L’ANPI è molte cose e per lanciare una riflessione la neonata linea libraria della nostra associazione, I Libri di Bulow, ha inaugurato il percorso con Essere ANPI. Un libretto per conoscere la nostra storia, tracciata e sostanziata in quasi 80 anni di storia d’Italia, e per conoscere le buone pratiche associative che ci rendono quello che siamo: dei militanti della democrazia. Conoscere il passato per agire nel presente e tracciare un futuro migliore vale anche per noi, anzi soprattutto per noi. In quel piccolo libro ci abbiamo messo anche il cuore perché conosciamo bene, vivendola in prima persona, la passione e la dedizione degli iscritti di ieri e di oggi. Ed ecco la suggestione che ha sostenuto il lavoro editoriale: realizzare un prontuario di storia democratica a disposizione di tutti, anche di chi non fa parte dell’associazione, proprio come alcune canzoni appartengono a chi le intona e lo incoraggiano, mentre sono invise a chi ancora guarda al fascismo. Sarà la ragione per cui mentre eravamo all’opera mi risuonavano nella mente Bella Ciao e Oltre il ponte? Essere Anpi è disponibile nelle sezioni dell’associazione dei partigiani e anche online. Chissà se dopo averlo letto quella suggestione sarà anche la vostra.

 

L’ANPI è Bella Ciao. È il canto che parte spontaneo nelle più diverse occasioni, quello che sappiamo tutti e magari non ricordiamo quando l’abbiamo imparato.
È l’escamotage per i viaggi lunghi in macchina, per far gruppo su un sentiero fra i boschi, attorno ad una tavola dopo il caffè: si canta. E inevitabilmente arriva il turno di Bella Ciao, fosse solo perché appunto la sappiamo tutti.
L’ANPI, si diceva, è quella canzone. E come potrebbe non esserla? È la canzone più popolare, trasversale e intergenerazionale. Tutte cose che l’ANPI è e vuole essere.

In realtà Bella Ciao, come noto, ha una fortuna tutta sua, una fortuna enorme che la rende la canzone italiana più famosa al mondo.

Marzo 2018. Migliaia gli attivisti curdi riuniti festeggiare il Newroz, il tradizionale capodanno persiano (euronews.it)

L’ho ascoltata cantata da una folla immensa in piazza a Diyarbakir per il Newroz, l’ho sentita suonata con la fisarmonica come base waltz alla radio in Finlandia, sparata dalle casse roche di una festa di quartiere nei dintorni di Parigi. È un fenomeno pop, che accompagna la Casa di Carta.
Le canzoni sono di chi le canta.

Il coro delle Mondine di Novi

E anche Bella Ciao è stata cantata in tanti modi, dalla versione “antica” del Coro delle Mondine di Novi all’inserto house di Steve Aoki.
Tutti conosciamo la versione epicizzata dei MCR che è affiancata dalla versione dei Camillas – che i più non hanno mai ascoltato – che quella epicità la destrutturano completamente, rendendolo un imprevedibile canto intimo.

Il video di solidarietà dei vigili del fuoco inglesi ai colleghi italiani suonando e cantando Bella Ciao è stato diffuso su Youtube

Yves Montand e Fabrizio De André, ma anche i pompieri inglesi durante la prima emergenza pandemica in un intenso messaggio di fratellanza ai colleghi italiani oppure ai funerali di Tignous massacrato dagli jihadisti con i suoi colleghi nella redazione di Charlie Hebdo.

In fin dei conti la versatilità di Bella Ciao è dovuta al suo testo adattabile a tante occasioni. Naturalmente è un canto di lotta, ma è anche un canto di sacrificio o più semplicemente e genericamente un canto di libertà.
È innegabilmente anche un canto patriottico e di opposizione ad uno straniero invasore. Ma allora perché mai a chi dell’idea di patria in opposizione al resto del mondo fa uno dei propri fondamenti Bella Ciao non piace? Eppure la destra che si rifà alla storia del fascismo, anche la più estrema, non ha certo vergogna a riciclare idee e parole che provengono da tutt’altra parte.
Basta ricordare gli intellettuali della Nuova Destra e la loro rilettura di Gramsci o, per venire ad ambiti più terra-terra, alle conferenze di CasaPound su Che Guevara e all’invocazione di Forza Nuova di una Resistenza (etnica) e di una Liberazione nazionale (contro la disposizioni sanitarie degli ultimi tempi).
Però quel canto per gli eredi più o meno distanti del fascismo innesca un imperioso riflesso di rifiuto. Si indignano se lo si canta nelle scuole, quando amministrano una realtà locale lo estromettono addirittura dalle celebrazioni della Liberazione.
Il motivo è inconfessabile e allo stesso tempo ineluttabile. Perché quello straniero contro cui si combatte in Bella Ciao ha dei sodali indigeni, attori di secondo piano e gregari collaborazionisti, costretti nella rabbia e nella vergogna a delegare i propri sogni di potenza a qualcun’altro. In Bella Ciao i fascisti non vengono nemmeno citati, non sono loro la testa del mostro, loro sono soltanto uno dei vari strumenti di violenza nella disponibilità dello straniero. Per questo quel canto dal testo per nulla politico riesce tanto indigesto: Bella Ciao mette certi settori della destra estrema di fronte alle proprie radici. E quelle radici sono marce.

L’ANPI è Oltre il ponte, pensiamoci un attimo.
La poesia di Calvino poi musicata da Liberovici è un canto del dopo e del futuro. È un canto che parla di una guerra oramai passata ma il cui obiettivo finale non era militare, era umano. Oltre il ponte che è in mano nemica c’è “tutto il bene del mondo”, c’è “la vita”. Non parla di vittoria, guarda ben avanti: “oltre il fuoco comincia l’amore”.
E nonostante si articoli sul filo della memoria non c’è indugio nella nostalgia.

Se Oltre il ponte non ha avuto la fortuna di Bella Ciao, anche a causa di un testo volutamente più complesso e più alto, è altrettanto vero che non manca in nessun canzoniere sulla Resistenza. Non è un canto di lotta, ma è un canto di valori.
Inizia e poi si chiude, fornendo così una cornice chiarissima, con le speranze di allora di nuovo vive in quel che sperano le nuove generazioni. L’ultima immagine è quella dell’aurora.

Oltre il ponte è l’ANPI perché è il canto della trasmissione valoriale, della memoria senza nostalgie, delle speranze e del domani. È il canto di chi ha ben presente le fondamenta democratiche del nostro Paese, che ne sa raccogliere i principi di convivenza civile scritti in Costituzione, che conosce il proprio dovere di partigianato morale contro autoritarismi di qualsiasi matrice e di opposizione ad ogni violenza.

Nei giorni in cui a tutti i livelli l’ANPI si rinnova, con i congressi nelle mille sezioni, con le tante persone che confermano l’iscrizione o approdano per la prima volta a un impegno fatto di antifascismo e militanza per la democrazia, non possiamo che augurare a noi stessi “buon lavoro”. Un buon lavoro e una buona musica.