“I giovani di oggi non li capisco, ma non è una cosa negativa. Anche Cochi e io eravamo marziani”. Così rispondeva Renato Pozzetto a una domanda specifica in una recente intervista a tutto campo rilasciata a “La Stampa” e pubblicata il 31 dicembre scorso.
Sì, anche per noi figli del “baby boom”, o “boomers” come si usa dire oggi, comprendere i giovani non è semplice. Le “istruzioni per l’uso” sono cambiate e la maggior parte di noi (me compreso) non se ne è accorta e – vuoi per pigrizia, vuoi per sbadataggine – non è riuscita ad adeguarsi. Come sempre succede, la mancanza di un codice comune determina incomprensione totale e, ovviamente, la colpa la addossiamo sempre alla controparte: ai giovani per l’appunto.
Eppure basterebbe poco. Sarebbe sufficiente un piccolo sforzo e uscire dal bozzolo che ci siamo tessuti intorno ed ecco, come per prodigio, fiorirci intorno un mondo comunicazionale dove nell’uso del web svetta YouTube, ci sono i social media con Tik Tok (Facebook è ormai solo per noi “vecchi”), e per conoscere nuove persone o nuovi partner ci si avvale di Tinder. Sono unicamente esempi, perché esiste molto altro, naturalmente.
Il commento più benevolo dei miei coetanei verso le generazioni più giovani è “sono strani”, il più acido è “non capiscono nulla… soprattutto di politica”. Ma le cose non stanno affatto così.
A un evento dedicato ai giochi da tavolo mi è capitato di incrociare un nugolo di giovani. Tantissimi: dai sedici ai quarant’anni. Alcuni “strani”: con tanti tatuaggi, piercing, capelli dai colori improbabili. Tutti accomunati dalla passione per quei giochi – siano war game o giochi di ruolo – che nulla hanno a che vedere con quelli conosciuti e praticati da me e dai miei coetanei, cioè Risiko e Monopoli…
I giochi che appassionano le nuove generazioni sono fondamentalmente diversi in un aspetto: la complessità. Ai miei tempi, le istruzioni del gioco da tavolo erano racchiuse, esagerando, in tre paginette, mentre oggi prima di appressarti al tavolo e iniziare a giocare, devi studiarti almeno una trentina di pagine.
Girando all’interno dello spazio, sia espositivo sia dimostrativo, adocchiando prima un gioco, poi un abbigliamento bizzarro, raccogliendo spezzoni di frasi cifrate (“raga, scialla! Con questo gioco ci becchiamo dopo e facciamo sole!”, che tradotto vuol dire “tranquilli ragazzi, ci vediamo più tardi con questo gioco e ci passiamo la notte!”) sono arrivato a un tavolo dove quattro giocatori avevano catturato l’attenzione di una ventina di spettatori.
Il titolo del gioco ha immediatamente attirato il mio interesse: “Italy ’43-’45 – La resa dei conti”. Incredibile, un war game tra quattro attori: i nazisti, i fascisti repubblichini, l’esercito di Badoglio e i partigiani autonomi (accomunati), il Cln con i partigiani Garibaldini. Più un quinto attore gestito dal gioco stesso e non da un giocatore: le Forze Alleate. Teatro del game: una grande e bellissima mappa dell’Italia e dei Paesi confinanti.
Fondamentalmente, dunque, un gioco di strategia, dove gettare il dado tra le parti capita rarissime volte.
Era presente l’autore – Giovanni Tosello, docente di informatica alle medie superiori –, che ho immediatamente avvicinato per capire la genesi del bel passatempo: a suo dire “un modo per suscitare curiosità verso avvenimenti che per gli utenti di questo gioco, età media trent’anni, sono lontanissimi nel tempo, mai studiati a scuola, e raramente descritti in famiglia”.
In effetti, la mappa e le carte di Italy ’43-’45 invogliano ad approfondire, soprattutto queste ultime: sono cento, ognuna con una fotografia d’epoca brevemente ma accuratamente descritta nel fascicolo delle istruzioni. Nelle foto sono rappresentati i protagonisti (i Buoni e i Cattivi verrebbe da dire), le situazioni, e alcuni avvenimenti. Più una stranezza: sulla confezione esterna non appariva la croce uncinata dei nazisti.
Ho chiesto il perché a Tosello: “Quella che vede è una copia autoprodotta delle cento realizzate – mi ha spiegato l’autore -Siamo alla ricerca di un editore, anche straniero, e in Germania è proibito tassativamente qualsiasi riproduzione pubblica del simbolo nazista”. Verrebbe da dire: come non accade in Italia con il Fascio Littorio(sic!).
Ho passato un pomeriggio domenicale a studiare le trentadue pagine del libretto di istruzioni e poi ho affrontato una partita con tre avversari, assidui giocatori di questo tipo di intrattenimento. A loro dire il gioco è molto ben strutturato e, soprattutto, bilanciato.
Io mi sono lasciato coinvolgere e mi sono divertito. Molto. Le tre ore – tanto è durata la partita – sono volate. Insomma ho scoperto un modo innovativo per trasmettere nozioni e concetti a persone altrimenti ignare o lontane.
Ah, dimenticavo… io giocavo con i Garibaldini e alla fine della partita ho vinto io.
Luciano Bellunato, Anpi di Alba-Bra (CN)
Per maggiori informazioni: tosello@gmail.com
Pubblicato martedì 24 Gennaio 2023
Stampato il 25/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/giocando-alla-resistenza-per-imparare-la-storia-e-vincere/