“Errò qui e là. Andò per mari e monti, poi si guardò indietro. Aveva percorso la distanza di un chicco d’orzo” recita ad un certo punto Sema, una dei protagonisti di questo luminoso romanzo ambientato ad Istanbul. La casa sul Bosforo – appena pubblicato da Fandango libri – di Pinar Selek, è un racconto pieno di poesia e di dolore, ci sono partenze e ritorni, storie di vita e di riscatto, di nobiltà d’animo e con tanti personaggi umili ma ricchi di dignità e coraggio. È il ritratto d’amore nei confronti di un quartiere di Istanbul, Yedikule – che in passato portava il nome armeno di Imrahor – scrigno di tante storie e custode di segreti che l’autrice ci regala dal suo esilio parigino. Ad ogni pagina sembra di percorrerne le strade e sentirne gli odori: la storia è ambientata nell’arco di vent’anni e parte dal colpo di Stato dei generali nel 1980.
C’è la giovane studentessa rivoluzionaria Elif e il musicista Hasan, c’è la bella Sema che vorrebbe continuare a studiare ma è molto povera, c’è il curdo Salih, apprendista falegname di un vecchio armeno. Nonostante la repressione e le difficoltà per sbarcare il lunario si assiste alle vite di personaggi tutti diversi e con appassionanti storie personali. Si parla di minoranze – la repressione nei confronti dei curdi, il pogrom contro i greci del 1955 e il genocidio degli armeni – e di scelte di vita, ci si emoziona e si partecipa al destino dei personaggi. «Le strade di alcuni si separano, quelle di altri si congiungono, ombrose o soleggiate, sinuose o lineari. A ogni passo, numerose scelte vengono offerte ai viaggiatori. Alcuni le vedono, altri no. “L’acqua troverà la sua strada!”, dicevano».
Protagonista è la briosa società turca con le mille sfaccettature che la repressione non riesce a cancellare, ci sono personaggi femminili molto forti e combattivi, c’è la musica tradizionale, ci sono i gatti, la lettura dei fondi di caffè, i pettegolezzi e la solidarietà.
I ricordi di infanzia e giovinezza dell’autrice in questo romanzo vengono trattati come una fiaba e mescolati con i riferimenti storici. Il libro è molto gradevole e si legge tutto d’un fiato. Emergono frammenti della notte del colpo di Stato del 1980 in Turchia, uno dei personaggi, bambino all’epoca – dopo essere stato colpito dal calcio di un fucile – ricorda le parole sussurrate di suo padre mentre viene portato in carcere dai militari: «Fiko, i militari hanno preso il potere. Non so quanto durerà. Non devi aver paura […] Non ti parlo solo da padre. Non siamo sconfitti. Resisteremo fino alla fine… Sii forte figlio mio. E soprattutto continua ad andare a scuola».
Pinar Selek, sociologa, oggi ha la nazionalità francese e insegna Scienze politiche all’Università di Nizza. Vive in esilio dal 2009. Figlia di Alp Selek, avvocato che ha passato quattro anni e mezzo in carcere dopo il colpo di Stato del 12 settembre 1980 e nipote di Cemal Hakki Selek, uno dei fondatori del Tip, il Partito dei lavoratori della Turchia, il primo partito socialista ad entrare nel parlamento di Ankara. Selek ha grande competenza nel narrare tutte le diversità e le componenti della società turca, si è dedicata infatti presto allo studio dei gruppi oppressi in Turchia tra cui anche la condizione di prostitute, omosessuali e transessuali. Anche lei come suo padre ha conosciuto il carcere: viene arrestata nel 1998 e accusata di complicità con il Pkk a causa dei suoi studi e del suo impegno nella società civile. In carcere viene torturata affinché confessi i nomi dei suoi contatti. Resiste e in prigione viene a sapere di essere accusata anche di terrorismo. Malgrado l’annullamento della condanna e le numerose assoluzioni, l’accanimento politico e giudiziario continua, così è costretta a scegliere l’esilio.
Questo suo romanzo, nonostante citi episodi drammatici della storia turca, è un inno al coraggio e alla resistenza, è una fiaba utopista e parla della solidarietà tra persone.
Antonella De Biasi, una giornalista professionista freelance. È stata redattrice del settimanale La Rinascita. Ha scritto La Spa nell’orto (Ultra – Castelvecchi 2014) e curato il vademecum Il mio nome è ROM. Tutto ciò che devi sapere per non chiamarli “zingari”, con il contributo del programma “Fundamental Rights and Citizenship” dell’Unione Europea
Pubblicato mercoledì 1 Agosto 2018
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