Le notti in cui le stelle brillano sono le notti delle grandi decisioni. Le decisioni che cambiano la vita di un uomo o di una donna. Per Gabriele, il giovane protagonista del romanzo, quella in cui decide di dire basta al fascismo e di salire in collina per unirsi ai partigiani delle Brigate Garibaldi era proprio una notte di stelle splendenti. Una notte in cui il vento di Libeccio che spazzava le nuvole dalla costa di Viareggio verso l’entroterra restituiva vigore e lucentezza a quel cielo nero bucherellato di stelle. E saranno altrettanto splendenti le stelle in altre due notti che cambieranno la vita del protagonista per sempre.
Andrea Genovali con Viareggio 1920 ha vinto il premio “Scrittore toscano dell’anno 2011” indetto dalla Regione Toscana e dalla Fiera del Libro Toscano. Attualmente è presidente del Premio Prato CittAperta dedicato alla cultura migrante in Italia.
Il suo romanzo è scritto con uno stile leggero, che non vuol dire superficiale, di tipo quasi giornalistico ma nel quale le emozioni e gli stati d’animo si evidenziano con grande nettezza. Il libro, che si legge d’un fiato, è incastonato su vari livelli che si intersecano e si mescolano fra loro con naturalezza dando al romanzo una propria struttura letteraria ideale e coerente.
Il libro è la storia romanzata di fatti ed avvenimenti che in larga parte sono realmente accaduti, e vennero narrati all’autore dagli stessi partigiani viareggini protagonisti nel corso degli anni. E’ il filo rosso che unisce questi fatti a rendere quelle storie reali un romanzo agile e appassionato.
Dicevamo di alcuni livelli di lettura. Un primo livello vuole esaltare il valore pedagogico che la Resistenza ha avuto per migliaia di giovani che fecero la scelta di diventare partigiani. La Resistenza ha forgiato questi giovani accogliendoli nelle proprie fila e restituendoli alla vita civile come uomini e donne capaci di avere una propria lettura dei fatti del mondo. In molti entrano nella lotta di liberazioni solo per un anelito di libertà. Una libertà che molti di loro non sapevano neppure cosa fosse in concreto. Non sono pochi i partigiani infatti nati e vissuti interamente, fino a quella decisione, sotto la dittatura fascista. La loro adesione allora non ha alle spalle una coscienza politica forte ma solo questo desiderio di libertà e di abbattere quel mostro che tanto dolore aveva arrecato all’Italia. Ed è proprio la partecipazione alla Resistenza che li forma, anche sotto il profilo politico, e li renderà protagonisti della nascita e della costruzione della nostra Repubblica. Sono giovani spesso ingenui. Una ingenuità che, nel protagonista, si evidenzia anche, ma non solo, nella scelta del nome di battaglia che lui neppure sapeva di dover assumere. E così il poco più che adolescente Gabriele si trasforma nel partigiano Gattorosso.
Un secondo livello di lettura è dato dall’amore. Esso ha una duplice ambivalenza. Infatti, non sono pochi i casi, specie fra le donne, di adesione alla Resistenza per amore dei propri uomini. E non è una diminuzione del valore della scelta, anzi ne è una esaltazione.
Ma è in quel contesto, così duro e segnato dalla presenza della morte sempre così presente, che nascono anche storie d’amore. Nel romanzo ci si imbatte, allora, nella storia che il protagonista, ormai Gattorosso, ha con una compagna di lotta che incontra nella sua formazione. Lei è molto più grande di lui. E l’amore che ne nasce segnerà in profondità la vita del giovane. La sua esperienza resistenziale è un continuo accrescimento della sua capacità politica e di manifestazione dei propri sentimenti. E’ il passaggio dalla gioventù alla vita adulta. Perché i partigiani non parlano mai della morte, gli dice Francisca, ma solo del futuro. E questa presa di coscienza trasformerà Gattorosso, che si era sempre creduto pessimista, a cambiare ottica e a comprendere che era la società nata dal fascismo ad essere pessimista non lui. Ed è l’amore di Francisca a renderlo consapevole.
L’amore allora diventa anche metafora di quel momento storico terribile ma ricco di passioni e di voglia di vita.
Si diceva della duplica valenza dell’amore. La prima è la incarnazione in questi due giovani resistenti di due classi sociali che grazie alla lotta al nazi-fascismo si conoscono meglio e iniziano a fidarsi reciprocamente. La classe operaia di Gattorosso e una borghesia illuminata rappresentata dalla sua amata Amazzone, nome di battaglia Francisca. Lei è già una donna, romana di famiglia borghese, che è giunta in collina dopo aver conosciuto l’amore di uno studente universitario, Francesco, negli anni della guerra di Spagna. E dopo che apprende la notizia che lui è caduto nella battaglia di Guadalajara per la difesa di Madrid che decide di unirsi ai gruppi della capitale che agivano in clandestinità contro il fascismo. E’ una presa di coscienza che rompe i suoi legami con una certa borghesia per aprirsi a un nuovo universo che lei neppure sapeva potesse esistere prima della sua storia d’amore con il giovane Francesco.
Un secondo aspetto di questa storia d’amore è la metafora di una Resistenza che nasce e declina proprio nell’epopea resistenziale. E non è un caso, in questo senso, che Francisca dirà a Gattorosso che la loro storia ha senso solo ed esclusivamente in quel contesto. Dunque l’amore che si sostanzia in una particolare esperienza che diverrà, in ogni modo, un pezzo di storia importante all’interno del movimento di Liberazione italiano.
Il finale del libro, di cui non anticipiamo niente ovviamente, ha un sapore amaro. Un sapore in cui i giuramenti fatti in situazioni drammatiche hanno valore a prescindere da quale sia la realtà che si è venuta formando con la fine della guerra e del fascismo.
L’io narrante in prima persona del romanzo è attinto da una letteratura latinoamericana di cui l’autore è avido lettore. Quel finale inedito dà a tutto il libro un carattere non consueto per la letteratura resistenziale di cui siamo abituati a leggere.
Pubblicato lunedì 19 Dicembre 2016
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