Molti sono stati stupiti dalla dichiarazione di Putin, che lasciava intendere la possibilità di uso di armi nucleari contro il sedicente Stato Islamico. Indipendentemente dal fatto che questa opzione resta deprecabile, per quanto odioso possa essere Daesh, non c’è nulla da stupirsi, perché, purtroppo la possibilità di uso delle armi nucleari resta reale.
Certamente una guerra mondiale combattuta con armi nucleari segnerebbe la fine della civiltà odierna se non quella dell’umanità. Questa inevitabile conseguenza è proprio il fattore per il quale la guerra fredda non è degenerata in una vera guerra mondiale e la paura della “mutua distruzione assicurata” impedisce anche oggi l’uso delle armi nucleari, persino tra Paesi che le posseggono e che sono in stato di guerra tra loro, come India e Pakistan.
La cosa però è ben diversa se si considera la possibilità di un attacco nucleare verso una nazione che è priva di questi armamenti: una o al massimo due esplosioni nucleari non avrebbero conseguenze peggiori, a livello ecologico globale, delle numerosissime esplosioni di test avvenute in aria negli scorsi decenni, ma basterebbero a mettere irrimediabilmente in ginocchio l’avversario. Naturalmente, questo comporterebbe la violazione di tutti i principi del diritto internazionale riguardanti la guerra, ma sappiamo bene quanto poco questi principi siano rispettati nelle guerre reali.
Così, le nazioni che possiedono armamenti nucleari non permettono, con ogni mezzo, ad altri Stati di procurarsene, si guardano bene dal dismettere totalmente i propri e anzi li aggiornano di continuo: nel mondo, sono in corso nuovi progetti per 27 modelli di missili balistici, 9 missili Cruise, 8 unità navali lanciamissili, 5 bombardieri, 8 tipi di testate e 8 fabbriche di armi nucleari.
Naturalmente, anche nel caso di guerra tra una nazione dotata di armi nucleari ed una che ne è priva, l’uso dell’atomica viene considerata una misura estrema. Ci sono quindi buone probabilità che la minaccia di Putin resti tale.
Non possiamo però dormire sonni troppo tranquilli, contando sul fatto che non ci saranno altre Hiroshima e Nagasaki.
In primo luogo, resta sempre la possibilità di “guerra per errore” tra USA e Russia. Le relazioni tra queste due superpotenze oscillano tra alti e bassi e nessuna delle due parti si sente abbastanza sicura da abbassare il livello di allerta delle circa 1.800 testate mantenute in stato di “lancio al primo allarme”. Almeno sei volte si è corso il serio rischio di decisioni irreparabili causate da falsi allarmi, ad esempio quando uno sciame di meteoriti è entrato nell’atmosfera sull’Alaska seguendo, per puro caso, la stessa traiettoria che avrebbero seguito le testate sovietiche per attaccare gli Stati Uniti o quando un razzo meteorologico norvegese sfuggito al controllo si è diretto verso Mosca e la cosa fu in un primo momento interpretata come il lancio di un missile da un sottomarino americano. Il tempo di volo di un missile dagli USA alla Russia e viceversa è di 20 minuti, quindi il tempo di risposta ad un attacco deve essere inferiore ai 10 minuti, se si vuole essere sicuri che la paura della ritorsione possa essere un deterrente efficace. Fino ad ora, questa manciata di minuti è bastata a scongiurare la catastrofe, ma nessuno può garantire che in futuro i presidenti delle superpotenze avranno la stessa saggezza dei loro predecessori.
Un altro elemento di rischio è costituito dai tentativi, mai cessati, degli USA di realizzare un efficace sistema anti-missile: è evidente che se una potenza nucleare potesse essere in grado di neutralizzare completamente la rappresaglia di ogni suo avversario, sarebbe come se lei sola possedesse armi nucleari. Dato però che nessun sistema di difesa può avere un’efficacia del cento per cento, anche il solo annuncio di un tale progetto porta l’avversario a moltiplicare le proprie testate nucleari, contando sul fatto che, anche se poche di esse fossero capaci di sfuggire allo “scudo”, produrrebbero un danno inaccettabile. Inoltre, la possibilità di sviluppo di un sistema antimissile genera la forte tentazione di colpire prima che le difese siano completate.
Infine, ricordiamo la presenza di armi nucleari in aree geografiche altamente instabili, come il subcontinente indiano ed il Medio Oriente.
Il rischio nucleare è quindi ben lontano dall’essere esorcizzato. Sicuramente, finché alcune nazioni avranno armi nucleari, esisterà sempre il rischio che esse possano essere usate per errore, scatenando una catastrofe mondiale, o volutamente contro un nemico che non le possiede, con danni comunque enormi ed il potenziale rischio che un tale conflitto si estenda, degenerando nell’Armageddon della guerra nucleare globale.
L’unica soluzione quindi è quella di un’abolizione totale e contemporanea delle armi nucleari in tutto il pianeta. Comunque, anche se si potesse ottenere questo risultato, il rischio nucleare rimarrebbe. Ormai, le armi nucleari sono state inventate e molte nazioni sono in grado di costruirne in tempi assai brevi se fossero coinvolte in un conflitto che le mettesse a serio rischio di sconfitta.
L’unico modo di eliminare per sempre il rischio di una catastrofe nucleare è quindi quello di stabilire un nuovo ordine politico mondiale che cancelli per sempre la guerra come strumento politico.
Vito Francesco Polcaro, scienziato dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziale (Istituto Nazionale di Astrofisica), e membro del Centro per l’astronomia e l’eredità culturale dell’Università di Ferrara
Pubblicato mercoledì 23 Dicembre 2015
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