Let the Midnight Special shine ’er ever–lovin’ light on me
Leadbelly
Distretto di Caddo, Louisiana, Mooringsport, 20 gennaio 1888: Sally Paugh Ledbetter, ventidue anni, metà nera e metà indiana, figlia di genitori mai conosciuti, sta per dare alla luce Huddie William Ledbetter, figlio suo e di Wes Ledbetter. Lui, il padre, attende l’arrivo del bambino bevendo whisky insieme al fratello Terrell.
I Leadbetter hanno una fattoria che si estende nell’angolo nord-ovest della Louisiana, nei pressi del lago Caddo, non distante dal confine col Texas. Coltivano per lo più cotone e granturco. Wes, grande lavoratore e amico dello sceriffo Gifford, si è fatto la fama del “bravo negro”: uomo di fatica, remissivo, obbediente. Terrorizzato dai bianchi. I corpi dei suoi genitori massacrati dal Ku Klux Klan sono un ricordo indelebile dall’età di tre anni.
Il piccolo Huddie cresce aiutando nei campi, ma in famiglia c’è anche lo zio Terrell, noto songster, menestrello esperto in canti e strumenti vari. È lui a insegnare al bambino le prime canzoni folk e soprattutto a regalargli una fisarmonica, la windjammer, compagna fedele per parecchio tempo. Terrell arriva ogni domenica carico di canzoni e nuovi strumenti. Con l’accompagnamento del pianoforte della vecchia chiesa di Mooringsport, della chitarra, dell’armonica a bocca e della fisarmonica, Huddie impara i rudimenti della musica delle campagne della Louisiana.
È ancora bambino quando inizia a a esibirsi per le vie di Shreveport, il padre lo porta con sé ai mercati stagionali. Suona Green Corn, che parla del raccolto estivo delle pannocchie.
Nelle tasche di Huddie finiscono tre pence e un nichelino: mai visti così tanti soldi. Un vecchio che suona agli angoli delle strade gli insegna Joe Turnes Blues, storia di un bianco che regala cibo ai poveracci. Huddie non ha ancora compreso cosa sia il blues, gli appare una musica estranea, ma fa di tutto per stare dietro alle note: “La raccolta del cotone ha bisogno di neri – gli racconta il vecchio – che si chinano e staccano il cotone […] Dopo una giornata hai le mani piagate […]. Poi torni a casa e pensi a cosa farai domani. La stessa cosa tutti i giorni. E ti cala addosso il blues” si legge in Leadbelly. Il grande romanzo di un re del blues di Edmond G. Addeo e Richard M.Garvin.
Poi è la volta della chitarra. Huddie la impara ascoltando i musicisti che si esibiscono in città, nelle piazze o nelle bettole fumose dove il whisky si beve a fiumi. Innovatori, sperimentatori, si lanciano in qualsiasi novità musicale – in quel momento in Louisiana sta nascendo il boogie woogie, una musica dal ritmo ripetitivo e trascinante –. Chitarristi, pianisti, suonatori di banjo, trombettisti, ballerini e cantanti ci si buttano. Neri e bianchi, mulatti e sangue misto, ispanici, francesi e messicani. Tutti fanno musica e Huddie tutto assorbe da loro: melodie, dialetti, ritmi.
Nelle piccole località di Shreveport e di Mooringsport, che presto saranno invase dai cercatori di petrolio ingaggiati dalle grandi raffinerie, il giovane Huddie diventa presto noto, per il suo fisico da energumeno e per l’aspetto che richiama numerose ragazze. Ma soprattutto per il talento nell’intrattenere. La sera se lo contendono in diversi saloon. Con le dita veloci che corrono sulle corde della chitarra, tra reel e work songs, danze e divertimento sono garantiti: “Era in quei momenti che Huddie Ledbetter, quattordici anni, volava in cielo […]. Era lui il re del palco, il centro dell’attenzione, che si godeva gli applausi e i sorrisi d’invidia e ammirazione nella bassa luce giallastra”, testimonia il volume di Edmond G. Addeo e Richard M.Garvin.
Ma a tarda notte, alla fine di ogni spettacolo, Huddie fa presto la conoscenza del whisky e degli effetti che l’alcol ha su di lui, incapace di trattenere gli istinti più bassi. Conosce la passione irrefrenabile per le donne e la gelosia folle che lo prende fino a portarlo ogni volta a un passo dal peggiore dei crimini. Uccidere con le sue mani, con un coltello o con una pistola.
Le prime accuse con mandato d’arresto arrivano dopo l’ennesima lite per una ragazza. I dieci dollari di Wes allo sceriffo Gifford evitano il carcere. Intano il risultato delle scorribande notturne di Huddie è che la giovanissima Margaret Judd è rimasta incinta. Il bambino arriva in estate, insieme alle maldicenze che circolano per tutto paese. Lo scandalo devasterà la fattoria dei Ledbetter: Sally non è più invitata a cantare in chiesa e gli altri smettono di andarci per i troppi pettegolezzi. Huddie riesce a raccogliere qualche soldo suonando negli honky–tonk, i tipici bar nel sud degli Stati Uniti, e negli alloggi dei tecnici ricercatori di petrolio dall’altra parte del lago Caddo. Quando suona Huddie è qualcuno, “the best damn guitar–playing nigga in the world”, ma quando le sue mani non corrono sulle corde della chitarra, è solo un reietto. Alla notizia che di nuovo Margaret aspetta un bambino – che nessuno crede non essere il suo, come lui sostiene –, niente più lo costringe a restare a Mooringsport. È un musicista, ha sedici anni, un cavallo, qualche spicciolo in tasca, tutta la libertà di questo mondo. Il quartiere di Fannin Street a Shreveport, il suo orizzonte.
Il saloon di Bo McWhriter pullula di ubriaconi, prostitute e songster; al Red Mud Cafe ogni sera nuovi musicisti si esibiscono tra chitarre, violini, fisarmoniche, armoniche; il Caddo è il saloon con il pianoforte più accordato della zona. Pensioni e taverne ospitano gente di passaggio, in cerca di lavoro, squattrinati, vagabondi, mercanti di schiavi. A diciassette anni Huddie è una piccola celebrità tra i locali della Fanning. E ha imparato a uscire dai confini della musica, grazie agli incontri fortunati di chitarristi che suonano con due corde in più; di quelli che usano un barré formato dal collo di una bottiglia; di chi suona il banjo come mai nessuno prima; di chi al pianoforte improvvisa variazioni blues.
Una mattina si sveglia con la schiena sul pavimento del carcere di Shreveport. Di nuovo ha fatto a botte. Questa volta con un agente. Sei mesi di detenzione non glieli toglie nessuno. In quel momento si ripromette di tornare a casa, cercare un lavoro, mettere la testa a posto. A Shreveport intanto la scoperta di giacimenti di petrolio ha completamente devastato l’economia di quella realtà rurale. Tranne che per Wes Ledbetter, che non ci pensa proprio ad abbandonare la coltivazione del cotone per la lusinga del petrolio. Tornato a casa Huddie resta a servizio della fattoria, ma il richiamo della musica è più forte di ogni altro voto.
Di nuovo sulla strada per Shreveport incontra Lethe Massey. Diciotto anni, scappata di casa perché il marito la picchia. Ora, sposando Huddie, può cominciare una nuova vita. A Dallas. Nel 1909 – si legge nel testo su Leadbelly – è “tranquilla, polverosa, afosa […], il soffocante capolinea degli agricoltori e braccianti”. Qui la vita notturna per i neri si concentra nella Elm, la via dei locali dove Huddie comincia a esibirsi. Ma di nuovo riprendono le risse, le gelosie, le notti brave, le liti con Lethe. Nell’ennesimo ritorno verso casa, con il proposito di sistemarsi, decide di fermarsi per un lavoro nelle ferrovie. Un giorno, sul marciapiede a pochi isolati dalla Main Street di Worthman, è seduto un diciassettenne cieco e obeso. Tutti lo chiamano Blind Lemon Jefferson, campa cantando nei balli all’aperto, per le strade. È ubriaco e Huddie rischia una coltellata. Ma vuole solo sentirlo cantare. E Blind Lemon non ci crede che ad ascoltarlo sia proprio Huddie Ledbetter, il cui talento è ormai noto a tutti. Così gli canta Well there’s one kind–a favor I’ll ask of you/You can see that my grave is kept clean. Con versi e note ripetitivi, con la voce in falsetto blues tipica dell’East Texas. Che parla della disperazione di chi non ha nulla, di povertà estrema, della solitudine che si prova nelle terre aride del Brazos.
http://www.youtube.com/watch?v=pX3mxjtpyBc
Ogni volta che passa da quelle parti Huddie trova Blind Lemon al solito marciapiede. Da lui apprende nuove tecniche chitarristiche, variazioni, suoni, atmosfere. È il blues: con le sue storie di malattia, di sofferenza, di solitudine e sconfitta, di siccità, di deprivazione, di disoccupazione. “Storie di donne nei campi le cui dita sanguinanti macchiavano il cotone, di fruste messe in mano ai sadici e di bambini che tutti i giorni morivano per i morsi dei ratti, di vecchi storpi e neonati morti e madri che vendevano il proprio latte” (Leadbelly. Il grande romanzo di un re del blues).
Breve documentario su Blind Lemon Jefferson.
Huddie non regge la routine di un lavoro che lo sfianca, così si licenzia dalle ferrovie. A Rockwell comincia una lunga discesa verso il fondo, con il whisky scolato già di prima mattina, la testa vuota, la chitarra appesa, il vagabondaggio, la rabbia. Un pomeriggio, la musica che esce da un tendone lo risveglia: qualcuno sta suonando una chitarra producendo un suono sconosciuto. Una ragazza in abito bianco sta cantando uno spiritual e si accompagna con una chitarra mai vista: ha un manico più grosso e dodici corde. La ragazza è figlia di un predicatore che ora tiene il suo sermone. Alla fine Huddie trova il coraggio di chiederle di poter suonare lo strumento. Il predicatore lo crede un poco di buono e vorrebbe scacciarlo, ma la figlia acconsente. Grande è l’impressione che fa a tutti mentre suona e canta: There is a man/goin’ ‘round takin’ names/ He has taken my/mother’s name and has/ left me/ here in vain.
Ora tutto quello che vuole Huddie è acquistare una chitarra come quella, e in poco tempo racimola i soldi che gli servono, a costo di litigare di nuovo con Lethe. Nel 1916 il duo Huddie Ledbetter e Blind Lemon suona in tutti i balli della regione. Alla guida di una Ford scassata si spostano da Marshall a New Boston, fino a Texarcana. Il duo è richiesto e alcuni locali mostrano all’ingresso una locandina che pubblicizza i loro nomi. Incredibile per Huddie essere riuscito a risollevarsi per l’ennesima volta, quando tutto ormai sembrava perduto.
Ma dura poco: una sbronza lo ricaccia di nuovo nel baratro. E nella prigione di Shreveport. Questa volta è accusato di stupro e di aggressione ai fini di omicidio verso la giovane bianca Polly White. Il controinterrogatorio dimostra chiaramente che Huddie non ha commesso nulla. E anche che a Marshall gli accordi tra la comunità bianca e le forze dell’ordine sono ben chiari. Così, il 13 dicembre 1917 il trentenne Huddie viene condannato a un anno di lavori forzati nella chain gang della contea. Con le squadre di forzati alla catena, massacrati e sfruttati per i lavori pubblici. “Incatenati insieme in una lunga fila, i forzati andavano a prosciugare paludi, a lavorare nelle cave. Sotto sorveglianza armata, uomini, donne e persino bambini sgobbavano anche sedici ore di fila” si legge nel volume di riferimento. Incatenati insieme fino a trecento uomini, tutti neri. Come rancio, pane stantio. A chi crolla a terra per un colpo di calore viene mozzata la gamba, staccato dalla catena e sepolto vivo, il lavoro deve proseguire. Per qualsiasi gesto di ribellione si somministrano pestaggi, frustate, linciaggi. Condizioni di vita lesive dei diritti umani. Ma in Texas questo interessa poco perché – spiegano Edmond G. Addeo e Richard M.Garvin – “Il Ku Klux Klan aveva un enorme potere sui capi delle prigioni e in tanti casi gli stessi funzionari erano aderenti al Klan”.
Huddie lavora sodo e tiene la bocca chiusa, ma ne prende di santa ragione. Fugge una mattina che la sua squadra è impegnata a spianare un bosco presso il fiume Sulphur. Spezza la catena e corre per ore fino a trovare riparo nel fienile di un povero contadino nero. Torna a casa, erano nove anni che non lo vedevano. Il 2 gennaio 1918 è già il momento di ripartire. Non ci riesce, Huddie, a stare lontano dalla vita notturna, dalle donne, dalla musica. Ora, per ricominciare da capo, ha preso il nome di Walter Boyd. A Mooringsport, Lethe è lì che lo aspetta. Lui le promette di calmarsi, ma la felicità dura poco perché in breve tempo Lethe si ammala e muore. Il dottore dice che è gonorrea e che probabilmente l’infezione gliel’ha trasmessa lui.
La storia si ripete: Huddie si disintegra di alcool, si getta nei guai. Con una pistola colpisce in testa il bianco di turno che ha tentato di derubarlo minacciandolo con quella stessa arma. Al processo viene accolta la legittima difesa ed esclusa la possibilità della condanna a morte. Ma Huddie, alias Walter Boyd, viene ritenuto colpevole di aggressione a scopo di omicidio e condannato a trentacinque anni di lavori forzati nel penitenziario di Huntsville. Qui Huddie si fa rispettare: è un gran lavoratore e anche per questo gli viene permesso di farsi mandare la chitarra. Canta e suona ogni sera per i carcerati. Canta delle persone che ha conosciuto per strada, nelle bettole, durante i suoi viaggi; inventa nuovi testi alternati a quelli vecchi adattati a quel luogo. Nel suo repertorio ci sono i canti di lavoro, gli holler, i blues, la musica delle barrel house, quelle del rovente Brazos. E i knife blues imparati agli angoli delle strade, sulle soglie dei puzzolenti locali di Dallas. Ad Huntsville, grazie al suo fisico muscoloso, Ledbetter viene storpiato in Ledbella, poi Ledbelly e infine Leadbelly, “addome di piombo”. Altrove si dice che lo pseudonimo derivi dal fatto che dopo aver riportato una ferita da arma da fuoco, il proiettile non venne mai estratto e perciò gli rimase del “piombo nella pancia”. In ogni modo, con quel nome resterà per il resto della sua vita.
Il vicedirettore del carcere di Huntsville è il capitano Jack Franklin. È diverso da ogni altro funzionario, non gli interessa fare carriera, ciò che ha in mente è di cambiare le condizioni di vita all’interno della struttura. Sua è l’idea di avviare un programma ricreativo la domenica, in cui Huddie avrebbe intrattenuto i detenuti del carcere suonando e cantando.
In cambio, se avesse continuato a comportarsi bene, senza tentare fughe, senza darsi alle botte, Huddie avrebbe avuto la grazia. Nonostante i ripetuti tentativi di Franklin, la libertà vigilata non gli viene accordata. Al contrario Huddie viene trasferito a Sugar Land. Le condizioni non sono né migliori, né peggiori di Huntsville, ma il direttore, il capitano Billy Foster, è amico di Franklin. Così anche a Sugar Land si organizzano le domeniche in musica. Una notte si sente il fischio di un treno in lontananza: “È il Midnight Special – commenta un carcerato –. Si dice da tempo di quel treno che, se sei tanto fortunato da farti illuminare dal fanale della locomotiva, torni libero”. Da qui lo spunto per la canzone The Midnight Special che Huddie scrive subito dopo. Parla di Miss Rosie che chiede al direttore del carcere di liberare il suo uomo e la preghiera che il Midnight Special lo illumini. Ma a quell’uomo tocca di rimanere dentro ancora per molto, anche dopo aver pianto la morte della moglie.
Wes Ledbetter non si rassegna a quel figlio sfortunato di nuovo in prigione. Morirà poco dopo aver chiesto la sua liberazione, senza ottenerla. Ci prova anche l’ex direttore di Huntsville, ora docente alla University of Texas di Austin. Si sta facendo portavoce di una riforma carceraria presso il nuovo governatore del Texas, Patrick Morris Neff, a cui intende ripresentare la domanda di grazia per Huddie. Così Jack Franklin e Billy Foster organizzano un’esibizione di Huddie, il “Re delle dodici corde”, davanti al governatore. Dopo l’emozione iniziale Huddie parte con Mister Tom Highes’ Town, un brano sulla vita a Shereveport, chiamata anche Fannin’ Street,
poi Green Corn, fino a The Midnight Special, sulla vita a Sugar Land e sulla leggenda del treno. E l’intenso spiritual Git on board.
Il finale è tutto per una canzone scritta per l’occasione: Gov’ nor Pat Neff, la preghiera di poter tornare libero.
Questa volta esaudita. Il 21 gennaio 1925, Huddie può dire di essere stato illuminato dal fanale del Midnight Special, uscendo dal carcere di Sugar Land. Metterà finalmente la testa a posto Huddie, dedicandosi completamente alla musica? No. Perché poco dopo è di nuovo coinvolto in un processo per aggressione a scopo di omicidio. E il 25 febbraio 1930 si ritrova confinato nel penitenziario di stato di Baton Rouge, Louisiana, costretto ai lavori forzati per non meno di sei anni e non più di dieci. Verrà mandato a lavorare nelle fattorie penitenziarie di Angola: “Sette sovraffollati porcili a due piani di calcestruzzo e mattoni […]. Non c’erano sbarre alla finestre, ma ogni accampamento era ricoperto da un reticolato sormontato da ventiquattro strati di filo spinato rugginoso”. In estate si raggiugono i cinquanta gradi (Leadbelly. Il grande romanzo di un re del blues). Vita dura, durissima anche perché Huddie è certo di aver subito l’ennesimo torto, l’ennesima ingiustizia discriminatoria ai danni di un uomo di colore. Scriverà Jim Crow Blues sulle leggi razziali contro i neri
Un giorno il capitano Andrew Reaux lo chiama in direzione: ha ricevuto una lettera del professor Franklin che lo informa che Huddie è un grande musicista. Suonerà e canterà anche per i detenuti del carcere di Angola. Huddie ne è felice, la musica, certe volte, ha il potere di far dimenticare i guai.
Nel 1933 il ventenne etnomusicologo Alan Lomax e il padre John, ricercatore e studioso, si presentano al cancello principale del carcere di Angola con una berlina Ford nera. Sul sedile posteriore hanno un apparecchio metallico. Sono lì per registrare brani di musica popolare dietro l’incarico della Library of Congress. Stanno facendo il giro di tutte le prigioni degli stati del Sud. In Angola, tra i tanti che si esibiscono, Ledbelly è quello che più li impressiona, per il repertorio infinito di canti, per la potente vocalità e l’inconsueto stile chitarristico. Anche se ogni sua esibizione è intervallata da una richiesta di grazia.
Tra i numerosi traditional Huddie intona: Cotton Fields,
Boll Weevil,
House of the rising sun,
Black Betty
Con Alan, Huddie parlerà anche del suo blues. Un’intervista che si conclude con Red Cross Store.
Nel 1934 i due ricercatori tornano al carcere di Angola per registrare nuovamente Leadbelly, hanno uno strumento più avanzato e ora incidono un disco. Da un lato c’è Shreveport Jail
e dall’altro Goodnight Irene, composto qualche anno prima.
Alan farà ascoltare questo disco al governatore della Louisiana Oscar K. Allen con richiesta di commutazione della pena. Così, per la seconda volta nella sua vita, Huddie Ledbetter esce dal carcere stringendo tra le mani il certificato di concessione della grazia.
Il trailer del documentario “Lomax the song hunter” in cui Alan racconta il viaggio nelle prigioni del South.
Nell’intervista “Remembering Leadbelly” sempre Alan racconta di Leadbelly
Ad attendere Huddie a Shreveport è un nuovo amore, Martha Promise. Ma il proposito di stabilità dura poco: riceve la proposta di John Lomax di lavorare per lui come autista accompagnandolo nelle sue peregrinazioni lungo il paese. A Little Rock, in Arkansas, nei ghetti, nei sobborghi, nelle carceri come Birmingham Jail (Down in the valley) a caccia delle “work songs dei neri”.
http://www.youtube.com/watch?v=1Fnpx6MspBI
Nel carcere di Killby, Huddie viene a sapere dei nove adolescenti nel braccio della morte, gli Scottsboro Boys condannati da una giuria bianca per il presunto stupro di due vagabonde bianche. Per loro compone una canzone di protesta: Go to Alabama and you better watch out/ the landlord will get you/gonna jump and shout./ Sottsboro boys /they can tell you what it’s all about.
Il viaggio nel sud si conclude, ma Huddie riceve l’invito dei Lomax a partecipare a concerti e serate da loro organizzati al nord. Il suo sogno è di esibirsi a New York, così accetta. All’arrivo a Filadelfia molti giornali parlano di lui, il “Re delle dodici corde”. Impressiona gli studenti che partecipano a un seminario organizzato da Alan Lomax sulla letteratura popolare. Poi è la volta della scuola femminile “Bryn Mawr”.
New York si rivela una grande delusione, una città di bianchi che continuamente ricorda a Huddie di essere un emarginato, costretto a dormire nel ghetto di Harlem. La sera, invece, al ricevimento di Greenwich Village organizzato dai Lomax, vanno ad ascoltarlo scrittori, editori, giornalisti, docenti della Columbia e della New York University. Un controsenso che Huddie mal sopporta. Certe sere esce a bere e torna ubriaco. Sui giornali è il “menestrello negro” scoperto dai Lomax nel carcere di Angola. “Originario delle paludi della Louisiana – è scritto sul New York Hareld–Tribune del 3 gennaio 1934 – è un negro armato di coltello che ha ammazzato un uomo e ne ha gravemente ferito un altro, ma la cui rauca voce tenorile e le dita che volano sulle corde affascinano sicuramente chi lo ascolta”.
È un momento felice per Huddie che si completa con il matrimonio con Martha Promise, testimone Alan Lomax. Anche il vecchio direttore di Huntsville, Franklin, si fa vivo: spera sempre che lui resti lontano dall’alcol e dai guai ora che ha raggiunto il meritato riconoscimento come musicista. Huddie alterna grandi performance a esibizioni scadenti, risultato di notti brave nei locali di Harlem. Subisce anche la costrizione di doversi esibire con indosso l’uniforme da carcerato che Alan gli procura, perché il suo personaggio sulla scena sia più veritiero; con quell’odiata uniforme canta a Cambridge, ad Harvard, alla Ymca, al Buffalo State Teacher’s College, al New York State Teacher’s College. Ma ora vuole solo tornarsene a casa, dalla famiglia, dagli amici. Non ne può più di dare mostra di sé, come una scimmia ammaestrata, il nero carcerato che dalla prigione non sembra mai essere uscito veramente. Sempre e ancora schiavo dei bianchi.
L’ultima parte della vita di Huddie si consuma, insieme a Martha, in un villino nella zona degradata di Shreveport, comprato con i soldi guadagnati a New York. Ma finiscono preso e Martha torna a fare servizi negli alberghi, mentre Huddie si esibisce di tanto in tanto per pochi dollari.
Nel 1936 esce il libro dei Lomax, Negro Folk Song as sung by Lead Belly. È scontento di come viene descritto e minaccia di fare causa. Torna nel carcere di Shreveport per aver sparato a un tizio che voleva impedirgli di entrare a un ballo. Solo e senza soldi decide di ritentare la fortuna a New York dove si trasferisce con Martha, ma non riesce a stare lontano dai guai. Viene di nuovo ritenuto colpevole di aggressione, condannato a un anno di detenzione da passare nel carcere di Riker’s Island. Niente musica, niente esibizioni domenicali. Il peggiore anno di detenzione della sua vita.
Uscito, tiene qualche concerto nel 1940 ottenendo ancora qualche successo, ma deve accontentarsi di pochi soldi. Martha ora fa la cameriera. Ogni settimana è identica all’altra, nessun impegno musicale, niente. Fa il lavapiatti, il lustrascarpe, qualche volta canta alla radio le storie di Blind Lemon, canta dei linciaggi, della miseria, delle violenze del Klan.
L’America sarebbe presto entrata in guerra contro l’impero del Giappone, la Germania nazista e l’Italia fascista, e sarebbero cominciate le persecuzioni anticomuniste. Al Village Vanguard si esibisce il gruppo dei Weavers di Pete Seeger e Woody Guthrie canta le sue canzoni di protesta alla Rainbow Room.
Insieme canteranno nel 1940 alla WNYC Radio du New York nel programma “Folk Songs of America”.
http://www.youtube.com/watch?v=HNj1WLpWDa8
Nel 1948 è a Los Angeles per un concerto alla Union Station, porta la sua musica negli ospedali militari, negli orfanotrofi. Il sogno di cantare in Europa si realizza con l’invito a Parigi, nel 1949, per un concerto organizzato da Alan Lomax. L’occasione in cui spera di rialzarsi è la consapevolezza della fine: dimenticato dal pubblico, Huddie canta per un pugno di persone. Lo sconforto e il senso di fallimento lo convincono a non concludere il concerto. Al senso di frustrazione si aggiunge la salute precaria che lo costringe in ospedale, dove gli viene diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica. Muore al Bellevue Hospital il 6 dicembre 1949.
“Per Leadbelly non ci fu una mezza età da passare con i figli. La sua giovinezza se n’era andata presto, dileguata come una spruzzata d’alcol. Un anno era giovane e forte e famoso, quello dopo era vecchio e grigio e scivolava nell’oscurità” – commenta così il declino dell’artista il libro a lui dedicato.
La sua versione di Rock Island Line del 1942 entrerà nella Grammy Hall of Fame Award 2016.
Numerose le cover dei suoi brani, la sua musica, infatti, non ha mai smesso di influenzare artisti di ogni genere musicale.
Tra i tanti canti tradizionali che Huddie per primo ha registrato c’è Where did you sleep last night,
successivamente ripreso dai Nirvana
e da Mark Lanegan
Il terzo episodio del documentario “American folk music” della BBC è dedicato alla musica di Leadbelly.
Un breve documentario racconta le imprese di questo artista genio e dannato.
Chiara Ferrari, coautrice del documentario Cantacronache, 1958-1962. Politica e protesta in musica, autrice di Politica e protesta in musica. Da Cantacronache a Ivano Fossati, edizioni Unicopli
Pubblicato martedì 13 Aprile 2021
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/pentagramma/leadbelly-una-leggenda-a-12-corde/