È morto in combattimento sull’altopiano di Monfalcone a poche centinaia di metri dal luogo dove il giorno prima aveva perso la vita Enrico Toti, passato alla storia per la stampella scagliata contro i nemici austriaci. Il fante Pepe Domenicantonio, classe 1895, fa parte della folta schiera di coloro che donarono la vita alla Patria, senza riceverne in cambio neanche una degna sepoltura. Fa parte dei militi ignoti, i cui resti mortali riposano probabilmente nel Sacrario militare di Redipuglia.
Li ha ricercati senza esito per anni un suo parente, Giuseppe Autuori, che alla fine ha dovuto arrendersi a una nota burocratica del ministero della Difesa. Ma non si è perso d’animo e ha ripercorso i suoi passi per tracciarne la storia, dalla partenza per il fronte nel novembre 1915 alla scomparsa avvenuta il 7 agosto 1916. Autuori è un generale della Guardia di Finanza a riposo, che in carriera ha legato il suo nome a indagini prestigiose. Vive a Lucca ma è originario di Sacco, nel Cilento interno, dove vive la mamma Angelina e dove era venuto alla luce il nostro fante, fratello della bisnonna Rosa.
Il tutto è nato da una foto del militare, da ultimo in forza al 155° reggimento fanteria brigata Alessandria, incorniciata e custodita gelosamente dai familiari, come una sorta di nume tutelare della casa. L’immagine di un ragazzo acqua e sapone dall’aria smarrita, riprodotta su una cartolina postale preaffrancata, nonostante l’elegante divisa di fante del Regio Esercito. Nella cartolina non compare alcun messaggio a causa della probabile condizione di analfabetismo dell’interessato.
Frutto delle ricerche è il libro, “Breve storia di Pepe Domenicantonio, un contadino eroe”, edizioni Maria Pacini Fazzi, che si contraddistingue per la cura dei particolari riguardo a strategie belliche, armi, addestramento, divise, alloggiamento, tempo libero (poco) dei militari. Un segmento poco esplorato della pubblicistica della Grande Guerra, approfondito con perizia dal generale Autuori in forza dei suoi 40 anni di servizio attivo.
Le traversie umane e belliche di Domenicantonio, un contadino analfabeta, sono la fotocopia dei tanti militi ignoti, strappati alle famiglie e alla terra dai capricci dei potenti. Sacco, il paese di origine, è collocato in una deliziosa posizione con una vetta che lo sovrasta (il monte Motola, 1.700 metri di altezza) e a valle la sorgente del fiume Sammaro, un paradiso ambientale che attrae migliaia di visitatori.
Minicuccio, la declinazione affettuosa del nome, nell’ultima estate prima dell’arruolamento probabilmente era stato impegnato nella mietitura del grano. “La vita in quella comunità agreste, seppur dura, scorreva sostanzialmente placida e lenta, scandita dai rintocchi diuturni delle campane poste alla sommità della facciata barocca della pluricentenaria chiesa di San Silvestro papa ed in cima al millenario campanile adiacente alla stessa”, precisa l’autore.
Era stato giudicato “rivedibile” alla prima visita di leva, ma recuperato nell’ottobre 1915 e spedito al fronte dopo un rapido addestramento. Le necessità di un esercito antiquato, l’elevato numero di soldati morti, prigionieri e mutilati, l’allargamento del conflitto (nel 1915 l’Italia aveva dichiarato guerra all’impero ottomano e alla Bulgaria), non consentivano eccessive cautele.
Autuori ricorda che il prozio era Caduto a pochi metri da Enrico Toti, l’iconico bersagliere, celebrato con tutti gli onori nel dopoguerra. Erano stati entrambi impegnati nella sesta battaglia dell’Isonzo, combattuta dal 4 al 17 agosto 1916 tra l’esercito italiano e austroungarico, un evento bellico fondamentale per l’economia del conflitto e per la conquista di Gorizia, un obiettivo ambito dagli irredentisti dalla fine dell’Ottocento.
In tale occasione le perdite italiane furono di 51.232 uomini, di cui 1.759 ufficiali; gli austriaci persero 41.835 uomini, di cui 807 ufficiali. “I familiari di Domenicantonio, e dei milioni di giovani come lui, non hanno avuto neanche una tomba dove pregare. La foto ritrovata da Pino rappresentava probabilmente uno dei pochi momenti di felicità di una persona umile e buona”, sottolinea Mariacarmela Polito, magistrato e cugina dello scrittore. Monfalcone si trova a 12 chilometri da San Martino del Carso, teatro di una delle più belle liriche di Giuseppe Ungaretti.
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro.
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto.
Ma nel cuore
nessuna croce manca
è il mio cuore
il paese più straziato.
Il sacrificio di Domenicantonio è stato riconosciuto con una Croce di bronzo al merito di guerra, con provvedimento datato 3 marzo 1920 del ministro della Guerra Alberico Albricci durante il governo Nitti, con la medaglia di gratitudine nazionale alle madri dei Caduti per la Patria, concessa unitamente al diploma d’onore alla mamma Giuseppa Pepe Marino e con una medaglia commemorativa della guerra.
Il riconoscimento più importante resta l’affetto eterno di una famiglia unita e di una piccola comunità, che ricorda i suoi Caduti nella piazza Nicola Monaco, dedicata al partigiano Nicola Monaco, Medaglia d’Oro al Valor Militare, fucilato dai fascisti a Sant’Albano Stura in provincia di Cuneo.
“Il mio obiettivo è di estendere la ricerca, restituendo memoria e dignità agli altri Caduti, in collaborazione con altre persone”, ci confida lo scrittore. La proposta sarà ufficializzata nel corso di un evento, alla presenza di studiosi e autorità istituzionali, programmato nei primi mesi del prossimo anno.
Silvio Masullo
Pubblicato venerdì 22 Dicembre 2023
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/domenicantonio-pepe-da-fante-strappato-alla-terra-a-milite-ignoto/