in questa identità, mai stanco di raccontarla nei suoi vizi e virtù, con grazia, umiltà, senza volgarità rifacendosi allo stile goldoniano e con aperture emblematiche al resto del mondo.
Pubblicato mercoledì 1 Giugno 2016
Stampato il 23/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/red-carpet/lino-toffolo-le-nuvole-e-i-fiori-gastu-mai-pensa/