“Comandante Andrea, partigiano sempre” non è un libro su Giuseppino Antonini ma un libro di Giuseppino Antonini, per riprendere le parole del curatore di questo volume, il nipote Filippo. Il libro infatti è composto da interviste, documenti e scritti del comandante Andrea.
Chi lo abbia conosciuto direttamente già lo sa, ma chi entrerà in contatto con lui attraverso le pagine di questo bel volume, si renderà subito conto di avere a che fare con una persona che ha dato un contributo concreto alla rinascita del Paese dopo la tragedia nazi-fascista, e alla edificazione della Repubblica italiana.
Beppe – è così che l’ho conosciuto nei primi anni Novanta ed è così che l’ho sempre salutato ed è solo scrivendo questa recensione che ho scoperto si chiamasse Giuseppino – nacque a S. Giuliano di Pisa nel 1920. Il padre, nativo delle Marche, dove prese parte ai moti della “Settimana Rossa” del 1912, poi si trasferì a Pontedera.
Il primo posto di lavoro di un giovanissimo Beppe fu alla Piaggio e il padre gli aveva già insegnato molto di quello che c’era da sapere della lotta di classe. Fin da piccolo Beppe conobbe la durezza della repressione fascista. Il padre, ogni volta che Mussolini o il re transitavano dalle parti di Pisa veniva chiuso il carcere, e spesso i fascisti facevano irruzione con la prepotenza in casa minacciando anche le sorelle del piccolo Beppe.
Fin dal 1937 è membro del movimento clandestino operaio nella stessa Piaggio. Poi il trasferimento a Viareggio con la famiglia. Membro del Pci, è militare in Jugoslavia. Durante il periodo militare riuscì, insieme ad altri, a costruire una organizzazione antifascista all’interno dell’esercito. Venne arrestato per attività comunista e rilasciato dopo il 25 luglio del 1943. Era di stanza a Bologna. Decise di rientrare a Viareggio. Appena arrivato, prese contatti con gli altri antifascisti della città fra i quali Breschi, Raggiunti, Marcucci, Di Giorgio e tanti altri e iniziò la sua storia da partigiano.
Sfogliare le pagine del volume a lui dedicato è ripercorrere il filo di un evento cruciale del Novecento per la nostra nazione. Beppe nei suoi scritti lo fa sempre in modo leggero, mai pedante. Mai con altezzosità. La sua impostazione politica e personale è costantemente rivolta ai giovani. Saranno loro le nuove classi dirigenti del Paese e debbono sapere la verità, diceva spesso. La sua è un’azione politica e di memoria che si sviluppa giorno dopo giorno. Mai stanco, mai avvilito. Va nelle scuole di Viareggio e della Versilia a parlare con i ragazzi di quella che fu la Resistenza e dei valori che la permearono e che sono racchiusi nella nostra Costituzione. Risponde con serietà ma con il sorriso sulle labbra alle loro domande, spesso ingenuamente argute. Suscita in loro la voglia di approfondire quella vicenda che è alla base del nostro assetto repubblicano.
Il suo è un antifascismo non da parata. È un modo di vivere e di concepire la politica e la propria esistenza. Dal volume emerge appieno anche la sua umanità. Quell’umanità che chi lo abbia conosciuto non può non aver colto. Gentile e raffinato nell’esporre le proprie ragioni. Non ha mai prevaricato o messo a tacere con l’arroganza neppure gli avversari politici. Dialettico e disponibile al confronto. Lo ricordo nella sua orgogliosa militanza da presidente dell’ANPI Versilia, carica che ha ricoperto fino al giorno della sua morte il 7 ottobre del 2009, oltre che membro del consiglio regionale e nazionale della stessa ANPI.
Beppe fu un punto di riferimento per tutti i sinceri democratici ma anche per gli avversari. Non era possibile prescindere dal suo punto di vista e dalla sua capacità di analisi. Lo si condividesse oppure no. Anche nei momenti di più crudo e forte scontro politico. Tanta era la sua rispettabilità, prima ancora che politica, morale. Il suo essere dirigente partigiano dell’ANPI lo poneva in una posizione di assoluta indipendenza e autorevolezza e mai ha voluto essere tirato per la giacca su posizioni di parte nello scontro che spesso c’è a sinistra. “Io sono dell’ANPI”, ricordo diceva a noi giovani degli anni Novanta e con questo comprendevamo la sua imparzialità ma anche la sua disponibilità al confronto. Un maestro.
E in queste pagine, che ripercorrono soprattutto la sua fase di comandante partigiano è già possibile ritrovare il Beppe dei decenni successivi.
È un bel libro. Ogni pagina la si può leggere con la certezza che possa dire, per molti di noi, cose che non conoscevamo. Episodi eroici ma dimenticati o da sempre poco conosciuti.
È una vita movimentata. Dopo la disfatta di Forno di Massa dove perse la vita il comandante Marcello Garosi (Tito), è lui a dover tirare le fila di ciò che rimaneva delle Brigate Garibaldi e ridare slancio e vitalità alla lotta partigiana nel comprensorio apuano. I compagni del posto lo chiameranno “il viareggino”. Beppe costituisce, insieme ad altri, la formazione “Aldo Cartolari” che opererà nella zona della Brugiana. Poi ad agosto del 1944, sempre nella provincia di Massa e Carrara, nasce la brigata “Ugo Muccini” di cui sarà prima commissario politico e poi comandante. Un capitolo importante della sua vita da comandante partigiano, ma anche per l’intero movimento resistenziale apuano, fu la battaglia del Sagro che nel libro Beppe ricorda con dovizia di particolari.
Un libro che si legge d’un fiato e che ci fa riflettere sul significato profondo del suo essere stato partigiano. È quel libro di memorie che non è riuscito mai a scrivere o non ne ha mai trovato il tempo, sempre impegnato nella politica vissuta giorno per giorno, scrive il curatore del volume. La sua vita, comunque, rimane indelebilmente legata alla vicenda resistenziale, almeno dal punto di vista dell’impostazione politica, e continuerà fino alla morte a difendere questa nostra Costituzione che lui amava ripetere essere “la più bella del mondo”.
Filippo Antonini: dicembre 1975, vive e lavora a Viareggio. Impegnato politicamente a Viareggio. È vicepresidente Anpi di Lucca, membro del direttivo Anpi di Viareggio. Avvocato, di recente ha seguito la “strage” ferroviaria di Viareggio e il processo Costa Concordia a Grosseto.
Andrea Genovali, scrittore. Con Viareggio 1920 ha vinto il premio “Scrittore toscano dell’anno 2011” indetto dalla Regione Toscana e dalla Fiera del Libro Toscano
Pubblicato lunedì 16 Gennaio 2017
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