Se vuoi la pace prepara la pace scrive nell’omonimo libro Moreno Biagioni – classe 1942, impegnato da sempre nel movimento antirazzista, antifascista e pacifista di Firenze – riprendendo il titolo di un ciclo di convegni promossi negli anni 80 dal compianto padre Balducci parafrasando al contrario la nefasta locuzione latina Si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace, prepara la guerra. Frase utilizzata come sistema di equilibrio nelle relazioni internazionali per legittimare il principio della deterrenza o la costituzione di un apparato militare pari a quello del nemico, reale o potenziale che sia. E oggi rispolverato in Europa con “ReArm Europe” o “Readiness 2030”, aggiungiamo.

Bruxelles, 20 marzo 2025. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, presidente Commissione Europea (Imagoeconomica, via governo)

“Il problema della difficoltà dei movimenti e delle esperienze solidali a misurarsi con chi la politica la fa per professione e con le istituzioni in cui si compiono le scelte relative agli armamenti, alla pace e alla guerra, viene da lontano”, analizza Biagioni nell’agile volume edito da Multimage, l’associazione editoriale messa in moto dal Movimento Umanista con l’obiettivo di dare spazio alla cultura umanista.

Pietro Ingrao (Imagoeconomica, Carlo Carino)

“Per non andare troppo indietro nel tempo – continua Biagioni – ricordo che al Social Forum Europeo del 2002 a Firenze, (…) Pietro Ingrao – partigiano, a lungo direttore de l’Unità e presidente della Camera durante il rapimento Moro – pose la necessità urgente di affrontare la questione perché soltanto così le imponenti manifestazioni per pace che si stavano sviluppando in tutto il mondo avrebbero prodotto davvero dei risultati positivi”, spiega l’esponente pacifista del capoluogo della Toscana, dove alla fine del Social Forum vi fu una grande manifestazione che vide la partecipazione di oltre un milione di persone. E che negli anni Cinquanta vide una forte presenza di “partigiani per la pace”.

Era il 15 febbraio 2003 quando il movimento pacifista sfilò in ben 793 città in tutto il mondo

Era il febbraio 2003 quando, dopo una formidabile manifestazione globale contro la guerra in Iraq, il New York Times definì il movimento la “seconda potenza mondiale”. In seguito però il movimento defluì rapidamente. Oggi “con una situazione mondiale e italiana gravissima, con le guerre che continuano a imperversare in più parti del mondo (in Ucraina e in Palestina quelle più vicine a noi – dove c’è il rischio che si giunga a usare anche armi atomiche), con la crisi climatica e misure inefficaci per arginarla, con personaggi pericolosi come Trump e Putin al governo di due grandi potenze, con il successo di fascismi vecchi e nuovi (magari con nomi diversi) in vari Paesi d’Europa e con il venir meno della speranza in un futuro diverso” parola d’ordine è “Restare umani”.

Vittorio Arrigoni

Quel Restare Umani pronunciato dall’attivista Vittorio Arrigoni prima di essere ucciso nel 2011 in Palestina che significa “discutere delle prospettive che si aprono facendo tacere le armi”, “rifiutare qualsiasi complicità con chi, come il governo israeliano, manifesta ogni giorno la propria disumanità”, significa “recuperare obiettivi, che al momento appaiono pura utopia” chiosa Biagioni nelle pagine di un testo che diviene strategia operativa del movimento.

Una nave incagliata sulla sabbia del Lago d’Aral senza più acqua

“La situazione è talmente grave – afferma ancora – che la mobilitazione dovrebbe svilupparsi attraverso gruppi, collettivi, comitati che si formano a livello di base – nei paesi, nei villaggi, nei quartieri – con il compito di agire nei confronti delle istituzioni, ma anche di organizzarsi di fronte ai problemi derivanti dalla crisi climatico-ambientale che si porranno sempre di più e che incideranno sulla vita di ogni giorno” .

Migranti salvati da Medici Senza Frontiere (Imagoeconomica, Sara Minelli)

Condurre lotte, cambiare i propri comportamenti, come per esempio quelli legati alla mobilità lasciando prevalere i mezzi collettivi rispetto all’uso individuale delle automobili, restituendo senso e valore alla parola “comunità”. Quella stessa comunità che si è riempita di significato nei territori solidali. “L’Italia che sogniamo e che vogliamo – aggiunge Biagioni nel volume che è indicazione politica ed esortazione etica rivolta ai singoli e alla collettività – è l’Italia che accoglie il profugo, lo straniero perseguitato, disperato, costretto all’emigrazione da guerre e disastri ambientali, da un’economia globale escludente e punitiva con i più deboli. Un Paese aperto al mondo, accogliente, multiculturale”.

Mimmo Lucano (Imagoeconomica, Alberto Lo Bianco)

A dare concretezza a questa affermazione di inclusione e all’articolo 10 della Costituzione fu il sindaco di Riace Mimmo Lucano – attualmente europarlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra – che di recente ha visto l’assoluzione definitiva per i reati che lo avevano condannato in primo grado a oltre 13 anni per associazione a delinquere nell’accoglienza di persone migranti nel comune calabrese. Resta invece una condanna per falso a 18 mesi di reclusione con pena sospesa.

Scorcio di Caulonia

Non solo Riace ma, sempre in Calabria, anche Caulonia, paesi rivitalizzati dalla presenza dei migranti, dove “si sono intrecciati aspetti diversi: la tutela dell’ambiente, la cura di zone agricole e boschive, il restauro e la ristrutturazione di agglomerati in via di abbandono, il recupero di mestieri tradizionali, lo sviluppo di percorsi che, attraverso il confronto, hanno coinvolto insieme nativi e migranti” spiega il pacifista. In una dimostrazione di passione, impegno e di amministrare “restando umani”. “Non si è trattato, quindi, di interventi di pura accoglienza, assistenziali e destinati a concludersi in periodi più o meno brevi, ma di progetti complessivi che impegnano l’ente locale e l’intera comunità e che proseguono nel tempo”, chiosa, spiegando cosa si intende per territori solidali e di cosa significhi mettere in pratica una visione che spesso è condivisa, ma che troppo spesso resta invece solo un’idea.

Un comizio di Rosa Luxemburg che si battè contro i crediti di guerra votati anche dai socialdemocratici tedeschi

E poi la storia della pace e dei pacifismi attraverso i secoli, da Siddhartha al movimento operaio e socialista, passando per Gandhi, Rosa Luxemburg e al movimento di Resistenza al nazifascismo, la lotta al nucleare e il suo disarmo, le canzoni contro la guerra, ne fanno un prontuario necessario, urgente, essenziale per orientarsi e agire. E comprendere che la pace si prepara solo con la pace, “che è il presupposto e il frutto dell’indispensabile azione per trasformare in profondità il mondo”.

Mariangela Di Marco, giornalista