Iperbolico, ironico, patetico e inventivo nelle sue trovate e comportamenti scenici, Paolo Villaggio è stato definito grande clown e creatore di personaggi. Non si può dire che la sua vena non comune di attore abbia trovato l’optimum qualitativo nel panorama cinematografico. Malgrado alcune memorabili presenze nei film di Fellini, Monicelli, Olmi, egli resta imprigionato nella figura di Fantozzi, che in parte è se stesso, in parte l’italiano pauroso, un po’ vile e sottomesso qualunquista, fabbro della sua sfortuna.
Nell’invenzione del ragionier Fantozzi e delle sue sventure, Villaggio ci lascia – al di là del ritratto buffonesco – una graffiante caricatura del potere capitalistico, l’icona indovinatissima della gerarchia aziendale, col suo capo tracotante e la marea dei sottoposti servi che chinano la testa. Fantozzi non ne azzecca una, la sua sottomissione all’autorità, accompagnata da un segreto mugugno, non basta a salvarlo dalle punizioni. Quando si ribella debolmente e nell’occasione sbagliata i suoi gesti sono destinati all’insuccesso. Le sue sporadiche rivolte sono come bolle di sapone. È un perdente, ma è maschilista con la querula moglie Pina, mentre coltiva sogni romantico-libidinosi corteggiando, invano, la furba e smaniosa segretaria Silvana. Poi si defila da ogni corresponsabilità per la figlia Cita, anomala e scimmiesca. Eppure a suo modo è un sognatore e nasconde remoti desideri di giustizia che non è in grado di attuare. Ama smodatamente il calcio, e il suo cedimento totale di fronte all’apparecchio televisivo durante i campionati mondiali è emblematico. Al punto di preferire il culto fanatico dello stadio alla cultura cinematografica. Lo dimostra la celebre stroncatura del classico di Eisenstein “La Corazzata Potëmkin”. La battuta “È una cagata pazzesca” ha fatto ridere mezzo mondo ma è anche una cartina di tornasole a proposito della sottocultura nazionale.
La figura di Fantozzi è un’immagine sociologica calzante, in cui molti del nostro pubblico possono riconoscersi. Le sue debolezze si ritrovano nel mondo lavorativo e familiare. Sono comiche, tragiche, evidenti. Attuale è la problematica impiegatizia, se la traduciamo in quella del precariato.
Per sua stessa confessione, Villaggio ha caratteristiche e legami col suo personaggio, che pure ha precedenti nella “travettistica” letteraria. Da uomo colto, non potevano sfuggirgli le taglienti descrizioni di De Marchi, Cecov, Gogol, Pirandello, da cui certamente ha attinto; le descrizioni degli umori e reazioni dei dipendenti degli uffici, sottoposti, patetici, obbedienti, tremanti, vittime della scala burocratica su cui infuriano i capricci dei superiori e che covano impotenti rancori.
Villaggio racconta di sé che era timido, invidioso, meschino e bruttino ed era stato eletto “il brutto della scuola” per il suo fisico sgraziato. In lui ci fu sempre uno spirito di rivalsa, ma accanto all’intelligenza, aveva anche una doppiezza. Amava la ricchezza, la vita agiata, i trionfi, una morte plateale e un funerale grandioso, si divertiva a sparlare degli amici nei salotti, diceva e consigliava bugie (“Inventatevi la vostra biografia e ci crederete anche voi”).
La scelta del successo, alla fine, sarà a scapito dell’approfondimento di valore: in altra direzione, quella del cinema d’autore, la sua filmografia avrebbe potuto conquistare vette all’altezza delle sue possibilità creative.
Villaggio ci ha detto addio, ma il suo alter ego dai pantaloni alti, dalle scarpe a punta, dai tratti buffoneschi che si fa inseguire da una nuvola inopportuna; che si fa martellare le dita dal collega Filini nel fissare i picchetti della tenda; che sbaglia i congiuntivi e gli imperativi, come molti suoi colleghi (“dichi dichi”); che cade sempre nel peggiore dei modi, lussandosi la schiena e i “cosiddetti”, avrà sempre il grande potere di raggiungere tutti con le sue verità trasmesse con esagerata comicità. Piacerà anche ai bambini e avrà un potere stimolante e consolatorio in un mondo come il nostro triste e duro, in cui lo humour sembra, a volte, l’unico rifugio.
Serena D’Arbela, scrittrice, traduttrice, giornalista
Pubblicato giovedì 20 Luglio 2017
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