Con le celebrazioni del 2 giugno – che tengono insieme il frutto delle lotte per la democrazia e la repubblica nel nostro Paese e la promessa per continuare l’impegno nel mettere in pratica i valori costituzionali – conclusesi da poco, ecco che appare utile una riflessione su questi ultimi 76 anni di Italia repubblicana.
Il 2 giugno 1946 oltre 12 milioni tra elettrici ed elettori scelsero la Repubblica come forma di governo per l’Italia attraverso il referendum: fu una boccata d’aria fresca. C’è chi dice che la democrazia non sia la forma migliore di governo, ma per fortuna abbiamo la possibilità di confrontarci sul tema perché le opinioni sono libere.
Silvia Cecchi, magistrata alla Procura di Pesaro, e Cesare Panizza, docente di storia contemporanea all’università del Piemonte Orientale, hanno curato il volume Indagare l’Italia Repubblicana – Momenti di una storia lunga 75 anni. 1946/2021, pubblicato da Aras edizioni, in cui si analizzano alcune vicende giudiziarie che hanno scosso l’Italia repubblicana come “cartina tornasole” dei cambiamenti sociali, politici e culturali del Paese.
Perché permangono ancora residui di fascismo nella Repubblica? Come è maturata la coscienza democratica nell’Italia repubblicana? Quali vecchie e nuove battaglie per la parità di genere? Che rapporto c’è fra politica e criminalità organizzata? E fra politica e cultura? Queste alcune delle domande alla base di un libro che racchiude i contributi di ricercatori, magistrati, storici per stimolare una riflessione su questa nostra democrazia che “non si può mai dire fino in fondo compiuta, perché perennemente in fieri – sottolinea nell’incipit l’editrice Federica Savini –. Il nostro augurio è che la Repubblica possa ricevere pure lei il vaccino, contro gli inganni, le seduzioni e le amnesie del nostro tempo”.
Il volume ospita i contributi di Marco Labbate, Vincenzo Macrì, Roberto Lasagna, Lidia Pupilli, Gianluca Scroccu e Armando Spataro e, capitolo dopo capitolo, evidenzia mancanze, storture, periodi critici e veri e propri terremoti che la Repubblica è stata chiamata ad affrontare nel corso dei decenni e anche quanto ancora è utile impegnarsi nel processo continuo per giungere a una forma di democrazia sempre più compiuta. La storia dell’Italia repubblicana in questo accurato saggio ci appare in tutte le sue contraddizioni, a partire da singole vicende o ambiti tematici.
“A determinare uno stato di cose in cui verità giudiziaria e verità storica tendono a confondersi, sono soprattutto due fattori convergenti: la relativa vicinanza temporale che in particolare per i decenni più vicini a noi e per la storia politica, inevitabilmente risospinge lo storico verso le secche della cronaca – spiega nella prefazione Cesare Panizza (autore ricordiamo anche di “L’Antifascismo al lavoro – Profilo biografico di Luciano Guerzoni”, con un testo di Carla Nespolo; Edizioni Joker, 2020) – la rilevanza maggiore che rispetto agli altri principali Paesi dell’Europa occidentale nel corso dell’età repubblicana sembrano avere (e indubbiamente hanno avuto) corruzione politica, criminalità organizzata, terrorismo interno e cospirazioni di vario genere e gravità, e dunque di riflesso le relative vicende giudiziarie”. Pensiamo solo al maggiore condizionamento esterno rispetto agli altri partner europei derivato dal fatto di essere un Paese sconfitto alla fine della Seconda guerra mondiale, dislocato lungo la faglia geopolitica tra Est e Ovest e anche lungo quella mediterranea.
L’Italia inoltre è storicamente più sensibile di altri alle svolte negli equilibri internazionali. Vale la pena citare ad esempio il capitolo scritto da Armando Spataro che ricostruisce il caso Abu Omar, che è anche una testimonianza circa il prezzo in termini di esercizio di una piena sovranità che il nostro Paese dovette sostenere in ragione di una sua definitiva integrazione nell’occidente euro-atlantico. Interessante tutta la riflessione condotta da Spataro sul segreto di Stato, sul controllo parlamentare, le connesse criticità e le possibili riforme.
Ancora, tornando agli esordi della Repubblica, da leggere il capitolo-lectio scritto da Vincenzo Macrì – magistrato che nel corso della sua carriera si è occupato, tra le altre cose, di rapporti tra ‘ndrangheta e massoneria, destra eversiva e settori dei servizi segreti – dal titolo “Il fondo oscuro della Repubblica” in cui si parte dall’amnistia Togliatti e la mancanza di una cesura netta tra il prima e dopo rispetto al passato regime in nome del principio della “continuità dello Stato” e si passa per “l’armadio della vergogna” ovvero la definizione data dal giornalista Franco Giustolisi della documentazione rinvenuta solo nel 1994 dal magistrato della procura militare di Roma, Antonino Intelisano, relativa a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante la campagna d’Italia (1943-45) dalle truppe nazifasciste. 695 fascicoli nascosti in un armadio di palazzo Cesi-Gaddi a Roma rimasto per anni con le ante rivolte verso il muro. Tra gli altri emersero fascicoli sulle più importanti stragi del periodo bellico, dall’eccidio di Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema alle Fosse Ardeatine. Nel contributo di Macrì sui “poteri occulti” della Repubblica si arriva fino alle pulsioni separatiste delle mafie degli anni 90 del secolo scorso. Il monito del magistrato è lo stesso di Umberto Eco ne Il fascismo eterno: il nostro dovere è vigilare, ogni giorno in ogni parte del mondo.
Questa serie di saggi, riuniti sotto l’intento comune di una riflessione sull’Italia repubblicana, restituiscono alcuni momenti di svolta nel lento e accidentato percorso dai quali alcuni dei valori affermati dalla nostra Carta costituzionale hanno preso vita, socialmente riconosciuti, entrando a far parte della costituzione materiale del nostro Paese.
Citiamo la questione femminile e la battaglia di Rosa Oliva con il difficile tema della parità nelle carriere delle donne narrato da Lidia Pupilli. A dieci anni dall’entrata in vigore del testo costituzionale, una giovane fresca di laurea in Scienze politiche, Rosa Oliva appunto, classe 1943, decide di partecipare a un concorso per la carriera prefettizia col preciso intento di “sollevare un caso e spazzare via discriminazioni inaccettabili”.
La narrazione a più voci e in ottica giudiziaria dell’Italia repubblicana esposta in questo libro offre a chi non è dentro la materia spunti interessanti per capire il nostro presente repubblicano. Inoltre, come spiega bene nella postfazione Silvia Cecchi, “una verità giudiziaria, per quanto giunta in ritardo, quando sia giunta, resta pur sempre essenziale, per il metodo con cui è stata acquisita, per gli ostacoli che ha dovuto superare o con i quali è stata costretta a confrontarsi (depistaggi, opposizione del segreto di Stato, attentati sanguinari, intimidazioni), e per il suo significato di verità storica restituita ai cittadini”.
Gli italiani che si recarono alle urne il 2 giugno 1946 lo fecero con sincero entusiasmo. Oggi, noi – e questo testo curato da Cecchi e Panizza lo dimostra – abbiamo il dovere di documentarci per essere cittadini consapevoli e attivi in una Repubblica che ha affrontato notevoli prove e varie insidie ma che tutto sommato ha retto agli scossoni e alle pericolose trame illecite e oscure che si sono presentate sul suo cammino fino a ora.
Antonella De Biasi, giornalista e autrice di vari libri tra cui: “Astana e i 7 mari – Russia, Turchia, Iran: orologio, bussola e sestante dell’Eurasia”, Orizzonti Geopolitici, 2021; e “Zehra – la ragazza che dipingeva la guerra”, Mondadori, 2021
Pubblicato venerdì 17 Giugno 2022
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