È lunga esattamente cinquant’anni la storia professionale e politica dell’avvocato, deputato e senatore Giovanni Cosattini di Udine – figura “esemplare”, familiare e cittadina, sindacale e socialista – se si prendono a riferimento le date del 1903 e del 1953. All’inizio del secolo passato, infatti, inizia la brillante carriera forense aprendo il suo primo studio in via dei Teatri, pubblica la tesi di laurea ed è l’animatore e organizzatore del 1° Congresso nazionale dell’emigrazione temporanea friulana. Con le elezioni politiche del ’53, quelle della “legge truffa”, conclude invece la sua lunga esperienza parlamentare. In quel mezzo secolo scorrono tutte le vicende, quasi sempre dolorose, qualche volta tragiche, della sua terra e dell’Italia intera. Il libro sui Cosattini può essere definito una “biografia familiare” poiché, con al centro la figura di Giovanni, allarga lo sguardo e la ricerca alla generazione successiva, ai suoi cinque figli, tre femmine e due maschi, Luigi e Alberto, che parteciperanno entrambi alla Resistenza.
Nel corso della cosiddetta “età giolittiana” si compie l’apprendistato politico di Giovanni, che milita nella corrente riformista del Partito socialista e, venticinquenne, fonda con altri giovani il Segretariato dell’emigrazione dando vita a un’ampia campagna per i diritti dei lavoratori temporanei. A partire dalla sua tesi, inserita a corredo del volume. A quel tempo, l’esodo stagionale dei furlàn – muratori, fornaciai e braccianti, soprattutto – rappresentava quasi un terzo dell’emigrazione di tutta la Penisola, ottantamila persone solo dalla provincia di Udine, senza contratto di lavoro in forma scritta, ingaggiati “sulla parola” e dunque giuridicamente inermi. I più fortunati non partivano per costruire la ferrovia Damasco-Mecca, ma si spostavano solo dai villaggi di montagna alla piana del Friuli. Ecco la dieta equilibrata di questi “dannati della terra”: latte e polenta al mattino, minestra di fagioli a mezzodì, alla sera radicchio mal condito e pesce salato. Con pellagra assicurata.
Lo storico e giornalista Sandro Gerbi, per anni firma sulle pagine culturali della Stampa, del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore, ha ricostruito con esattezza dai giornali dell’epoca anche la rovente polemica che coinvolse Cosattini all’indomani di una serie di scioperi di protesta (settembre 1904) contro gli ennesimi eccidi di lavoratori da parte dei carabinieri. Il giovane legale era riuscito a ottenere dal Tribunale l’esenzione dalla leva per un giovane di famiglia bisognosa. Niente da fare: arruolato ugualmente nell’arma di artiglieria, il ragazzo era morto durante le esercitazioni schiacciato da un cavallo. Lettera aperta sulla prima pagina del foglio liberalprogressista Il Friuli, a firma Cosattini: “Attorno a questo povero giovane le ‘bramose canne’ del militarismo non si trovarono mai sazie… Le sentenze, l’autorità giudiziaria, la legge sono belle istituzioni, l’esercito è una istituzione più bella ancora, e quando ghermisce non abbandona”. Per queste parole con richiami letterari al Cerbero dantesco, Giovanni, congedato dal servizio militare come sottonente di complemento, con Regio decreto venne degradato a soldato semplice. Ed entrò per la prima volta nello “Schedario degli affiliati ai partiti sovversivi maggiormente pericolosi” (confluito poi nel Casellario Politico Centrale di Pubblica Sicurezza) dove continuerà a essere segnalato fino al 1916.
A seguito della rotta di Caporetto e dell’occupazione austriaca di Udine, la moglie incinta di Giovanni e i suoi quattro figli si rifugiano a Firenze, capitale dell’esilio per molti friulani. E sembra di ripercorrere in questi passaggi attraverso il Primo conflitto mondiale le vicissitudini e gli stati d’animo narrati da Fausta Cialente nel romanzo Le quattro ragazze Wieselberger.
Poi, nel ’19, Cosattini è eletto deputato nelle file socialiste e iniziano anche le minacce da parte dei fascisti. Due anni dopo, nella notte di vigilia delle nuove elezioni, alcuni squadristi sequestrano per molte ore a scopo intimidatorio il fratello Augusto, ma Giovanni entra ancora in Parlamento. Espulso dalla corrente massimalista, fonda con Turati, Treves, Modigliani e Matteotti il Psu, Partito socialista unitario. Malgrado una campagna segnata dalle sopraffazioni fasciste e la schiacciante vittoria di Mussolini, Cosattini entra alla Camera anche nel 1924. Il 30 maggio è seduto in Aula accanto all’amico e compagno Giacomo Matteotti mentre pronuncia le durissime parole contro il duce, contestando la validità delle elezioni. E a lui Matteotti si rivolge alla fine del discorso: “Ora preparatevi a fare la mia commemorazione”. In seguito all’Aventino, proseguono le persecuzioni delle squadracce, con scorribande sotto la casa di Udine, culminate con la sua devastazione e un tentativo di incendio che spingono la famiglia a trasferirsi a Venezia fino al 1941.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, Giovanni partecipa alla costituzione del CLN Provinciale di Udine. Il figlio maggiore, Luigi, che aveva dato vita al Partito d’Azione veneto, è arrestato, imprigionato a Trieste e deportato a Buchenwald. Non farà più ritorno, né si saprà mai quale fu la sua sorte, nonostante i cartelli in quattro lingue preparati, diffusi e portati in giro dal padre all’indomani della Liberazione (è possibile vederli nel ricco apparato fotografico in appendice al volume). Alberto, secondogenito e futuro avvocato, aderisce anch’egli al Pd’A ed è al fianco di Ferruccio Parri, vicecomandante del Corpo Volontari della Libertà, anche come suo segretario personale, a Roma, nella breve esperienza di governo nel ’45.
Giovanni Cosattini è componente della Consulta Nazionale e poi dell’Assemblea Costituente; primo sindaco di Udine liberata, organizza e presiede le celebrazioni per il conferimento alla sua città della Medaglia d’Oro al Valor Militare per la Resistenza; nel 1948 partecipa alla campagna elettorale schierandosi con il Fronte popolare ed è nominato Senatore di diritto nel primo Parlamento della Repubblica.
Daniele De Paolis, giornalista
Pubblicato giovedì 6 Luglio 2017
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