In occasione del Settantesimo anniversario della Liberazione le amministrazioni dei comuni di Attimis, Cividale del Friuli, Faedis, Lusevera, Nimis, Povoletto, Pulfero, Remanzacco, San Pietro al Natisone, Taipana, Tarcento e Torreano hanno promosso una serie di iniziative volte a ricordare la Zona libera partigiana del Friuli orientale, costituita nell’estate del 1944, episodio che ha segnato in maniera significativa la storia di questi paesi.
Al progetto, sorretto dal coordinamento scientifico dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, hanno aderito anche l’ANPI di Udine e l’APO. Tra le iniziative si è distinto per la particolare valenza storica un convegno realizzato in due giornate (26 e 27 settembre 2014) e di cui la Società Editrice il Mulino ha recentemente pubblicato gli atti. Il volume dal titolo Estate-autunno 1944. La zona libera partigiana del Friuli orientale è stato curato da Alberto Buvoli e da Andrea Zannini e presenta saggi di Santo Peli, Alberto Buvoli, Massimo de Leonardis, Nevenka Troha, Goradz Bajc, Marino Qualizza, Flavio Fabbroni, Fabio Verardo, Gian Carlo Bertuzzi, Paolo Pezzino.
Gli studi di Alberto Buvoli e di Gian Carlo Bertuzzi hanno un taglio di carattere tecnico che si concentra sulle operazioni militari legate alla conquista della Zona libera e alla successiva reazione nazista per la rioccupazione dei territori. Gli altri articoli, invece, espongono approfondimenti mirati, ponendo l’attenzione su questioni specifiche: il rapporto tra partigiani e alleati anglo-americani (Massimo de Leonardis); la collaborazione tra il movimento di liberazione sloveno e quello italiano (Nevenka Troha); il discusso ruolo del IV Battaglione sloveno nella difesa della Zona libera interpretato attraverso la contrapposizione di documenti e di ricostruzioni storiche italiane e slovene, evidenziando quella che l’autore definisce “incomunicabilità storiografica” (Gorazd Bajc); il confronto tra diverse prospettive e memorie transnazionali, in particolare sull’atteggiamento della popolazione delle Valli del Natisone di fronte alla questione nazionale (Marino Qualizza); la quotidianità e il ruolo dei CLN (Flavio Fabbroni); l’atteggiamento del clero, in parte attivo nella Resistenza e in parte ancorato alle indicazioni dell’arcivescovo di Udine, Mons. Giuseppe Nogara, che consigliava un impegno puramente assistenziale (Fabio Verardo). Il volume si conclude con un commento di carattere generale di Paolo Pezzino.
Se l’esperienza delle Zone libere, in generale, permette di analizzare in profondità alcune questioni legate alla lotta di liberazione come il rapporto tra formazioni armate e popolazione, gli inediti esperimenti democratici, la memoria antipartigiana, quella della Zona libera del Friuli orientale fa emergere una serie di problematiche peculiari vincolate alla posizione geografica: il ruolo strategico fondamentale di questo territorio, le divergenze tra formazioni garibaldine e osovane, il contatto diretto tra Resistenza italiana e slovena. A queste si aggiungono quelle dei confini, delle minoranze etniche e delle contrapposizioni tra nazionalità, aspetti che contrassegnarono “il carattere fondamentale della Resistenza italiana sul confine orientale”, come suggerisce Alberto Buvoli. Non è possibile, quindi, per un approccio scientifico lontano da finalità celebrative, prescindere da un’analisi accurata delle fonti storiche sia italiane che slovene, cosa che è stata fatta in maniera egregia dagli autori di questo volume.
Nell’estate del 1944 nel Friuli orientale la premessa per la realizzazione di una Zona libera partigiana fu l’unificazione tra le formazioni garibaldine e osovane, che riuscì anche grazie all’intervento diretto del maggiore Vincent Hedley “Tucker” della missione inglese. In queste zone operava la Divisione Garibaldi Natisone con due brigate, una dislocata nella zona di Faedis e una nel Tarcentino, a cui si univano i battaglioni Mazzini e Gregoratti sul Collio e il IV battaglione sloveno della XVII Brigata Gregorčič a Platischis. Nello stesso territorio era attiva anche la 1ª Brigata Osoppo Friuli. Con la finalità di consolidare la lotta, tra le due formazioni vennero sottoscritti una serie di accordi: il 22 luglio una collaborazione che regolava lo scambio di notizie di carattere militare, il 26 luglio un Comando di coordinamento che accomunava il servizio di Intendenza e un corpo di polizia, il 19 agosto la creazione di un Comando unico che portò alla costituzione della 1ª Divisione Garibaldi Osoppo con sede a Forame (Attimis). Il comando era formato da Mario Fantini “Sasso” (garibaldino), comandante, Giovanni Padoan “Vanni” (garibaldino), commissario politico, Francesco De Gregori “Bolla” (osovano), vicecomandante, Alfredo Berzanti “Paolo” (osovano), vicecommissario. La forza determinata da questa unificazione permise importanti azioni di guerriglia che riuscirono ad eliminare i presidi nazifascisti di Nimis, Povoletto, Vedronza e Ciseriis e a liberare i territori dei comuni di Attimis, Faedis, Lusevera, Nimis, Taipana e Torreano. Fu durante le azioni per la liberazione di Nimis che nell’abitato di Torlano si compì una delle più tragiche stragi compiute dai nazifascisti in Friuli con l’uccisione di trentatré persone, tra cui bambini e anziani, delle famiglie De Bortoli, Comelli e Dri.
La Zona liberata dai partigiani occupava un territorio strategicamente fondamentale: interrompeva le vie di comunicazione verso l’Austria e la Slovenia ed essendo vicino alla città di Udine assumeva un alto valore politico. La vita venne riorganizzata secondo principi democratici. Furono costituiti vari CLN e pianificati incontri con i capifamiglia per far fronte innanzitutto ai problemi economici. Grazie all’impegno dei Comitati di Liberazione locali, nei comuni di Nimis, Attimis e Faedis vennero disposte le elezioni dei Sindaci e dei Consiglieri comunali a cui parteciparono i capifamiglia. Negli altri comuni non fu possibile a causa del veloce incedere degli eventi bellici.
La reazione tedesca ai successi della Resistenza e alla perdita di vaste porzioni di territorio fu dirompente. Dal 26 settembre la Zona libera del Friuli orientale fu colpita da una serie consecutiva di incursioni con l’utilizzo di carri armati, artiglieria e un treno blindato. I partigiani furono obbligati a sganciamenti e arretramenti continui, mettendo in evidenza difficoltà a sostenere scontri diretti sul campo, anziché operazioni di guerriglia. L’ingente impiego di forze nazifasciste costrinse le formazioni partigiane a ripiegare definitivamente fra il 28 e il 29 settembre, senza poter in alcun modo proteggere la popolazione. I paesi di Sedilis, Torlano, Subit, Nimis, Faedis, Attimis, Torreano vennero incendiati, molti civili uccisi o deportati in Germania.
«A fine settembre del 1944, con l’offensiva tedesca che causa distruzioni sistematiche e morte, con le fiamme e il fumo che si levano dai paesi incendiati, con le lunghe colonne di persone e carri agricoli, carichi delle poche cose che la gente cacciata dalle case aveva potuto portare con sé, diretta dolorosamente verso i paesi vicini, con le tristi file di uomini e donne arrestati che tedeschi e fascisti conducono verso Udine e verso un tragico destino di deportazione, si conclude drammaticamente l’esperienza della Zona libera del Friuli orientale»: così Gian Carlo Bertuzzi dipinge le ultime scene di questa breve esperienza di libertà duramente repressa dai nazifascisti.
Pubblicato venerdì 17 Giugno 2016
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