Sugli scaffali delle nostre librerie non mancano certo volumi sulla Mafia e sull’Antimafia. Di molti si farebbe volentieri a meno. Non è il caso di questo nuovo e particolare lavoro di Don Giacomo Panizza – giunto alla terza ristampa – “La mafia sul collo” con un sottotitolo che è già un programma: L’impegno della Chiesa per la legalità nella pastorale. Bisogna arrivare a pagina 91, delle 144 che compongono il libro, per comprenderne il vero significato: “Dalla gente comune e dai mass media veniamo etichettati “preti antimafia”, ritrovandoci addosso involontariamente questo identikit riduttivo e distorcente la misura della vocazione. Spieghiamo che non siamo preti antimafia ma che è la mafia ad essere “antipreti”, che come tutti gli altri siamo preti per il Vangelo e abbiamo tantissimo da fare per riuscire a predicarlo.”
Non pensava certamente di diventare un simbolo Don Giacomo quando quasi 40 anni fa decise di trasferirsi da Brescia in Calabria nella difficile realtà di Lamezia Terme. Ne è passato di tempo e, suo malgrado, un simbolo e un riferimento lo è diventato davvero. Ma non perché voleva fare delle cose eccezionali, ma perché nella normalità della vita ha incontrato, come egli stesso spiega, “individui, famiglie intere finite per assoggettarsi alle norme dettate dai mafiosi e a conformarsi al punto che, dentro o fuori del clan, le filosofie di vita si eguagliano”. E in questa realtà che Don Giacomo Panizza ha iniziato a lavorare alla costruzione della Comunità Progetto Sud, scontrandosi con difficoltà di ogni tipo sino agli attentati – anche in tempi recentissimi –, alle minacce di morte e al vivere sotto scorta. C’è tutto questo nel libro, ma c’è soprattutto una lunga riflessione sul ruolo che la Chiesa ha avuto e deve ancora avere. Senza fare sconti per le tante distrazioni. Ammettendo la propria delusione, a proposito del documento base del decennio 2010-2020 Educare alla vita buona del Vangelo, con la domanda esplicita: “Non sarà altrettanto ragionevole e saggio educare per la legalità anche mettendosi contro le ingiustizie e le illegalità quotidiane, contro le sopraffazioni e le macroscopiche strutture di peccato.”
Ragionamenti e riflessioni importanti, per nulla scontati in una realtà dove ancora si fanno gli inchini ai boss nelle processioni nonostante i forti richiami e le scomuniche del nuovo Papa contro le mafie. Sta nel coraggio di parlare chiaro il valore di questo libro. Nelle parole di Don Giacomo che vorremmo sentire non solo da tutta la Chiesa ma anche da tanta parte della politica. Nemmeno i mass media con il loro linguaggio approssimativo vengono risparmiati: “Non si può sempre tacere la reiterazione di notizie che inquadrano il Sud con lanci di notizie parziali e sempre uguali, facendolo risaltare come una macchietta di mafie e pizze, di dieta mediterranea e variopinte inferiorità.”
Da sottoscrivere per intero alcune pagine. Per esempio come non condividere e rendere un modo di agire la chiara presa di distanza dalle logiche parolaie: “Il problema non sta nei contenuti dei documenti, bensì nella produzione di documenti belli sulla carta ma purtroppo estranei a convinti disegni pastorali di cambiamento, per cui essi non illuminano le coscienze e non generano atti e stili di vita significativi ed efficaci per la Chiesa e la storia. La legalità, infatti, non è un concetto ma un dato che esiste solo quando ci si mette in gioco”. Leggendo il libro c’è da credere che molto difficilmente Don Giacomo smetterà di combattere e mettersi in gioco.
Mario Vallone, Presidente ANPI Catanzaro
Pubblicato venerdì 16 Ottobre 2015
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