La genesi della graphic novel dedicata alla breve vita e alla fulminea morte di Roberto Di Ferro, uno dei più giovani resistenti, decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare, è un esempio di collaborazione che ha coinvolto l’intera comunità di Albenga per non far cadere nell’oblio e relegare a un nome su una targa l’inaudita vicenda. Tutto nasce da un libro del giornalista e scrittore Daniele La Corte che nel 1999 la riporta alla luce indagando le fonti locali della Resistenza nel Ponente ligure. Poi la sezione dell’ANPI di Albenga, con i familiari di Roberto, e l’amministrazione comunale hanno coinvolto altri ragazzi come lui, gli allievi dell’Istituto Comprensivo Albenga 1 esortandoli a mettere nero su bianco i loro pensieri, pubblicati ora a corredo conclusivo del fumetto, che è diventato realtà grazie anche ad altri ragazzi, gli organizzatori, autori e disegnatori della manifestazione Albenga Dreams, dedicata a fantasy-comics-games.
Invece la storia del partigiano “Baletta” (‘pallina’, come si chiamano i ragazzini da quelle parti) è presto detta, purtroppo. Nato nel 1930, Roberto termina la scuola dell’obbligo e inizia l’apprendistato da meccanico. Nel ’43, dopo l’8 settembre, il fratello maggiore Guido prende contatto con i resistenti e l’anno dopo, quattordicenne, malgrado la contrarietà dei genitori, lui stesso inizia ad operare come staffetta, partecipando poi anche alle azioni più rischiose di sabotaggio ai nazifascisti. Nella notte tra il 24 e il 25 marzo ’45, tre colonne motorizzate della Wermacht, guidate da una spia fascista, accerchiano un casolare sopra Pieve di Teco: dopo una strenua difesa, esaurite le munizioni, i partigiani sopravvissuti sono fatti prigionieri, alcuni fucilati sul posto, Roberto portato via, interrogato e torturato. Non parla e tre giorni dopo è condotto sul greto di un fiume e fucilato. Doveva ancora compiere i suoi primi 15 anni e mancava meno di un mese al 25 aprile.
Settant’anni dopo, anniversario della Liberazione, il Presidente dell’ANPI Carlo Smuraglia ha ricordato la sua “scelta non isolata, che lo unisce, assieme a tanti altri che hanno partecipato alla Resistenza, benché giovanissimi, agli ‘scugnizzi’ delle Quattro Giornate di Napoli”.
E guardando il visetto biondo e bellissimo di Roberto Di Ferro, come lo ha ricreato la matita di Frank Gallo, la mente va veloce a un altro volto angelico del neorealismo, quello del bambino di Germania anno zero che nella città distrutta decide di volar giù dal palazzo sventrato che è diventato la sua casa. In questi anni, in questi mesi, in questi giorni, le tragedie della guerra in Medio Oriente e dei migranti non fanno che ricordarcelo: bimbi spiaggiati come bambole rotte, “sgambettati” per non farli salvare, ricoperti di polvere come piccoli spettri, in un panorama tutto uguale per migliaia di chilometri, fatto di esplosioni, crateri e macerie, da Aleppo a Mosul, da Kirkuk a Baghdad.
Hanno scritto gli alunni di Albenga, pensando a Roberto: “Sì, io voglio fare del mio meglio per fare in modo che i diritti siano universali” (Marco, II C), “La Resistenza per me significa: aria pulita-libertà-fine dei soprusi e della corruzione” (Gaetano Calabrese, III B).
Daniele De Paolis, giornalista
Pubblicato lunedì 31 Ottobre 2016
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