Dopo il presunto “buonismo” – vale a dire, per la destra italiana, l’atteggiamento della sinistra, ma anche di buona parte del mondo cattolico in merito all’accoglienza dei migranti – il Covid-19 con la rabbia e le ansie in cerca di un capro espiatorio, ha sdoganato definitivamente il “cattivismo”. Vale a dire il rivendicare pubblicamente, e con grande orgoglio, di essere cattivi, intolleranti sgradevoli, comportarsi finalmente da egoisti soddisfatti, padroni di se stessi.
Una trasformazione di tipo politico che è diventata un allarme sociale: gli italiani brava gente, se mai ci sono stati, sono un reperto narrativo del passato e, per strada come nei talk show, per non parlare dei social, vera e propria giungla in cui ogni colpo basso o addirittura ignobile, il cattivismo è ritenuto legittimo.
Su questo tema Luca Borzani, saggista e storico, e Marco Aime, docente di Antropologia culturale all’università di Genova, hanno scritto “Guida minima al cattivismo italiano” (in libreria per Elèuthera). Perché, come spiega Borzani, già presidente della Fondazione Per la Cultura Palazzo Ducale di Genova e osservatore attento delle trasformazioni sociali e politiche italiane, “c’è un mutamento antropologico fondato sulla chiusura e la negazione degli altri”.
Ma questa involuzione civile, spiegano Aime e Borzani, che in Italia era già stata adombrata negli anni Settanta da Pier Paolo Pasolini, ha portato l’Italia a diventare un territorio aperto a quelle forme estreme di intolleranza verso le minoranze – vedi il caso di George Floyd e le altre uccisioni violente di afroamericani da parte della polizia negli Stati Uniti che hanno dato vita al movimento di protesta Black Lives Matter – che hanno già portato all’omicidio di Willy Duarte, il ragazzo ucciso a calci e pugni nei primi giorni di settembre a Colleferro mentre cercava di difendere un amico.
Ed è l’immigrazione, nel panorama italiano, a far volgere al peggio il cattivismo, con i timori dell’invasione, ben orchestrati dalla destra di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Come scrive lo storico Donald Sassoon nell’introduzione, il libro si inserisce a pieno titolo nella lotta contro il razzismo e metodicamente smonta le grandi paure, a partire da quella della cosiddetta sostituzione etnica con gli africani che prendano il posto degli europei (o i musulmani impegnati a cancellare il cristianesimo).
Black Lives Matter, in ogni caso, ha smosso molte coscienze, non solo in Usa, e nella sconfitta di Donald Trump, benché il trumpismo sia ancora più che vivo, si può trovare anche un’eco delle proteste di piazza, appoggiate dagli esponenti democratici. Ma l’Italia è ancora balbettante, scrive ancora Sassoon: la sinistra teme di essere definita buonista e non prende posizioni nette, neanche contro quei movimenti come Casapound e Forza Nuova che potrebbero essere sciolti già in base a leggi esistenti, oltre che seguendo i dettami della Costituzione.
In fondo, scrivono Aime e Borzani, tutto comincia con il 1989, con il crollo del Muro di Berlino e dei sistemi contrapposti che, di fatto reggevano il mondo in un equilibrio instabile sì, ma consolidato più psicologicamente che politicamente, forse.
L’irruzione del fondamentalismo islamista fa il resto: si comincia ad avere paura, quella paura che permette, ad esempio, la nascita di regimi illiberali, dalla Russia putiniana all’Ungheria di Orbàn, che però fanno leva proprio sull’incertezza e sul timore del diverso. Contemporaneamente fa paura la povertà che sempre più avanza, con la crisi e poi la pandemia, che impoveriscono un ceto medio disperso e smarrito, e anche il doversi confrontare con un eccesso di informazioni – una vera e propria infodemia, infatti – che ti arrivano da ogni parte, e dalle quali non sai discernere le verità dalle bufale.
Nel libro – 200 pagine di dati e riflessioni – si spiegano i veri numeri dell’immigrazione, ma anche quelli dell’economia. Per togliere, appunto, linfa alla giustificazione del cattivismo, che peraltro non ha visto avverarsi quell’ipotesi del “ne usciremo tutti migliori” di cui ci eravamo illusi nel primo lockdown, nel progredire della pandemia, che adesso vede invece la battaglia “sovranista” del negare i contagi, dell’inventare complotti di un presunto grande ordine mondiale, semplicemente nel rifiutarsi di accettare le limitazioni come l’uso della mascherina, perché non ci fa comodo. Il cattivismo è anche sbeffeggiare i malati, definiti presunti, o spaccare i vetri alle auto di medici e infermieri, com’è già accaduto. Ma il cattivismo è solo una porta aperta verso un baratro che potrebbe inghiottire tutti. Ecco perché va combattuto, culturalmente e politicamente.
Pubblicato sabato 14 Novembre 2020
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