Canto da quando ricordo. Ho intenzione di cantare fintanto che Dio mi darà una voce per continuare a farlo. E intendo cantare queste canzoni folk. Ma la mia più grande ambizione è quella di registrare tutte quelle che conosco su nastro o in un libro da mettere a disposizione. Gratuito, per chiunque voglia usarlo.
Almeda Riddle
Questa la motivazione per la quale l’eredità della folksinger Almeda James Riddle è documentata nel bellissimo racconto biografico, “A singer and her songs. Almeda Riddle’s book of ballads”, realizzato da Roger D. Abrahams, professore di antropologia e direttore dell’Istituto di ricerca africano e afro-americano dell’Università del Texas ad Austin – che la incontra nel ’64, ’65, ’67 –, impreziosito dalla storia delle canzoni conservate nello scrigno della memoria di Almeda “Granny” Riddle. Canzoni che narrano fatti sanguinari, orribili omicidi, uccisioni alla forca, suicidi; ballate con storie di fantasmi, altre sulle vicende dei nativi americani; leggende sulla morte e sull’amore, sugli amanti che partono lasciando nel pianto le loro amate, storie di tradimenti. E poi inni religiosi, spiritual; canzoni di guerra: quella di Secessione, quella d’Indipendenza; numerose filastrocche per bambini, divertenti o inquietanti. Un variopinto album di ricordi d’infanzia, di famiglia, di vita coniugale, innescati dalle canzoni che a essi si legano. Un archivio di musiche, testi, vicende personali, usanze locali dell’Arkansas e dei monti Ozarks, con richiami alla grande storia dell’America. Vengono inoltre esposte le idee di Almeda su ciò che rende una canzone o una ballata un classico. E viene fatta emergere la sua solida filosofia, l’itinerario di una crescita, gli intimi scorci dei suoi forti legami familiari, i quali tutti hanno avuto un impatto significativo sulle ragioni e le modalità delle sue esecuzioni e sulla trasmissione dei canti tipica dei portatori di tradizione.
Molto è stato pubblicato sui canti popolari anglo-americani e sui loro cantanti, ma questo lavoro è unico in quanto tratta da vicino il rapporto tra interprete e testi. Quelli di Almeda sono collezionati nell’arco di una vita, fin dalla primissima infanzia.
Scoperta dallo studioso di folklore John Quincy Wolf che per primo raccolse l’immensa dote di canzoni, la fama di Almeda è legata all’etnomusicologo americano Alan Lomax che l’ha portata all’attenzione degli amanti del genere in tutto il Paese.
Anche in questo, la sua esperienza nel canto folk ricorda molto da vicino quella dell’astigiana Teresa Viarengo, dal cui magazzino della memoria Roberto Leydi estrapolò una infinita quantità di ballate con le loro stratificate varianti. Teresa, scoperta dall’etnomusicologo all’età di 73 anni, attraverso una serie di registrazioni effettuate intorno agli anni 60, permise che venisse alla luce un ricchissimo patrimonio di canti del territorio e non solo. Canzoni imparate dalla madre e che lei cantava in famiglia, alle feste di paese, mai in eventi spettacolari. Almeda, diversamente da Teresa, ha potuto esibirsi ancora settantenne nei maggiori folk festival d’America, continuando ad adempiere al suo ruolo di divulgatrice della cultura anglo-americana.
“Non ricordo quando ho cominciato a cantare – racconta Almeda –. Circa nel momento in cui ho cominciato a parlare. Io credo che questo sia avvenuto molto indietro nel tempo, perché io sono nata nel 1898. 21 novembre, 1898. Non ho mai imparato a come smettere né di cantare, né di parlare e spero che non lo imparerò mai” [Abrahams, “A singer and her songs”, p.3].
La prima ballata che Granny ricorda è “Blind Child’s Prayer”, la prima da lei raccolta e collezionata. È il 1905. “Qualcuno l’aveva pubblicata su un giornale, in una rubrica dedicata alle vecchie canzoni. Mia madre la lesse e io pensai che fosse bellissima. Così me la lesse di nuovo. A quell’epoca avevo circa sei anni, ma lo ricordo benissimo” [Abrahams, p. 52].
Nel novembre del 1926 un ciclone colpisce la cittadina di Heber Springs, in Arkansan, dove Almeda vive con la sua famiglia. Le uccide il marito, un figlio e distrugge tutto ciò che lei possiede disperdendo in mille pezzi la sua raccolta di ballate.
Dopo questa tragedia con i suoi due bambini, Almeda ritorna alla fattoria del padre in Cleburne County, ai piedi dell’altopiano di Ozarks, tra Missouri e Arkansas. Il figlio più grande Clinton, di nove anni, ancora con la gamba rotta; il più giovane John di quattro anni con la testa fasciata per i colpi presi. E poi la figlia di sei anni, rimasta lì con i nonni durante i mesi in cui Almeda è stata in ospedale. Quello è il luogo della sua infanzia. Dove ha incominciato a cantare le ballate, insegnandole poi ai figli. Solo molto più tardi, qui deciderà di sedersi e prendersi del tempo per ripercorrere la sua vita. Iniziando dalla famiglia.
Suo padre James commercia legname, taglia legna, lavora nei boschi da sempre. Almeda ha l’abitudine di seguirlo, aiutarlo ad abbattere migliaia di alberi. Sua madre, però, pretende che lei spenda il suo tempo nello studio, vuole che diventi una “signora”. Ma per la sfortuna di sua madre, suo padre fa di tutto perché lei cresca come un maschiaccio. Dice di avere sei figlie femmine e un maschio. Almeda è il maschio. Lui ama lo scherzo. Sua madre è irlandese, completamente di sangue irlandese, tutta la famiglia da quel lato viene dall’Irlanda. Il padre di lui è invece inglese, così James è di sangue meticcio. Gli inglesi sono gente molto seria e suo padre ogni tanto lo è, ma la sua parte irlandese lo fa essere più leggero e divertente. È anche un democratico. Crede nell’uguaglianza tra uomini, un diritto che deve appartenere a tutti. Sono poi i valori dell’onestà, della fatica quotidiana, della meritocrazia che tramanda alla figlia e che lei fa suoi.
Tra i primi ricordi di suo padre, all’età di tre anni: il suono della voce e le braccia che cullano per far addormentare. Ci sono quattro fratelli prima di lei e tre dopo. Almeda è nel mezzo. Due, un maschio e una femmina, muoiono prima della sua nascita. Almeda ricorda Claudia, morta di malattia in tre giorni. Il padre intonava per loro dei canti, la sera.
Quando la salute del padre peggiora lui acquista una fattoria in cui la famiglia si trasferisce. Almeda lo segue in alcune attività, le piace occuparsi dei cavalli, accudire i puledri. Dalle pecore tosate si ottiene la lana che viene lavata e strizzata per poi essere tinta con i gusci delle noci, cortecce di alberi. Si coltiva anche il cotone.
Tutte le mattine suo padre canta. Prima di colazione si siede al tavolo, sfoglia uno dei tanti libri di canzoni che acquista regolarmente, e canta. Lo stesso fa la sera dopo cena. Almeda gli si siede vicino e lo accompagna. Impara le note prime delle lettere. Impara ad andare a tempo, a capire le tonalità, a riconoscere i suoni, le altezze, le armonie. Lui vuole che lei impari a leggere la musica, non che la riproduca andando a orecchio.
Il padre, boscaiolo e contadino, nella realtà è un insegnante di canto che non hai mai potuto praticare questo come mestiere. In ogni gruppo o comunità che frequenta, però, forma cori, classi di canto. Chi lo paga e chi no, non importa. Ciò che conta è trasmettere la passione, il patrimonio dei canti tradizionali.
Dal padre, Almeda impara la gran parte di quello che sarà il suo repertorio. “The house of Carpenter’s wife” è una delle canzoni più cantate. Anche se poi la dimentica. Anni dopo la sentirà intonare da un anziano delle colline del Missouri, il vecchio A.C. Braddy, e grazie a lui le torneranno alle mente alcune strofe perse. Lui conosceva quella versione: stessa tonalità, stesse parole. Il nonno di Almeda, probabilmente, ancora prima l’aveva insegnata al figlio e dall’Inghilterra l’aveva portata in America.
Una canzone terribile, con una madre che abbandona il figlio e il marito per seguire un altro uomo, un marinaio, che le promette una vita di ricchezza. Da bambina Almeda vive la sensazione angosciante del figlio lasciato solo a cui viene chiesto di ricordare una madre infedele che poi morirà affogata e condannata all’inferno.
Il padre di Almeda, nato e cresciuto in Arkansan in una contea di bianchi, con il fratello impara anche numerosi canti dei cowboy, come “Texas Rangers” che racconta dei combattimenti tra cowboy e indiani.
A quattro o cinque anni risale l’ascolto di “My old cottage home”. La canterà per tutta la vita. Come anche “The boy in blue”, storia di un padre che attende l’arrivo del figlio, chiuso in una bara.
Dal nonno, padre di suo padre, Almeda impara la canzone sul bandito Jesse James, di cui racconta di essere cugina. “Sono sicura – dice nella registrazione – che hai letto di Frank e Jesse James. Be’, il nonno di mio padre e il loro padre (Robert S. James) erano fratelli.”
Ma ci sono anche i parenti da parte di madre che hanno affinità con la musica. “Black Jack Davey” la impara dalla madre, o meglio dal fratello della madre, lo zio John Wilkerson. La madre ne canta solo alcune strofe perché ritiene questo canto osceno. Lo zio, invece, le scrive il testo per intero e gliela intona. È la storia di una donna infedele che fugge a cavallo con Black Jack Davey e viene scoperta dal marito sulle rive di un fiume tra le braccia di questo amante. Respinge la richiesta del marito di tornare a casa, solo le interessa restare con Black Jack Davey.
Lo zio John ha una gran bella voce, ma conosce canti che la madre di Almeda non ritiene adatti a una bambina. Tra questi anche “The Dying Ranger”, una canzone di guerra, originaria del Maryland, ambientata sulle rive del Potomac. Un soldato del New England giace morto nei pressi del fiume. Forse, un soldato della Guerra d’Indipendenza americana: Sulle rive del vecchio Potomac lo distesero per riposarsi/ con lo zaino per il cuscino e una pistola sul petto. /Quindi i soldati fecero un voto insieme, poiché una sola voce sembrò cadere. /Diamo a Nell quel fratello e un padre, tutti quanti.
Qui cantata da un gruppo folk:
“Brisk Young Farmer” proviene, invece, dalla madre che a sua volta l’ha imparata dalla sua, quando era una ragazzina in Tennessee, molto prima della guerra civile. Un contadino si innamora di Mollie Brown, ma i parenti di lui, irritati da questo fatto, lo mandano lontano in mezzo all’oceano, perché dimentichi il volto di quella donna. Lui viaggia ma poi ritorna, riconosce quella donna e dopo il lungo viaggio la sposa, con il benestare dei parenti oppure no.
Sempre la madre le canta lo sea shanties “Ten Thousand miles away”, storia di una giovane che si sposa e deve allontanarsi dalla madre. Per questo piange di voler tornare indietro.
È lei ad acquistarle, molto piccola, libri per bambini come “Sleeping Beauty”, senza però leggerglieli, se non alcune parole. Almeda si sente così frustrata di non poter conoscere quelle storie, ma questo la sprona a imparare a leggere presto.
Dalla nonna di sua madre, Almeda impara “Chick A La Le-O” che forse la stessa nonna aveva imparato da sua madre che veniva dall’Irlanda, dove probabilmente l’aveva ascoltata. Una filastrocca di una giovane che vuole sposare Johnny Green. [
Anche dal nonno, della parte della madre, sente cantare nuove canzoni. Lui è un soldato confederato nella Guerra Civile americana, non ha una grande voce – ricorda Almeda –, ma è bravo a insegnare canti. Come “Man of Constant Sorrow”, scritta da un amico che, in procinto di sposarsi, aveva scoperto la futura moglie con un altro. Così se ne era andato, scrivendo quei versi che poi aveva lasciato al nonno di Almeda, prima di partire per la California. Sono gli anni della Corsa all’oro, tra il ’49 e il ’50, prima della guerra civile del ’60.
Il nonno Wilkerson le canta anche “Rome County”. Storia di un uomo che spara al cognato e viene condannato all’ergastolo. Una storia vera, le dice, accaduta nella contea di Rome in Georgia, vicino a dove lui aveva vissuto.
E poi “Brother Green”, sulla melodia di “Barbara Allen”. Racconta di un uomo che sta morendo per un colpo in battaglia e chiede al fratello di scrivere una lettera alla moglie e al padre perché preghino per lui. Forse una vicenda vissuta personalmente dal nonno, che aveva conosciuto soldati del Sud che avevano o combattuto contro soldati del Nord, nella Guerra Civile, per poi scoprire, dopo essersi feriti, di essere fratelli. Green era un cognome diffuso, infatti. Uno di questi fratelli Green poteva aver scritto il testo.
Dalla parte dei Wilkerson sono numerose anche le canzoni d’infanzia che le insegnano lo zio John e sua madre. Tra queste “Froggie went a-courting”, una sorta di canzone di famiglia, visto che Almeda non l’ha mai sentita altrove. Altra canzone che arriva dall’Irlanda.
Tra le filastrocche per bambini ci sono quelle sugli animali, oppure “China Doll”.
L’infanzia di Almeda è un vorticoso girotondo di persone che cantano, che raccontano storie. A Cleburne County si stanzia per qualche tempo una comunità itinerante di indiani. Non è passato così tanto tempo da quando questa popolazione è stata spossessata dal proprio territorio, per essere poi spostata in quella zona dell’Arkansan. Ogni estate arrivava questa carovana di indiani. Tra questi una ragazzina dell’età di Almeda che lei frequenta scendendo alle loro tende. Non ricorda cosa le cantasse questa indiana, ma sua madre un giorno le fa ascoltare “Nishi”, canzone imparata nella sua infanzia. Racconta la storia di un giovane indiana e di sua madre che dovettero abbandonare le loro terre portando con loro il Great white spirit che faceva crescere la loro gente nella fertilità e nell’abbondanza della caccia. Questa canzone è il mezzo che Almeda usa per dialogare con la giovane del campo e scambiare con lei storie e tradizioni delle loro rispettive culture.
Altri ricordi d’infanzia sono legati a bambine e bambini con cui Almeda e le sue sorelle giocano. Nella casa di Mr. Jim Smith a Siden in Arkansas, non lontano da dove lei abita, vivono due sorelle di quindici e dieci anni. Quella più grande canta ballate. “Era una domenica e c’erano tanti ragazzi e ragazze. Io resati seduta tutto il pomeriggio ad ascoltare”. Tra le canzoni imparate quel pomeriggio c’è “Little Lonie”. Altra storia di un amore infelice, di un matrimonio che non si vuole compiere perché l’amante Jim Lewis uccide l’amata Little Lonie [Abrahams, p. 56].
Un’altra ragazzina, Ella West, con la quale fa il tragitto a piedi verso la scuola, canta ballate. Una di queste è “Kitty Wells”. Ancora una giovane donna morta. Di questo canto Almeda troverà poi diverse versioni, una che lo collocano anche tra le negro folksongs.
“Quando ero una bambina, proprio come sono ora, io ero avara con le mie canzoni. Quando ne ascoltavo una che mi piaceva, io dovevo averla. Non tutti raccoglievano ballate, anche se in molti le cantavano (…). Non conosco nessuno del mio gruppo di bambini che collezionasse ballate come me. Ma io lo facevo” [Abraham, p.59]. I compagni di scuola si ritrovano per suonare e cantare insieme. Cantano “Bonny James Campbell”, chiamata anche “War song”. Non ci sono radio o televisioni e l’unico divertimento per i ragazzi è sedersi in cerchio e cantare. Loro le chiamano esibizioni: i ragazzi memorizzano canzoni, poesie e poi le recitano e cantano davanti a tutti.
All’età di dieci anni Almeda con la famiglia lascia la fattoria. Il padre lavora per la costruzione di una ferrovia, nell’abbattimento degli alberi a Edgemont. La madre si occupa di gestire un piccolo negozio nella zona e con i figli abitano nel retro. Molti operai impegnati nei lavori di scavo, italiani, greci, di varie nazionalità, si fermano al negozio. Un giorno il treno che passa lì davanti travolge un giovane e gli taglia le gambe. Almeda corre in negozio terrorizzata mentre il ragazzo viene portato in ospedale.
“The Broke-Down Brakeman”, imparata poco dopo, è la canzone che le ricorderà per sempre quella terribile tragedia.
“The Oxford girl” è una canzone che Almeda impara dal ragazzo che diventerà suo marito. Storia di un assassino che finge di voler sposare una giovane ragazza di Oxford e invece la uccide di botte e poi la getta in un fiume. Tornato a casa la madre si preoccupa di tutto quel sangue. L’uomo va a dormire ma sente il suo corpo bruciare. La settimana successiva la giovane morta viene ritrovata. Lui viene accusato del delitto mentre sente il fuoco delle fiamme salire dall’inferno.
“A volte cantavamo e basta. Questo in estate. Certamente anche in inverno, ci sedevamo in casa attorno al fuoco e cantavamo canzoni tra di noi, come fanno anche oggi i ragazzi. Non è cambiato così tanto. I giovani ancora si ritrovano per cantare insieme. Solo cantano diverse canzoni, anche ascoltando la radio e la televisione. Ma ancora cantano.” Ci sono però delle differenze. “Le ballate che noi cantavamo, sono durate da generazione a generazione. Adesso, in pochi mesi ne esce una nuova (…). In verità io credo che noi ci divertivamo di più prima dell’arrivo di radio e televisione, bastavano la chitarra, flauti per i nostri play-parties. Noi potevamo farci l’intrattenimento da noi stessi. Ed eravamo felici di stare seduti a ridere, scherzare e cantare tra di noi” [Abrahams, p. 68].
All’età di diciotto anni, nel 1916 Almeda si sposa e non perde l’usanza di raccogliere ballate di cantarle, anche insieme al marito. Di “Custer’s Last Fierce Charge” è lui a scriverle le parole. Storia di due soldati, uno sente che presto morirà e chiede all’altro, Charlie, di scrivere alla moglie per dirle come è morto e dove sono i suoi resti. Charlie, invece, chiede al commilitone di scrivere alla madre, se sarà lui a morire per primo. Arrivati sulla collina, pronti a contrastare il nemico, muoiono entrambi.
L’usanza di cantare si tramanderà anche ai figli, Clinton, Lloyd, Milbry che si abituano presto a prendere in mano la chitarra per accompagnare il loro canto. È dai figli adolescenti che Almeda impara diverse cowboy song come “When the works’s all done this fall”. Storia di un cowboy che decide di tornare a trovare la madre, ma durante il viaggio a cavallo si sente male. Gli amici lo trovano e lo stendono sul terreno e così muore dopo averli salutati.
Tra il 1914 e il ’15 la moda del tempo sono le canzoni sulla ferrovia. In quegli anni se ne stanno costruendo un po’ ovunque e i treni cominciano a circolare, come un tempo viaggiavano i cavalli ed erano più frequenti le canzoni sui cowboys. Molte railroad songs sono subito molto popolari. Come “Jim Blake” o “Casay Jones”. Ma la canzone che Almeda canta più spesso è “Al Bowen”. Storia di un giovane ingegnere che ha la premonizione di morire nel momento di salutare la madre prima di partire. Muore, infatti, nel deragliamento di un treno, a causa di un segnale sbagliato. Probabilmente la canzone è la cronaca di un fatto realmente accaduto in Illinois. La canzone fu scritta da Brother Russel, anziano Ministro battista amico del marito di Almeda con cui spesso si incontravano. È un buon cantante, pianista e maestro di canto. Da lui Almeda impara anche “Merrimac at sea”, nell’estate del 1920. Storia di una nave, la Merrimac diretta a New Orleans alla guida di un capitano che in quella città ha una moglie che lo aspetta. Alla fine però lei non si fa trovare.
La zia Fanny Barber è un altro dei suoi riferimenti musicali. Almeda trascorre del tempo con lei, quando il marito non c’è. Con lei vive a Cleburne County e Pangburn nella White County, nella campagna dove la zia ha un piccolo appezzamento. Mentre raccolgono il cotone le canta “Barbara Allen”. Storia di una giovane figlia che perde la vita e viene pianta dagli amici e famigliari che sperano per lei la gloria di Dio.
“Molti degli inni di quel periodo – dice Almeda – glorificano la pace della morte. Forse i tempi erano davvero duri e io penso che forse la gente sperasse in una luminosa vita oltre la morte. Io penso che essi credessero più fermamente di adesso nell’eternità” [Abrahams, p.91]. La canzone “The Lone Pilgrim” esprime questo sentimento: “Sono venuto nel luogo in cui giaceva il pellegrino solitario/ E mi sono fermato in silenzio vicino alla tomba/e in un sussurro basso ho sentito qualcosa dire: “Oh, quanto è dolce addormentarsi qui da solo” [Abrahams, p. 92].
“L’America venne creata dai pellegrini – dice Almeda –. Un pellegrino è qualcuno che protesta contro l’unica chiesa esistente e per la libertà religiosa se ne va altrove. Questo pellegrino solo della canzone può essere colui che tra i primi ha raggiunto l’America. È qualcuno che è in viaggio, un religioso che si muove verso qualche santuario alla ricerca di ciò in cui crede”.
Come solo è il pellegrino di “Poor wayfaring stranger”, imparata dalla zia Fanny Barber: Sono un povero viandante sconosciuto / sto viaggiando in un mondo di dolore. “Ci sono due cose nella vita – dice Almeda – che ciascuno di noi fa da solo: nascere e morire. Dobbiamo farlo per conto nostro. Nella nascita e nella morte noi siamo sempre soli” [Abrahams, p. 93].
Tra gli spiritual più emozionanti, “Amazon Grace”.
Anche la zia Sally Bittle, vedova e con crisi epilettiche, la invita ogni tanto a stare da lei. Almeda non si spaventa delle crisi della zia. Sally le insegna “The Orphan girl”, una delle più belle ballate che Almeda abbia mai sentito. Storia di una giovane che chiede un posto in cui stare per non sentire il vento gelido dell’inverno, un posto dove dormire, e un pezzo di pane. Ma l’uomo ricco al quale si rivolge le sbatte la porta in faccia: non ci sono stanze e non c’è pane per i poveri. Il giorno dopo quando il sole sorge la giovane è morta nella neve davanti a quella porta, ma il suo spirito è volato alto verso i suoi genitori che l’hanno riscaldata e nutrita. L’uomo ricco è ancora alla sua porta, ma alla morte dove andrà il suo spirito?
Lo zio Bob Starcks insieme al padre è uno dei migliori cantori della zona. La domenica la sua voce si sente distintamente venire dalla chiesa. Tra i suoi nipoti di Bob c’è Louis, bravissimo cantante di ballate e musicista che troverà successo a Broadway. Con lui Almeda ama cantare canzoni come “Rye Whiskey” e “Mandy” di cui scrivono insieme qualche strofa. È la storia quasi autobiografica di un giovane che se ne va in cerca di fortuna.
All’età di undici anni Almeda conosce un coetaneo, si chiama Emerson Pickens. In quel periodo sua madre ha l’abitudine di acquistare il Commercial Appeal, giornale edito a Memphis. Dal racconto di un fatto accaduto in zona, viene scritta una ballata. Emerson la trova per primo e la mostra ad Almeda. Nessuno dei due conosce la melodia e la tonalità, ma non possono fare a meno di provare a cantarla. La storia è quella di un uomo condannato alla forca. Quest’uomo era un grande amico di Allen Bain con cui andava a caccia. Un giorno dopo una battuta di caccia Bain non tornò più e la famiglia accusò quell’uomo di omicidio. Il fatto accadeva da qualche parte in Tennessee. La ballata è un racconto in prima persona dei pensieri che l’uomo condannato a morte rivolge alla madre: i suoi stati d’animo, la paura del dolore. Nel finale il colpo di scena con l’arrivo di Allen Bain sul suo destriero: è il morto che ritorna. Una canzone a tinte nere che spaventava i bambini e anche Almeda. Ma sarà tra quelle che lei canterà più spesso poiché molto richiesta proprio dai più piccoli.
Altra storia realmente accaduta è quella di un giovane suicida, gettatosi nelle fredde acque del fiume senza più riemergere. La canzone “The drowded boy” racconta l’accaduto. Scritta dal Reverendo George Poole narra del giovane Rufus Parrott. Nessuno seppe mai il motivo di quel gesto. La famiglia abitava non distante dall’abitazione di Almeda. Il giovane fu sepolto a Pleasant Ridge e il funerale venne celebrato là un anno dopo la tragedia. Il Reverendo celebrò il rito e cantò la ballata che aveva scritto qualche giorno prima.
Nel repertorio di Almeda si alternano canzoni scritte recentemente ad altre tramandate da generazioni, che vengono da luoghi e tempi lontani. Per lei ciò che conta è il valore della canzone.
“Ci sono canzoni molto popolari in un dato momento, ma non sono ciò che io chiamo un classico. Una ballata classica è qualcosa che si classifica come molto elevato, nei pensieri, nella mente di una persona. Non è uguale per tutti. (…) Non credo nemmeno che l’età abbia a che fare con il concetto di classico. Chiunque potrebbe scrivere un classico. Qualcosa che insegni qualcosa, qualcosa che valga la pena preservare […]. Questo è quello che la parola classico significa per me. Che insegna qualcosa che vale la pena ricordare, che vale la pena trasmettere” [Abrahams, p. 109-111].
Come la spiritualità. “Ci sono poi canzoni che non raccontano una storia, come gli inni, ma insegnano comunque qualcosa. Raccontano le nostre esperienze, le nostre sensazioni. Come “How tedious and tasteless the hours”, che è stata un conforto lungo gli anni. Non racconta una storia, ma la amo. Accompagna la mia esperienza di vita. Tutti hanno questo sentimento qualche volta. Ci sentiamo soli e avvertiamo la presenza di una forza superiore che è Dio” [Abrahams, p. 112].
Le canzoni d’infanzia sono un grande capitolo all’interno delle collezioni di Almeda.
Nell’ottobre del 1959 Alan Lomax e Shirley Collins registrano questi canti nell’abitazione di Almeda a Heber Springs. Le canzoni riflettono l’interesse di Lomax verso le ballate tradizionali e le canzoni per bambini. Shirley Collins dirà di Almeda: “Era una cantante dotata di calma e intensità, si era costretti ad ascoltarla. C’era una tale chiarezza nel suo stile, e aveva quella rara e ammirevole qualità di mettersi al servizio delle canzoni, piuttosto che il contrario” [Collins, America Over the Water, pp. 158–162].
“Almeda Riddle’s American folk songs for children”:
Ci sono canzoni ascoltate dalla madre, dal padre, dagli zii e zie. Dagli amici che Almeda frequenta alle scuole o in famiglia. Una bambina, Merty Cowan le canta per la prima volta, quando ha circa sei anni, “Go tell aunt Nancy”, filastrocca che racconta della incredibile morte della zia Nancy. È una di quelle che Almeda nel tempo ha modificato, aggiungendo stanze e trovando soluzioni sempre più impensabili per divertire i bambini. Lo modifica perché questo canto non lo ritiene un classico.
“Nel cantare una canzone potresti non ricordare le parole esatte che hai usato un giorno o due prima, se la canti andando a memoria. L’importante è non cambiare il significato della canzone. Potrei cantare un brano domani e qualche parola potrebbe non essere la stessa – ma il significato non deve cambiare. Questo è ciò che rende il canto folk. Sono canti tramandati di bocca in bocca e da una generazione all’altra e forse una generazione non sapeva esattamente cosa intendesse l’altra con una parola […]. Le parole sono fluide, possono cambiare in un modo o nell’altro, ma mai nel significato. Io stessa potrei consapevolmente cambiare le parole di una canzone, ma dovrei stare ben attenta a non cambiarne il significato. Ci sono canzoni di cui ho sette o otto versioni. Una o l’altra domani potrebbero insinuarsi e prendere il sopravvento. Ma non si deve lasciare che cambi il significato” [Abrahams, p.120].
Almeda è difficile da etichettare: cantante, interprete, studiosa, ricercatrice, etnomusicologa. In lei convivono tanti aspetti. Di certo lei sa bene cosa non è.
“Non sono un’intrattenitrice e non lo sono mai stata – dice –. Gli intrattenitori devono mettere troppo di se stessi in una canzone. Se quello che faccio diverte, allora sono contenta, ma non ho mai fatto uno sforzo per intrattenere nessuno, tranne pochi per i bambini, per farli rimanere con me mentre canto e le loro madri non ci sono. Forse alcune delle mie canzoni sono divertenti, ma io non sono un’intrattenitrice. Ho tenuto concerti su e giù per la Costa orientale e occidentale e per tutti gli Stati Uniti, ma non sono mai stata classificata come intrattenitrice. Io non mi esibisco” [Abrahams, p. 122-123].
Almeda prova rispetto per le ballate, per il suo repertorio, per questo materiale così vivo.
“Le ballate che canto non sono esibizioni. Quando si canta una ballata o qualsiasi tipo di canzone tradizionale bisogna mettersi dietro la canzone. La differenza tra i folksinger più popolari e me, è che loro si esibiscono e mettono troppo di se stessi nella canzone. Io non voglio che ci sia nulla di Almeda Riddle in ciò che canto” [Abrahams, p.122-123]. È il testo, con le sue parole, che deve essere riportato nella sua interezza, quanto più completo possibile. E non è così importante perdersi nei dettagli delle varie versioni.
“Four Marys” è una canzone controversa. Qualcuno dice che la protagonista sia una ragazza russa. Invece Almeda è certa di aver ascoltato la sua storia da una coppia di scozzesi e di conoscere bene i fatti accaduti a questa giovane inglese venuta dalla Scozia. Si trovava presso la corte della regina Maria Stuarda, regina di Scozia nel sedicesimo secolo. Restò incinta del figlio del re e sarebbe stata decapitata se non avesse ucciso quel bambino. “Ho cercato di conoscere quanto potessi di questa storia, ma non so se questo aggiunga qualcosa al nostro piacere di ascoltare la ballata in sé. Penso che da bambina mi siano piaciute di più quando le cantavo semplicemente come ballate. Senza sapere se ci fosse una storia dietro.” [Abrahams, p. 134].
Altro testo molto popolare, presentato anche al Newport Festival del 1966, è “Lady Margaret and Lord William”. Una vecchissima ballata, che racconta di Lord Williams, figlio della regina che, innamorato di Lady Margaret, si suicida quando viene costretto a sposare un’altra donna di sangue reale.
Almeda è un monumento alla cultura folk. La passione per le ballate nasce in età infantile. “La parola folklore non era ancora neanche conosciuta. Nessuno sapeva nulla riguardo a questo. E forse a quei tempi cantare era semplicemente una esperienza felice (…). Io penso che i canti popolari sono da intendere più o meno come i bambini: non devi cercare di capirli o analizzarli, solo goderteli. Invece forse stiamo cercando di commercializzare questi canti eccessivamente. Così, molti interpreti cantano ciò che pensano che la gente voglia ascoltare. A me non interessa molto di quello che la gente pensa. Mi interessa che le persone vogliano ascoltare ciò che io canto” [Abrahams, p. 132].
Almeda rivela così la sua filosofia, il suo modo di intendere la musica folk e la sua restituzione e diffusione. Ascoltandola e leggendola si comprende come lei abbia costruito il suo repertorio, i dettagli, le circostanze, gli stati d’animo, i momenti di riflessione che hanno accompagnato ricerche e studi. E viene fuori il contributo della piccola comunità che l’ha circondata e con lei ha tenuto viva una tradizione, preservando memorie di storia popolare. Almeda è stata come un’antropologa che ha costruito forti contatti con gli informatori che le hanno insegnato canzoni nell’arco di tutta una vita e con i quali ha partecipato alla ricostruzione dei testi in parte dimenticati. Non solo una cantante, ma anche una collezionista, una scrittrice e riscrittrice di canzoni. Le sue scelte di repertorio rivelano, poi, i valori nei quali ha creduto, i suoi principi morali. Ciò che ha ritenuto importante condividere e diffondere.
Almeda è una cantante tradizionale, il suo stile di canto e il suo repertorio tipico sono profondamente radicati nella tradizione anglo-americana del territorio dell’Ozarks, ma c’è un talento personale che la distingue da qualsiasi altro folksinger.
Questo le ha fatto guadagnare successi e riconoscimenti, concerti nei festival più importanti, negli spazi accademici, fino alla registrazione di dischi. Nel 1964 incide “Songs And Ballads Of The Ozarks” per Vanguard Records. Molte delle sue ballate sono pubblicate su vari album della serie “Southern LP” di Prestige Records, e ristampate su cd della serie Rounder Records Southern Journey: “The Alan Lomax Collection”. Tramite questi dischi Almeda Riddle è diventata nota ai partecipanti al revival della musica folk americana.
L’eccezionale memoria di Almeda, combinata alla sua voce potente e alla naturale musicalità le hanno permesso di creare durante le sue esibizioni momenti di confidenza e fiducia con il pubblico, estremamente rari. Come rara è la sua capacità quasi jazzistica di microvariare stanze di una ballata e di generare un’atmosfera che tiene l’ascoltatore ipnotizzato nell’ascolto. Questa abilità di creare variazioni ritmiche e musicali si chiama isocronismo. Tecnica sorprendente che anche Giovanna Marini, che l’aveva ascoltata cantare dal vivo aveva riconosciuto: “La vidi al Club 47. Ero molto giovane e la mia prima reazione da musicista fu: Mamma mia che noia! Poi mi accorsi che questa voce monotona che, come dicono i romani, “non sputava mai”, cioè non si fermava mai, tutt’a un tratto cambiava. All’interno della melodia della prima strofa lei cominciava a inserire delle variazioni che noi chiamiamo microvarianti, e lei continuava a microvariare ogni strofa a seconda del racconto che faceva. Più era tragico più aumentavano i salti, gli intervalli. Faceva delle quarte improvvisamente, delle quarte aumentate e poi tornava al modo. Era sorprendente. Una tecnica assolutamente incredibile” .
Almeda muore il 30 giugno 1986. Le sue collezioni di circa 500 ballate, i nastri delle sue registrazioni sono oggi conservati negli archivi del Center for intercultural studies in folklore and oral history, Università del Texas.
Nel 1985 viene realizzato il film “Almeda Riddle: Now Let’s Talk About Singing” di George West per Folkstreams, in cui Almeda canta, racconta della sua vita e delle sue canzoni.
Qui un’intervista:
Chiara Ferrari, coautrice del documentario Cantacronache, 1958-1962. Politica e protesta in musica, autrice di Politica e protesta in musica. Da Cantacronache a Ivano Fossati, edizioni Unicopli
Pubblicato venerdì 8 Maggio 2020
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