La lezione che le partigiane e i partigiani ci hanno lasciato è uno strumento per intervenire sul presente reazionario, nella e sulla storia per far valere i valori legati alla democrazia, alla diversità, all’ambiente, ai diritti civili e sociali e condurre la società, sul loro esempio, “in quel centro dove nasce il nuovo”, per dirla con le parole del filosofo Walter Benjamin.

Il Sacrario di Piazza del Nettuno a Bologna

Un nuovo che passa dalla rabbia e dall’amarezza di quesiti come “Cosa è diventato questo Paese?”, “Come abbiamo potuto dilapidare il carico ideale di un pezzo di generazione che ha saputo dire no al fascismo, alle leggi razziali?” scrive Mattia Fontanella in “La libertà è difficile”, una raccolta di lettere aperte redatte da scrittori, poeti, personalità della cultura e della società civile, esposte a Bologna per il 25 aprile al Sacrario dei Caduti Partigiani in piazza del Nettuno, e lette da centinaia di cittadini e cittadine di ogni età che hanno reso loro omaggio.

Bologna 21 aprile 1945, piazza del Nettuno. La città è libera. Nello scatto sulla destra in basso si vedono alcune persone verso il muro che in breve tempo sarà meta di pellegrinaggio per deporvi le foto dei proprio cari e poi diverrà il Sacrario ai caduti partigiani (Archivio fotografico Anpi nazionale)

È un luogo simbolo, un tempio laico dalla storia importante quel monumento in memoria. Rende onore a 2.059 Caduti della Resistenza bolognese, e sorse in maniera spontanea su un muro del Palazzo comunale. Lì i fascisti fucilavano i partigiani, “posto di ristoro dei partigiani” lo chiamavano le Brigate nere, lasciando esposti i corpi a monito della popolazione. E lì accorsero tante donne dal 21 aprile 1945, giorno della Liberazione della città, ad affiggere le foto dei propri cari uccisi. Un’opera nata dal pianto, il riscatto e l’orgoglio di una comunità che aveva lottato strenuamente e pagato un prezzo altissimo con la vita di donne e uomini, spesso ancora ragazzi.

“Sarebbe il caso di chiedervi scusa – scrive Beppe Giulietti, giornalista e sindacalista – perché non manca chi finge di non vedere, di non sentire, di non sapere, esattamente come molti italiani finsero prima e durante gli anni della dittatura”. Molte delle lettere racchiuse nell’agevole e profondo volume partono da altre lettere scritte dai condannati a morte della Resistenza, in una sorta di carteggio ideale, a tu per tu con chi è morto “con la gioia nel cuore perché ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano” a cui seguono, per esempio, le parole della storica Cinzia Venturoli: “Volevate un mondo in pace, e abbiamo le guerre, chiedevate giustizia sociale e abbiamo profonde disuguaglianze, chiedevate uguaglianza e abbiamo discriminazioni, chiedevate partecipazione e abbiamo indifferenza, chiedevate empatia e abbiamo egoismo. Chiedevate una democrazia piena e partecipata e abbiamo disinteresse”.

Alcuni degli autori delle lettere ai partigiani caduti: da sinistra in senso orario: Adelmo Cervi (al centro), Franco Grillini, Nicola Lagioia, Max Collini, Cinzia Venturoli, Beppe Giulietti

È “un modo per fare i conti con il nostro passato recente” e con un presente dove “c’è ancora tanto da lottare per raggiungere quel mondo di giustizia che hanno sognato coloro che hanno dato tutto combattendo fino al sacrificio estremo”, afferma Adelmo Cervi, figlio di Aldo, uno dei sette fratelli Cervi divenuti simbolo di un’intera generazione di partigiani e antifascisti, uccisi il 26 dicembre 1943 a Reggio Emilia

24 aprile 1945, anche Reggio Emilia è libera ma i mesi della lotta costarono centinaia di Caduti

La stessa città che aveva dato i natali al partigiano Paolo Davoli, “catturato e bestialmente torturato – ricorda nella sua missiva a lui dedicata lo scrittore e musicista Max Collini – con 120 nerbate, straziato con un ferro rovente che gli passarono sulla schiena e altre parti del corpo facendogli abbassare di un centimetro la carne e poi fatto sedere su un forno elettrico acceso”. Per non parlare “Sertorio”, questo era il suo nome di battaglia, si lanciò da una finestra rompendosi una gamba che, lasciata senza cure, si incancrenì e gli venne amputata. Quando venne fucilato il 28 febbraio 1945, portava addosso un biglietto: “Cari genitori, vado a morire (…), uccidono me ma non l’idea. Viva la libertà”.

Molte le lettere dedicate a un proprio familiare morto per la libertà in una terra dove vi fu una forte identificazione nell’esperienza e nei valori dell’antifascismo e della Resistenza che portò a una larga partecipazione alla lotta partigiana con un consenso della popolazione che segnerà i caratteri della nuova identità collettiva della regione. Molte le personalità che raccontando anche solo la storia dei propri nomi, raccontano la Storia. Come Franca Antonia Mariani, insegnante, il cui nome “condensa le vite” dei partigiani Antonio Rosini e Franco Mariani, ignari che i loro assassini avrebbero perso la guerra. Come Franco Grillini, presidente onorario Arcigay, che porta il nome dello zio saltato su una bomba. “La povertà spingeva tanti giovani a fare i cercatori di metallo, maneggiando proiettili e bombe inesplose” scrive, raccontando delle difficoltà economiche causate dal licenziamento alle Poste del nonno Emilio perché rifiutò la tessera del fascio. Come Maria Grazia Masetti, 84 anni e nipote di Corrado Masetti, comandante della 63ª Brigata Garibaldi.

“Ci sono storie (…) – chiosa lo scrittore Nicola Lagioia in una riflessione inclusa nel testo – che ci offrono una prefigurazione di ciò che un giorno potremo essere. O non saremo mai. Ma in questo modo, attraverso certe storie, sia pure temporaneamente, siamo liberi dalle catene”. Perché chi non conosce la storia è destinato a ripeterla. Perché la libertà siamo noi.

Mariangela Di Marco, giornalista

Gli scritti raccolti nel volume sono di: Eraldo Affinati, Gian Mario Anselmi, Alfredo Antonaros, Pier Giorgio Ardeni, Alessandro Bergonzoni, Alberto Bertoni, Massimiliano Boschi, Lisa Bugni, Sergio Caserta, Adelmo Cervi, Otello Ciavatti, Forte Clò, Anna Cocchi, Margaret Collina, Max Collini, Roberto Dall’Olio, Matteo Fantuzzi, Davide Ferrari, Dino Fini, Mattia Fontanella, Beppe Giulietti, Franco Grillini, Nicola Lagioia, Franca Antonia Mariani, Maria Grazia Masetti, Stefano Massari, Loris Mazzetti, Ubaldo Montaguti, Luisa Morgantini, Roberto Morgantini, Moni Ovadia, Enrico Parsi, Enzo Pellegrino, Sara Piacentini, Roberto Roversi, Sandro Ruotolo, Luca Scagliarini, Cinzia Venturoli, Danilo Zacchiroli.