Assalti e incendi delle Camere del Lavoro, violenze contro i militanti di sinistra e i sindacalisti, rappresaglie contro la popolazione inerme, violenza e terrore generalizzati. Sono queste le vere radici del fascismo su cui si concentra il libro curato da sei autori (Stefano Catone, Rosaria Dibiase, Francesca Druetti, Amalia Perfetti, Benedetta Rinaldi e Ivan Vaghi) per le edizioni People. Il titolo è Dintorni, antifascismo prima e dopo la marcia su Roma, che fa riferimento esplicito al libro di Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni. Nel nuovo lavoro di People su quegli anni bui, come si legge nel sottotitolo, si parla di antifascismo, anzi di antifascisti, nomi famosi (Matteotti, Gobetti, Turati, Gramsci, Nenni, Lussu, don Minzoni), ma anche meno noti. Una piccola grande antologia che ci restituisce tutte le anime politiche dell’antifascismo, dagli anarchici ai cattolici, passando ovviamente per i liberali, gli azionisti, i socialisti e i comunisti.
In genere nelle ricostruzioni della storia del regime fascista (a parte grandi studi come quello di Gentile o romanzi storici come quello di Scurati) si mette in evidenza l’occupazione del potere da parte di Mussolini, le censure, le violenze, le leggi razziali, la guerra, l’alleanza con i nazisti di Hitler. Si parla meno delle origini, dei fatti apparentemente secondari e slegati che alla fine hanno composto il grande puzzle del fascio. Gli autori di People scelgono quindi di concentrarsi su quei fatti di cronaca raccontati direttamente dai protagonisti (ovviamente utilizzando i documenti della memoria scritta) o da chi quei protagonisti della lotta antifascista ha sostenuto e amato.
La carrellata delle 12 storie parte con il racconto dell’assalto al Narodni dom di Trieste, un edificio polifunzionale culturale, che rappresentava anche simbolicamente la minoranza slovena. L’edificio venne dato alle fiamme dalle squadracce fasciste dopo giorni di tensione in città che erano stati la conseguenza della notizia della morte di due marinai italiani, uccisi dai nazionalisti jugoslavi.
La voce narrante del primo racconto è di Josip Vilfan (o Wilfan, avvocato e politico, rappresentante della battaglia della minoranza slovena contro le chiusure nazionalistiche e le violenze del regime. Eletto in Parlamento nel 1921 tentò in ogni occasione di dialogare con Mussolini, ma ovviamente il tentativo naufragò miseramente e Wilfan fu costretto all’esilio dall’Italia nel ’28.
La seconda scena del film che gli autori di People ci propongono si svolge a Torino. Questa volta l’oggetto delle violenze delle squadracce sono le strutture del sindacato e in particolare la Camera del lavoro, che venne devastata e data alle fiamme nell’aprile del 1921, uno dei tanti episodi della violenza fascista che rispondeva così (reagiva così) al Biennio Rosso. La voce narrante è un militante e sindacalista Francesco Prato che è stato costretto a fuggire dall’Italia a causa del suo impegno antifascista. Nel racconto spicca la figura del fascista Piero Brandimarte, processato per i tanti crimini commessi durante gli anni del regime, ma sempre assolto e salvato. La “calma assoluta” di cui parlava si è tradotta in lutti e tragedie famigliari. Tornato a Torino, nel 1959 Brandimarte venne affrontato per strada dal figlio di un antifascista che aveva aggredito durante la guerra. Ebbene in quell’episodio troviamo tutta la tracotanza di questi ex picchiatori. Il settantenne postfascista trascinò infatti il ragazzo in un commissariato di polizia esigendo “rispetto per un generale in pensione”.
La terza scena si svolge a Roma e in particolare nel quartiere antifascista di San Lorenzo. La storia è ambientata nel dicembre del 1922 e narra delle azioni degli Arditi del Popolo, attivi in tutta Italia prima dell’ascesa di Mussolini al potere erano nati proprio come risposta alle violenze fasciste. Dopo una manifestazione antifascista che si era tenuta in luglio all’interno dell’Orto Botanico, i fascisti organizzarono la reazione e la rappresaglia inviando a Roma da Bologna una squadraccia di centinaia di fascisti che arrivati il 9 novembre allo Scalo di San Lorenzo fecero fuoco contro i ferrovieri. Furono in quel caso gli Arditi del Popolo a organizzare la resistenza contro i fascisti che voleva prendere il controllo del quartiere popolare. A Roma, oltre a San Lorenzo furono tanti i quartieri che organizzarono la resistenza contro le squadre fasciste. Scene analoghe a Testaccio e Trionfale.
La voce narrante in questa storia romana è quella dell’anarchico Enrico Malatesta che fu sempre attivo non solo come organizzatore e militante ma anche come giornalista antifascista con la sua Umanità Nova.
Il quarto capitolo di Dintorni è dedicato ad una figura simbolo dell’antifascismo: Giacomo Matteotti, “Essa è lotta, speranza, è ardente”. Il ritratto di Matteotti, deputato socialista ucciso nel 1924 per le sue continue denunce parlamentari contro Mussolini, viene tratteggiato da Velia Titta, poetessa e romanziera, moglie di Giacomo Matteotti. Il carattere dell’uomo, le sue idee antifasciste, la fermezza delle scelte e il coraggio della sua battaglia emergono dalle lettere tra i due amanti. Interessante nella ricostruzione è l’analisi delle cause che hanno portato Mussolini alla scelta estrema dell’assassinio. Oltre alle sue battaglie e alle denunce delle violenze fasciste emerge dalla ricostruzione la vicenda dell’Affaire Sinclair, la concessione petrolifera rilasciata dal governo fascista alla Sinclair Oil, dietro la quale si celerebbe il pagamento di tangenti a Roma da parte della compagnia petrolifera.
Uno schema simile viene scelto per il ritratto di un altro antifascista storico, Piero Gobetti. Anche in questo caso, nella quinta storia del libro sono un uomo e una donna che si amano a dialogare: Piero Gobetti e Ada Prospero che aveva cominciato a frequentare Gobetti a sedici anni. Ma Ada non fu solo la compagna, quanto piuttosto una protagonista delle scelte antifasciste. Con il marito e il figlio Paolo partecipò infatti alla Resistenza. Passata per il Partito d’Azione Ada Prosperi si iscriverà al Pci nel 1956 e morirà nel 1968. La casa di Piero e Ada, a Torino è oggi la sede del Centro Studi Piero Gobetti.
Il sesto capitolo è dedicato alla storia della fuga del socialista Filippo Turati. In questo caso la voce narrante è di un altro personaggio centrale nella storia della sinistra e della battaglia contro il fascismo: Ferruccio Parri.
Turati, dopo l’assassinio di Matteotti nel ’24 aveva preso parte alla secessione dell’Aventino, ma dopo l’emanazione delle leggi speciali Carlo Rosselli lo convincerà a rifugiarsi in Francia dove sarà ospite di Bruno Buozzi. Nella capitale francese l’impegno antifascista di Turati si manifesterà con il suo impegno nella stampa, ma anche con la partecipazione a vari comizi e alle riunioni dell’Internazionale socialista. Morì a Parigi nel 1932 e le sue ceneri verranno portate in Italia, a Milano, dopo la fine della guerra, nel 1948.
Ferruccio Parri, che qui racconta il socialista Turati, aderirà al Partito d’Azione già dalla sua nascita. Anche Parri partecipò attivamente alla Resistenza con ruoli di primo piano. Lo ricordiamo come presidente del Consiglio del primo governo dell’Italia libera.
Nel libro di People si parla anche di Africa e in particolare di Libia. Il racconto della battaglia di resistenza contro il colonialismo italiano fascista è affidato a Omar al-Mukhtar, che fu protagonista della resistenza all’invasione italiana. Venne ferito e catturato l’11 settembre del 1931 e poi sottoposto ad un processo farsa che lo condannò a morte: venne impiccato il 16 settembre nel campo di concentramento di Soluch. Oggi è considerato un eroe nazionale libico. Nel 1980 gli è stato dedicato anche un film, “Il leone del deserto”, protagonista Anthony Quinn.
L’ottava storia è dedicata a Emilio Lussu, che con il suo libro sulla marcia su Roma ha ispirato il lavoro degli autori di People. Nelle parole di Lussu (autore tra l’altro di Un anno sull’altipiano) il ricordo della battaglia contro il nazifascismo nella interlocuzione con Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, nota al grande pubblico come Joyce Lussu, metà italiana e metà inglese. Anch’essa poetessa, scrittrice, traduttrice, impegnata in politica nel movimento Giustizia e Libertà nel quale entrò negli anni Trenta. Durante la Resistenza divenne partigiana distinguendosi in varie azioni che le fruttarono anche la Medaglia d’argento al valor militare. Il rapporto tra lei e Lussu nacque nel ’38 a Parigi. I due si sposeranno in forma laica. Nel capitolo dedicato a Lussu si usa ovviamente come fonte la sua Marcia su Roma e dintorni.
Nel libro sugli antifascisti, come abbiamo già detto all’inizio di questo articolo, non si parla solo dei grandi personaggi e dei nomi più noti. L’interesse di questa pubblicazione sta piuttosto nello scavo delle storie che riportano in luce personaggi apparentemente minori o comunque meno famosi. Il nono capitolo, per esempio, è dedicato a Ferruccio Chinaglia, socialista, attivissimo durante il Biennio Rosso nel sostenere le lotte e gli scioperi operai. Spostatosi progressivamente verso le idee comuniste della Terza Internazionale, al Congresso di Livorno scelse di aderire al nuovo Partito Comunista d’Italia nato dalla scissione con i socialisti. Fu uno dei martiri della violenza fascista. Venne ucciso il 21 aprile del 1921 per mano di un manipolo di fascisti pavesi che non furono mai condannati.
Da un nome poco noto come quello di Chinaglia a un nome grande: Antonio Gramsci. Il fondatore del Partito comunista viene raccontato, attraverso le lettere, da Tatiana Schucht, sorella della moglie Julca di Gramsci.
Di origine russa Tatiana fu una donna che amò profondamente il cognato e che non lo abbandonò mai. Gli fu vicina costantemente anche durante i durissimi anni del carcere fascista che portò alla morte dei grande dirigente e del grande intellettuale Antonio Gramsci che morì nella clinica romana Quisisana. Di lui Mussolini aveva detto: “Bisogna impedire a quel cervello di funzionare”. Gramsci, detto per inciso, era stato uno dei pochi dirigenti di sinistra a capire sin dall’inizio la vera natura del fascismo.
Un altro nome meno noto, ma che ebbe un ruolo importante nella battaglia contro il fascismo, è quello di Virgilio Ferrari, medico, socialista, sindaco di Milano dal 1951 al 1961. Venne arrestato nel 1931 accusato di aver favorito la fuga in Francia di Filippo Turati. Per questo gli toccò anche il confino. Nel novembre del 1944, durante un rastrellamento delle brigate nere, venne internato nel carcere di San Vittore e poi trasferito nel campo di concentramento di Bolzano. Nel racconto di Ferrari emergono le figure di due dirigenti storici, protagoniste della lotta antifascista: Filippo Turati e Pietro Nenni.
L’ultima storia, l’ultima scena di questa bella carrellata, è dedicata alla resistenza dei cattolici. Nella “sera d’agosto” si parla infatti di don Giovanni Minzoni, che si schierò da subito contro il fascismo che ha combattuto attivamente con gli strumenti a sua disposizione, facendosi promotore di svariate iniziative sociale.
La voce narrante in questo caso è di una persona che lo conosceva molto bene: Enrico Bondanelli, elettricista, braccio destro operativo di don Minzoni, aggredito dai fascisti nell’agosto del 23 agosto 1923, giorno della morte del sacerdote. Quella sera, intorno alle 22,30, mentre stava rientrando in canonica in compagnia del giovane parrocchiano Enrico Bondanelli, Minzoni è aggredito da due squadristi di Casumaro, Giorgio Molinari e Vittore Casoni, facenti capo al futuro Console della milizia Italo Balbo: il sacerdote che dava fastidio alle camicie nere fu da costoro colpito alle spalle con sassi e bastoni con una violenza tale da provocargli la frattura delle ossa del cranio.
Pubblicato domenica 23 Aprile 2023
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