In vista del Giorno della Memoria, 27 gennaio, la Lucky Red ha presentato nelle sale cinematografiche italiane, come evento speciale, Liliana, il nuovo film documentario del regista Ruggero Gabbai, prodotto da Forma International in collaborazione con Rai Cinema. Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, accolto dagli applausi commossi del pubblico, racconta la vicenda della senatrice a vita Liliana Segre attraverso accostamenti, rimandi e contrasti tra il racconto storico e il ritratto contemporaneo di una tra le figure più significative del panorama italiano. Liliana si basa su interviste e materiali d’archivio, ma anche sulle testimonianze dei figli e dei nipoti nonché di personalità della cultura, dello spettacolo, di giornalisti. Abbiamo raggiunto il regista Ruggero Gabbai, già autore di numerose opere (tra cui “Il respiro di Shlomo” del 2023), per intervistarlo su questa nuova importante opera.
Dove nasce l’idea di fare questo film documentario, e a quali materiali inediti ha attinto?
Per il film documentario del 1997, “Memoria. I sopravvissuti raccontano”, girato da me e scritto dagli storici Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto, avevamo circa 400 ore di materiale, e rispetto alla testimonianza di Liliana avevamo quasi 9 ore di girato, tuttavia nel montaggio finale la sua testimonianza era stata ridotta a 3/4 minuti. Considerando che Liliana è ancora viva, molto attiva e lucida, e che avevamo tante ore di girato inedito, mi sono detto che sarebbe stato importante fare un film sulla sua figura.
E come è andata avanti la realizzazione?
Presa la decisione, prima contattai i figli di Liliana, poi fu lei stessa a chiamarmi dicendomi che sapeva che volevo fare un film su di lei e spiegandomi come io fossi il regista giusto, visto che quando lei parlò davanti alle telecamere, per la prima volta, queste erano le mie. Abbiamo scelto di produrre questo film documentario con l’obiettivo non di fare una agiografia di Liliana Segre, bensì di far capire la donna e l’ebrea Liliana, ma soprattutto anche la sua figura come madre. Credo che questo sia il primo film documentario, in Italia, che in maniera profonda si focalizza sul trauma delle seconde generazioni, figli e nipoti. La figlia Federica, per esempio, non aveva mai parlato con nessuno, né con la stampa né tantomeno davanti a una telecamera, e la sua testimonianza è incredibile perché all’età di 13 anni, la stessa di quando venne deportata sua madre, Liliana le lesse i suoi diari di quel periodo. In questo modo Federica ha conosciuto la tragica storia della madre.
In quest’opera, Liliana viene raccontata non solo dai suoi familiari, ma anche da personalità della cultura e dello spettacolo, da giornalisti, può dirci qualcosa al riguardo?
Non sono stati scelti in quanto famosi o bravi nel loro mestiere, ma per aver fatto un pezzo di strada insieme alla testimone Liliana Segre. Per esempio Ferruccio De Bortoli, Enrico Mentana, Geppi Cucciari e Fabio Fazio. Liliana Segre ha spesso testimoniano agli studenti e Ferruccio De Bortoli l’ha accompagnata; Enrico Mentana ha scritto un libro molto esaustivo sulla vita della Segre; Fabio Fazio la conosce anche come amica e l’ha intervistata più volte, realizzando inoltre lo speciale per il Giorno della Memoria 2023 intitolato “Binario 21 con Liliana Segre”, che fece in diretta 4 milioni di telespettatori; Geppi Cucciari è proprio una sua amica con cui va al Teatro alla Scala di Milano o magari a pranzo. Volevamo far trasparire anche questo aspetto di Liliana, una persona molto alla mano, ironica aperta e molto curiosa.
Oltre alla grande importanza della Memoria, che messaggio volete lanciare?
I film che hanno un significato o un messaggio lo hanno intrinsecamente perché sono film riusciti, e quindi a priori non penso mai al messaggio del film. In questo caso Liliana è una testimone di grande resilienza e rinascita, io dico sempre che da Auschwitz, da quei cancelli, non si esce mai fino in fondo, però ci si può ricostruire una vita. E in questo film si vede che, nonostante la sofferenza-la violenza-il trauma, è possibile ricostruirsi una vita ed essere un esempio per gli altri. Infatti Liliana oggi è un esempio per milioni di persone, come senatrice a vita e testimone.
Il film ha una grande forza formativa.
L’insegnamento è che, anche se si è vissuti nel luogo più buio della storia del 900, alla fine si può ritrovare la propria dimensione umana, e riuscire generosamente a dare anche qualcosa agli altri. Alla fine si può sempre ritrovare un pensiero di speranza, e questo secondo me è molto importante. Nel film anche i figli di Liliana si vede che hanno fatto un percorso di dolore, ma l’umiltà consiste nel capire i propri dolori e le proprie fragilità, e da lì ricostruire una certa identità e una forza per andare avanti. La stessa Liliana, come spiega nel film, è stata depressa per cinque anni quando stava sempre a letto e non usciva più, e solo grazie alla testimonianza e al recupero della sua identità ebraica lei è rinata.
Per quanto riguarda il pubblico, a chi è adatto Liliana?
A tutti. Naturalmente si parla della Shoah, che è il tema centrale e di sottofondo di tutto, però alla fine è un lessico famigliare in cui molte persone possono anche identificarsi. Si tratta di un film documentario che semplicemene vuol contribuire al riconoscimento dell’immenso valore della vita.
Il trailer del film documentario Liliana si può vedere al link https://www.youtube.com/watch?v=y2eTUhru3xY. Al cinema è stato in sala il 20-21-22 gennaio e ci sarà lunedì 27 gennaio 2025.
Andrea Vitello, storico e scrittore, autore tra gli altri di “Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca”, pubblicato da Le Lettere con prefazione di Moni Ovadia
Pubblicato domenica 26 Gennaio 2025
Stampato il 27/01/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/red-carpet/la-madre-la-memoria-e-le-seconde-generazioni-il-lessico-famigliare-di-liliana-segre-nel-docufilm-di-ruggero-gabbai/