Scriveva il grande narratore Ryszard Kapuscinski: “La xenofobia è la malattia di gente spaventata, afflitta dal timore di vedersi riflessa nello specchio della cultura altrui”. Sembra prendere il via di questa affermazione il lavoro di Vitaliano Fulciniti autore del libro “Dall’accoglienza all’integrazione – L’esperienza del CARA del Regional Hub Sant’Anna in Calabria”. Stiamo parlando del centro di accoglienza per migranti di Isola Capo Rizzuto in provincia di Crotone, sino a poco tempo fa il più grande d’Europa.
Il centro è salito agli onori della cronaca nel maggio del 2017 quando una inchiesta della Procura antimafia e del Ros dei carabinieri svelò il sistema che la ’ndrangheta aveva messo in piedi per accaparrarsi la gestione del centro. Dopo lo scandalo, la continuità sotto forma di commissariamento è stata affidata a Vitaliano Fulciniti, ex colonnello della Guardia di Finanza, già destinatario in passato di altri incarichi per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri. Non ha la pretesa di un saggio il suo lavoro, e nemmeno lo scorrere di un romanzo. È lo scrupoloso, non privo di pathos, diario di bordo di 14 mesi passati a rimettere in piedi il centro di accoglienza. Sono stato fortunato, dice l’autore, non solo per aver maturato un’esperienza non accessibile a molti, ma soprattutto perché i racconti di quei volti distrutti dalle esperienze agghiaccianti hanno permesso di accrescere il mio senso di umanità, aiutandomi a esplorare l’antro più remoto dell’animo umano. Insomma questa esperienza mi ha consentito di diventare un uomo migliore.
Con queste premesse la lettura del libro consente di comprendere meglio le tante falsità delle narrazioni tossiche sui migranti. Non è certo la difesa di un modello di accoglienza – i CARA – con tantissimi limiti, piuttosto il desiderio di dimostrare da un punto di vista istituzionale come sia possibile, in qualsiasi situazione, anche la più critica, occuparsi dei migranti mettendo al centro le persone prima di ogni altra cosa.
Il direttore del centro avrebbe potuto svolgere correttamente e solo burocraticamente il suo incarico. È andato oltre, mettendoci quel qualcosa in più che fa la differenza tra la semplice solerzia di un funzionario dello Stato e chi invece pensa di poter incidere davvero per modificare e migliorare le cose. Perché della vita delle persone si sta parlando. Ecco allora l’autore ricordarci il dilemma di come definire le persone presenti nel centro. Certamente non ospiti come comunemente si fa, perché ospite “lo trovavo troppo in linea con lo straniero, termine oggigiorno utilizzato con disprezzo per indicare l’altro, colui che deve essere tenuto a distanza. Non andava bene questa definizione, l’abbiamo sostituito con fratelli e sorelle, non per nascita, ma per scelta”.
Lo stile della scrittura non cade mai in un semplice approccio caritatevole alle tematiche del fenomeno migratorio. Semmai è il richiamo costante alla nostra Costituzione che fa da collante all’intero libro. Oggi, dice l’autore, uno Stato non può definirsi tale se non attua quell’uguaglianza sostanziale espressa nell’articolo 3 della Carta costituzionale. La lettura di questo lavoro realizzato da Vitaliano Fulciniti aiuta a dare un quadro completo di quanto avviene in una regione del sud come la Calabria, precaria e problematica. Piena di forze sane, al contempo, disposte a mettersi in gioco solo se la politica e le istituzioni lo vogliono davvero.
In fondo, per dirla sempre con Kapuscinski: “Prima di giudicare bisogna recarsi sul posto: Non esistono culture superiori e inferiori, ma solo culture diverse che soddisfano in modo diverso i bisogni e le aspettative dei suoi rappresentanti”.
Mario Vallone, coordinatore Anpi Calabria e componente del Comitato nazionale Anpi
Pubblicato venerdì 20 Dicembre 2019
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