Nel titolo dell’opera si racchiude l’odissea bellica e umana durata 10 anni, dal 1936 al 1945, di Antonio Cortejosa Vallejo. Antonio nasce il 3 gennaio 1912 a San Fernando (provincia di Cadice, Spagna), figlio di Gaspar Cortejosa Bancalero, militare di carriera dell’Armada (la Marina da guerra spagnola) e di Ana Vallejo Arraez.
La situazione socio-economica della penisola iberica, agli inizi del ventesimo secolo, non è certamente tra le più floride e così Antonio, il primo settembre 1928, a sedici anni, seguendo le orme paterne, entra nella Marina da guerra spagnola, destinato alla nave scuola per radiotelegrafisti “Carlos V”, di stanza a El Ferrol nel nord della Spagna.
A Cartagena frequenta poi un corso di specializzazione superiore per capo radiotelegrafista ed è poi imbarcato, nell’agosto 1932, sull’incrociatore “Republica” e in seguito sull’incrociatore “Libertad”. Ed è a bordo di quest’ultima nave militare quando lo sorprende, il 17 luglio 1936, la sollevazione franchista contro il governo repubblicano.
Partito da El Ferrol, il “Libertad”, nell’intenzione del comandante e degli ufficiali, avrebbe dovuto raggiungere Cadice il 19 luglio ed essere consegnato al comandante militare della piazza, il franchista generale Lopez Pinto. Ma nelle ore immediatamente precedenti l’arrivo a Cadice, Antonio è di turno al radiotelegrafo e riceve dal ministero della Marina di Madrid l’ordine di opporsi al tradimento degli ufficiali.
Non esita un momento, avverte i suoi commilitoni e prende parte attiva nella sollevazione dell’equipaggio e dei sottufficiali: assumono il comando della nave e mantengono il “Libertad” fedele alla Repubblica. Per questo, alla fine della guerra civile, Antonio Cortejosa Vallejo verrà processato in contumacia dai tribunali franchisti (causa n° 557/39) e il 21 giugno 1945 dichiarato “ribelle”.
La fine della guerra civile lo trova a bordo del cacciatorpediniere “Ulloa”, mentre quanto rimaneva della squadra navale repubblicana navigava, con destinazione Bizerta, per consegnare la flotta ai francesi. Imprigionato, è dapprima inviato al campo di concentramento di Meheri Zebbeus, in Tunisia, e poi al lavoro forzoso come elettricista nelle officine ferroviarie della Transahariana. Dopo il 13 maggio 1943, con l’entrata delle Forze Alleate a Tunisi, è rimesso in libertà.
Ai primi di settembre del 1943 frequenta un corso per paracadutisti ad Algeri, al termine del quale viene paracadutato nella zona di Spilimbergo (Ud) quale operatore radio della missione Caprara, del servizio di informazione francese.
Perso il contatto con il capo missione, rientrato tra le linee alleate, riesce in maniera avventurosa a raggiungere la sede del Comando Regionale (Intelligence service) a Venezia, dove incontra i primi rappresentanti della Resistenza italiana e ne conosce gli aspetti organizzativi.
Ben presto viene dirottato sul Grappa, dove si stanno organizzando le prime formazioni partigiane la sua esperienza, sia militare sia di esperto in trasmissioni radio, può rivelarsi preziosa.
Aggregatosi alla brigata Matteotti, al comando di Angelo Pasini, viene incorporato al battaglione “Buozzi”, dislocato in Val Dumela al comando del tenente Livio Morello “Neri”, assumendo il nome di battaglia “Don Antonio” e ne diviene commissario.
Partecipa attivamente alle attività del Battaglione distinguendosi, come attesta “Neri”, nell’asportare e distruggere tutte le cartoline precetto della chiamata alle armi per la classe 1926 e organizzando l’assalto a una colonna tedesca che trasportava viveri, distribuendoli poi alle popolazioni delle valli, private delle carte annonarie per la loro collaborazione con i partigiani. Spesso si improvvisa anche medico curante per i compagni feriti.
È sempre presente, assieme al comandante del “Buozzi” Morello e al vicecomandante Barbisan “Reno” alle riunioni organizzative e decisionali della “Matteotti”.
Dopo il disastroso rastrellamento del Grappa, si impegna in prima persona nella generosa e pericolosa ricerca dei corpi dei Caduti, per dare loro onorevole sepoltura. Un’esperienza, quella partigiana, grande e tragica nello stesso tempo, che ne segnerà profondamente l’animo e che terrà gelosamente per sé, lasciando ad altri il compito di tramandarne la memoria.
Con l’abbandono del Grappa e la riorganizzazione delle forze superstiti in pianura, Antonio trova ospitalità a Montebelluna (TV) e conosce Ernesto Isetta, partigiano e futuro prosindaco della liberata Montebelluna, del quale il 29 giugno ’46 sposerà la sorella Virginia.
Da gennaio ’45 fino alla Liberazione opera con Piero Ferraro, comandante della missione Hollis Margot del servizio di informazione americano (OSS) che collegava, per mezzo di quattro radiotrasmittenti, diverse formazioni partigiane venete e friulane al Comando supremo delle operazioni del Mediterraneo, consentendo di seguirne e coordinarne i frequenti spostamenti e riposizionamenti.
Si distingue per la sua abilità nell’uso degli apparecchi radio, che viene molto apprezzata, e sebbene non sia più in prima linea offre un contributo importante, e sempre pericoloso, alla lotta partigiana, fino alla fine della guerra.
Con il Decreto Presidenziale del 21/12/1971 gli è stata concessa la Croce di guerra al Valor Militare con questa motivazione: “Paracadutato in territorio occupato dal nemico, dopo aver perduto il suo capomissione e collaborato validamente con le formazioni partigiane locali, riusciva a raggiungere la missione straniera di destinazione operante nella zona, e con essa assolveva sino alla Liberazione il suo pericoloso lavoro di radiotelegrafista. Friuli-Montegrappa-Treviso, 1943 – 25 aprile 1945”.
Il 14 gennaio 1959 ottiene la cittadinanza italiana e ad agosto 1960 riesce finalmente a ritornare in Spagna assieme alla moglie Virginia e ai figli Giacomo e Rosanna per riabbracciare i propri cari.
Nel 1978 il governo spagnolo ha riconosciuto ad Antonio Cortejosa e a tutti i militari in servizio alla data del 17 luglio 1936, indipendentemente dalle successive vicende politico–militari, il diritto al riconoscimento del grado e della carriera, riabilitandone di fatto la memoria.
Antonio si è spento prematuramente, il 5 marzo 1980, a Montebelluna. La commovente orazione funebre è stata tenuta da Livio Morello “Neri”, compagno di lotta e amico fedele.
Comitato provinciale Anpi Treviso – Sezione Anpi Montebelluna
Pubblicato venerdì 3 Luglio 2020
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