Nel 1993 venne pubblicato un saggio del sociologo statunitense Roberto Putnam, La tradizione civica delle regioni italiane, dedicato all’esame del raccordo tra le reti civiche, i meccanismi di socializzazione e le forme della partecipazione all’interno della società civile italiana. Pur con le ingenuità derivanti dall’approccio classificatorio e quantitativo, tipico di una certa sociologia di oltreoceano, l’autore stabiliva un convincente nesso di causalità tra la solidità e il radicamento delle reti associative e la diffusione dello spirito civico, richiamando l’attenzione sul carattere esemplare, in questo senso, delle esperienze maturate in alcune parti del Centro Italia, coincidenti in larga misura con le regioni amministrate dai partiti di sinistra, nonché sulla distanza da altre aree della Penisola.

Nei 26 anni che separano quella analisi dai nostri giorni, molta acqua è passata sotto i ponti, e la stessa continuità dei processi di aggregazione della società civile attorno alla rete della cooperazione, del volontariato e dell’associazionismo è stata sottoposta a una crescente pressione da trasformazioni economiche e sociali che hanno fatto emergere, tra l’altro, culture e comportamenti ispirati all’individualismo più esasperato e a una visione identitaria che percepisce come una minaccia qualsiasi diversità e qualsiasi contaminazione.

L’Anpi Oltrarno negli anni 60 a un corteo della Liberazione. Tra le foto a corredo del volume

Non c’è dubbio che questi sommovimenti, da tempo avvertiti, ma sovente sottovalutati nella loro portata, abbiano segnato una distanza abissale da un certo modello di aggregazione, e ne abbiano anche palesato le insufficienze; ma al tempo stesso la necessaria riconsiderazione di vicende che costituiscono una parte importante della storia del nostro paese, deve rifuggire da qualsiasi tentazione liquidatoria e saper discernere e salvaguardare, nel giudizio autocritico, quel nucleo essenziale  di valori, comportamenti e progetti, efficacemente compendiati nella Costituzione, che, anche per il tramite dell’associazionismo, hanno costituito in molte realtà gli assi portanti della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, presupposto irrinunciabile della vitalità di ogni ordinamento democratico.

La targa in pietra a. civico 19 di via Sant’Agostino a Firenze

Per questi aspetti, la Toscana si presenta come una realtà emblematica, per l’estensione e il radicamento di una variegata rete associativa che ha costituito, negli anni della Repubblica, un notevole fattore di crescita materiale e culturale per l’intera regione, nel segno di una forte coesione sociale: in questo quadro d’insieme,  si può collocare la documentata ricerca che Carmelo Albanese, storico e collaboratore dell’Istituto storico  toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, ha dedicata alla storia di una sezione dell’Anpi di un quartiere popolare di Firenze – Carmelo Albanese, Storia dell’Anpi dell’Oltrarno: associazionismo popolare e memoria della Resistenza a Firenze, Firenze, 2017 – ripercorrendo le tappe cruciali di una vicenda che copre un arco temporale di oltre sessant’anni, dalla fondazione della sezione Oltrarno, in una data che differenti testimonianze collocano tra il 1947 e il 1948, al rinnovamento organizzativo del 2010, con il passaggio dal  gruppo dirigente di estrazione partigiana a una nuova generazione di iscritti.

L’autore Carmelo Albanese (da https://pbs.twimg.com/profile_images/ 669469499138154505/2Wfi_xwx_ 400×400.jpg)

Muovendosi nella dimensione di quella che un tempo si sarebbe definita “microstoria”, ovvero di una narrazione che muove da un punto di vista peculiare senza però esaurirsi in esso, il volume di Carmelo Albanese sfugge al duplice rischio di una narrazione puramente localista e di una ricostruzione apologetica, per focalizzarsi sui passaggi fondamentali e sulle figure più rappresentative di una vicenda pluridecennale e, fin dalle prime battute, inquadra la storia particolare in quella più generale, ricordando, tra l’altro, come l’Anpi, nata 75 anni or sono all’indomani della Liberazione di Roma, mentre era ancora in corso la guerra nell’Italia occupata, sin da subito sia stata oggetto della diffidenza e delle paure delle forze conservatrici, impegnate a diffondere l’idea di un’Associazione sorta come copertura di una organizzazione paramilitare collegata ai partiti di sinistra: una lettura distorta della realtà, ma che negli anni dei governi centristi servì a legittimare la persecuzione dei partigiani, in parallelo con il riassorbimento negli apparati di sicurezza degli ex fascisti, e con il più generale cambio di passo tradottosi nella presa di distanza, da parte delle forze politiche alla guida del Paese, dagli ideali della Resistenza, ormai incompatibili con le logiche di schieramento affermatesi nel segno della guerra fredda e della divisione del mondo in due blocchi contrapposti.

Mario Scelba, presidente del Consiglio dal 10 febbraio 1954 al 6 luglio 1955 e ministro degli Interni dal 2 febbraio 1947 al 7 luglio 1953 e poi dal 26 luglio 1960 al 21 febbraio 1962. Il primo provvedimento da titolare del Viminale fu quello estromettere dal corpo di polizia i partigiani

Pur non certo impermeabile alle divisioni del momento, l’Anpi in realtà assolse a tutt’altre funzioni: sorta come associazione combattentistica, agì, semmai, soprattutto nei primi anni di vita, come fattore di equilibrio e di contenimento delle posizioni più estreme, impegnandosi in numerosi casi a ricondurre nell’alveo della legalità le manifestazioni di malcontento dei non pochi partigiani che nel volgere di pochi anni si erano visti con sconcerto passare da liberatori a perseguitati dalla repressione scelbiana. In queste difficili condizioni, spiega quindi l’autore, l’Associazione assolse inoltre a due essenziali compiti statutari: da un lato di tutela e diffusione della memoria storica della Resistenza, operando nei primi anni di vita repubblicana su un terreno intenzionalmente abbandonato, come si è detto, dalle forze di governo; dall’altro svolgendo la funzione di un vero e proprio istituto di patronato, per agevolare la non facile reintegrazione dei combattenti nella vita civile, fornire assistenza alle famiglie dei Caduti, e dare a coloro che ne avessero bisogno supporto nei non sempre facili rapporti con la pubblica amministrazione.

In una delle foto d’epoca proposte nel volume: Fernando Borghesi, il primo da sinistra; Salvatore Burrini, al centro, al bar della Casa del Popolo “F. Ferrucci” negli anni 60

A questi compiti si dedica con impegno anche la sezione Oltrarno, guidata in questa prima fase da Fernando Borghesi, imbianchino verniciatore comunista, autodidatta, più volte incarcerato durante il regime, gappista a Firenze, poi organizzatore della Resistenza nel modenese e successivamente volontario nella divisione “Legnano” del ricostituito Esercito italiano.

Nella fase “costituente”, l’impegno della sezione si rivolge in primo luogo alla diffusione della memoria storica della Resistenza come secondo Risorgimento, lungo un asse interpretativo molto frequentato, all’epoca, dall’associazionismo partigiano, in quanto consentiva di sottolineare il carattere nazionale e quindi unitario della lotta di Liberazione e il suo legame ideale con la tradizione democratica ottocentesca, e in particolare, con il volontariato garibaldino: una lettura alimentata dalla memoria dei Caduti e in particolare da quella di Aligi Barducci, il mitico comandante Potente, ucciso nei giorni della battaglia per la Liberazione di Firenze. Dall’altra parte, però, l’adempimento dei compiti “statutari” procede di pari passo con l’integrazione della sezione nel tessuto organizzativo di un associazionismo assai articolato e fiorente nei quartieri popolari d’Oltrarno, e con la partecipazione a diverse iniziative di carattere politico e sociale.

Bruno Benotti, Aligi Barducci “Potente”. Opera riprodotta nel libro

Emblematico, in proposito, è il coinvolgimento dell’Anpi, insieme ad altre realtà, nella lotta per impedire, all’inizio degli anni 50, lo sfratto delle Case del Popolo ad opera dei governo centristi, che rivendicavano i relativi immobili al demanio, in quanto già di proprietà del disciolto Partito fascista, senza tenere conto che spesso si trattava di beni che l’offensiva squadrista degli anni 20 aveva tolto con la violenza ai partiti e ai sindacati operai, e che fin da allora avevano costituito un fattore essenziale di aggregazione democratica.

Anche negli anni successivi, la sezione prende attivamente parte alla vita del quartiere, e condivide con le altre associazioni varie iniziative, rivolgendo una particolare attenzione alle trasformazioni nella composizione sociale di un’area sottoposta a forti e profondi mutamenti, soprattutto negli anni del miracolo economico. Si tratta indubbiamente di una peculiare inclinazione di questa Anpi di quartiere che tende a farsi carico anche di problematiche che esulano dai compiti istituzionali e guardano più che altro al radicamento nella realtà territoriale: un approccio che subirà una ulteriore accentuazione con la fine degli anni 80 e l’inizio “della crisi delle forme organizzate della politica nel contesto di un complessivo degrado della vita pubblica”, quando l’Anpi Oltrarno articolerà ulteriormente i legami con le altre associazioni presenti sul territorio.

Dal libro: Enio Sardelli, al centro. Foto, 1946 circa

Al tempo stesso, sotto la direzione di Enio Sardelli, il partigiano “Fuoco” che, dopo la Liberazione di Firenze, come Borghesi, si era arruolato volontario nella divisione “Friuli” dei Gruppi di combattimento, prendendo parte alle operazioni di sfondamento della linea gotica e alla Liberazione di Bologna, la sezione metterà mano, a partire dagli anni 80, al tema del necessario ricambio generazionale, anticipando per questo aspetto le decisioni del XIV Congresso nazionale del 2006, e promuovendo l’attivazione e il coinvolgimento delle nuove generazioni in un contesto di complessivo rilancio organizzativo mirante a consolidare ulteriormente la propria presenza sul territorio. Un aspetto di questa politica, messo in rilievo dall’autore, riguarda il ricorso al tesseramento onorario, come canale di raccordo con gli esponenti della società civile e delle istituzioni distintisi per il particolare impegno morale, civile e politico e per una particolare sensibilità nei confronti dei valori promossi dall’Associazione. Una politica, peraltro, condivisa anche a livello cittadino se si considera che, nell’archivio dell’Anpi nazionale, attualmente in fase di riordino, sono conservate pergamene rilasciate dall’Associazione in occasione dell’assegnazione della tessera onoraria ad alcuni istituti ospedalieri fiorentini, in ricordo dell’opera svolta per la cura dei combattenti nei giorni della clandestinità e dell’insurrezione della città.

Volantino per la commemorazione dei Martiri di piazza Tasso, 1993. Riproduzione nel libro (dall’Archivio storico della sezione Oltrarno)

Al rinnovamento organizzativo fa riscontro anche un rinnovato impegno sui temi della memoria, peraltro mai dismesso se si considerano le numerose iniziative in ricordo di importanti eventi della guerra di Liberazione che coinvolgevano direttamente il territorio di riferimento, dall’eccidio del 17 luglio 1944 in piazza Tasso, alla morte di Potente, l’8 agosto, in piazza Santo Spirito, alla tragica fine del gappista Bruno Fanciullacci, Medaglia d’Oro al Valor Militare. Su tutti questi episodi non ci si imita alle celebrazioni, ma si svolgono momenti di approfondimento e di dibattito articolati in diverse iniziative, dalle conferenze, ai concerti, alle rappresentazioni teatrali, ai documentari, prodotti direttamente per iniziativa della sezione stessa, con il coinvolgimento di una pluralità di soggetti: studenti e docenti delle scuole e delle università, scrittori e artisti, ma anche enti locali, enti cooperativi e istituzioni culturali. Da segnalare, a questo proposito, la collaborazione con la Biblioteca popolare “Isolotto-Monticelli”, che darà vita a una Sezione di documentazione sulla Resistenza, poi confluita, conclusasi l’esperienza della Biblioteca popolare, nel Centro di documentazione della Sezione Oltrarno, nel quale sono conservati i documenti sui quali si è basato anche il lavoro di Carmelo Albanese.

A fianco di questa intensa attività culturale, prosegue il processo che, scrive l’autore, “conduce l’Anpi a dismettere i panni di mera associazione reducistica per divenire soggetto politicamente e socialmente attivo nella difesa dei valori di libertà, eguaglianza e democrazia nati dalla Resistenza”, assumendo un ruolo che, se da un lato approfondisce il legame con il territorio, dall’altro non manca di affrontare i grandi temi che, sul crinale di fine secolo, si dibattono nel paese: la crisi delle rappresentanze politiche tradizionali e il degrado della vita pubblica, emersa con particolare drammaticità negli anni di Tangentopoli, e la nascita del “berlusconismo” come cemento politico di una nuova destra fortemente motivata a fare della delegittimazione della Costituzione e della sua matrice resistenziale l’elemento centrale di una strategia tendente ad affermare la propria egemonia nella società, strategia che peraltro non mancherà di trovare qualche eco a sinistra.

Anche per arginare queste tendenze, in questa fase si moltiplicano le prese di posizione e le iniziative della sezione Anpi Oltrarno in difesa della Costituzione e del patrimonio etico, civile e politico costituito dalla memoria della Resistenza, caratterizzate, come ricorda l’autore, a contrastare la crescente disaffezione alla politica soprattutto da parte delle giovani generazioni, in un quadro di difesa dell’autonomia dell’Anpi che porta la sezione stessa, nota Albanese, a differenziarsi, sia pure in modo sfumato, dalle scelte della struttura cittadina che, in occasione del XIV Congresso provinciale, nel febbraio 1996, aveva adottato una posizione di affiancamento dell’alleanza di centro sinistra che si andava costituendo e che sarebbe stata protagonista delle elezioni politiche di quello stesso anno.

È peraltro all’insegna di una linea di continuità nella difesa dei valori della Costituzione e della sua matrice resistenziale che si compie il passaggio dal gruppo dirigente proveniente dalle fila del movimento di Liberazione alle nuove generazioni. Nel 2006 Enio Sardelli, tiene a battesimo la collana editoriale dell’Anpi Oltrarno con la pubblicazione di un suo racconto: Cavallo. Breve vita e morte di un ragazzo con tanto ingegno e tanto cuore. Ottobre 1943/marzo 1946; si spegne due anni dopo, il 28 aprile 2008. Gli era già succeduta, alla guida della sezione, l’ultima presidente partigiana, Liliana Benvenuti “Angela”. Nel 2010, con l’elezione di un nuovo direttivo composto interamente da antifascisti che, per motivi di età, non hanno partecipato alla Resistenza, si compie il passaggio delle consegne da una generazione all’altra, secondo una linea di continuità che, come conclude l’autore, apre una nuova pagina per una storia ancora da scrivere.