Il  retro del ritratto di Alberto Della Ragione di Renato Guttuso. La tela è al contrario per far leggere la scritta dell’artista: “25 luglio ’45, fine del fascismo”

La prima opera è una tela di Renato Guttuso esposta al contrario, il ritratto di Alberto Della Ragione, il collezionista e mecenate a cui sono appartenuti tutti i capolavori in mostra. In alto a destra si legge: “25 luglio 1943 fine del fascismo”. Succede così che nel percorso espositivo, in tutte le opere anche l’innocua innocenza dei temi tradizionali – paesaggi, nature morte, ritratti – diventi altro: un’ombra buia ne avvolge il senso disvelando lo stato d’animo di chi le ha dipinte e l’inquietudine collettiva per il rombo sempre più vicino di una nuova guerra.

Il Museo Novecento di Firenze

La mostra si intitola “Retroscena – Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione” ed è in programma fino al prossimo 2 aprile al Museo Novecento a Firenze: racconta i segni del dissenso, il rifiuto del regime, l’impegno civile e le radici morali della futura Resistenza in artisti che hanno vissuto, interpretato e talvolta subìto gli anni più bui del secolo scorso, quelli cavallo delle due guerre e della dittatura fascista. L’obiettivo dei curatori Sergio Risaliti, Eva Francioli e Chiara Toti è duplice: indagare il sentimento di artisti come Scipione, Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Renato Guttuso, Renato Birolli e Emilio Vedova, ma anche il perché delle scelte di chi, innamorato della loro arte, queste opere le selezionò.

Quadri in esposizione nella mostra Retroscena, al Museo Novecento di Firenze (foto da Facebook)

In una natura morta, sempre di Guttuso, compare un quotidiano, il Secolo, incastrato tra bottiglie, fiori rossi e libri. Poco distante c’è l’esplicitissimo “Il massacro”, dipinto nel 1943. In “Maschera e cilindro”, di Mario Mafai, il cappello potrebbe essere quello di Mussolini, mostrato in tanti scatti fotografici dell’epoca.

Suggestioni. Forse profezie. Come la scelta di dipingere la scena di un vitello macellato o il “Ritratto di uomo” di Carlo Levi”, grigio e rassegnato. O un esistenziale “Sedia con le chiavi” di Giuseppe Santomaso. “(…) Quante frequenze più volte con la testa nei sassi, in un sempre peggio… fra un odore di fumo di estate, di latte abbrustolito, nelle malghe vuote (…). Ma anche le giornate di vivide forze, di nervi e presenze più forti, di una sempre più chiara coscienza. Lo scendere a valle, lo scontrarsi e rovesciare il calendario degli incubi. Dovrei elencare troppe cose, i rastrellamenti, le ferite, le fughe, i giorni tragici.. col mio sacco partigiano riportai una cartella di disegni, presto quasi tutta dispersa, dai quali però trassi una serie di tempere”.

Il pittore Emilio Vedova da giovane. Sullo sfondo una sua opera

Emilio Vedova lo appunta nel suo diario. Parole che si trasformano nei tratti corposi, rigidi e netti-come a inseguire i movimenti dei corpi dei protagonisti- delle tele “Natività” e “Crocifissione” del 1942, mutuate dalle opere del Tintoretto. Mario Mafai invece è presente con una delle sue “Fantasie” e in opere esplicite come “Demolizioni”, una delle tele che racconta la distruzione di Roma per mano del regime, che la voleva simbolo dell’orgoglio italico, pronta alla guida di un impero risorto.

“La mia fortuna è stato il fascismo”, disse negli anni 60 Alberto Della Ragione. Antifascista da sempre, non esitò a opporsi alle restrizioni e alle intemperanze del regime schierandosi a favore di artisti e intellettuali anticonformisti. E non c’era artista di quel periodo che non lo stimasse: li protesse e li ospitò, sostenendoli soprattutto nei momenti più duri. Le leggi razziali e la stretta politica e personale del regime contro molti di loro, ha trovato un argine in questo mecenate, sempre vicino alle firme più giovani, quelle osteggiate dalla critica, quelle perseguitate per ragioni politiche.

Una delle opere di Mario Mafai in mostra

Nato a Piano di Sorrento nel 1892, Alberto Della Ragione fu un ingegnere navale, esperto nel recupero di navi affondate, e insegnante di matematica all’istituto navale di Livorno. Grande appassionato di arte, nel 1931 cedette tutta la sua collezione dell’Ottocento napoletano in cambio di un centinaio di opere dei maggiori artisti contemporanei, tra cui Sironi, Carrà, Morandi. Fu una svolta: “Un certo turbamento mi venne anche dalla considerazione della persistenza, universalità, innegabile sincerità del movimento contemporaneo verso un’arte animata dall’eterno respiro della fantasia e non più fantesca del vero”, spiegò nel 1938.

Un angolo della mostra

E con coraggio, sempre nell’anno delle leggi razziali, investì una cifra considerevole per acquistare il noto “Autoritratto” del pittore ebreo Amedeo Modigliani. E quando la “Bottega di Corrente” a Milano, centro gravitazionale per gli artisti schierati all’opposizione venne chiusa, la rilevò trasformandola in “Galleria della Spiga e Corrente”. Inaugurata nel 1942, la rese una delle più d’avanguardia in Italia, sempre contrapposta alle correnti di regime: riuniva nomi come Renato Birolli, Luigi Broggini, Bruno Cassinari, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Ennio Morlotti, Giacomo Manzù, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu, Giuseppe Santomaso, Ernesto Treccani, Fiorenzo Tomea, Italo Valenti, Emilio Vedova.

Nel marzo del ’43, la Galleria espose i disegni di quest’ultimo, mentre venne concepito e scritto un manifesto inneggiante alla rivolta degli intellettuali. Vedova fa in tempo a distruggerlo prima che arrivi l’Ovra, la polizia segreta del regime. Anche se non evita la chiusura della galleria e l’arresto del direttore, Raffaellino De Grada. Questi, insieme a Guttuso, Mafai e altri si rifugiano nella villa di Alberto Della Ragione a Quarto, nota in quei mesi come “covo di antifascisti”. Di lì poco il Paese sarebbe scivolato nel caos e nella guerra. Ma sarà proprio qui che Guttuso, alla notizia della caduta di Mussolini, dopo i festeggianti in piazza, dipinge il ritratto del padrone di casa annotando dietro la tela la storica data del 25 luglio 1945: proprio l’opera che apre la mostra fiorentina.

Firenze

Della Ragione nel 1969 dona duecento opere della sua collezione alla città di Firenze: si tratta di una “attestazione di affetto per la città tremendamente ferita dalla inondazione del ’66, nonché un atto di adesione agli sforzi per restituirle il ruolo di viva capitale dell’arte”, spiegò in un’ intervista.

Collezione Alberto Della Ragione

La Raccolta di arte contemporanea Alberto Della Ragione è rimasta esposta a Palazzo Bombicci fino al 2001, per poi passare alle Oblate. Nel 2014 arriva al Museo Novecento. Nel 1944 le truppe tedesche a Firenze requisirono proprio il complesso delle ex Leopoldine, oggi sede del museo, per trasformalo in un centro di detenzione per i cittadini arrestati dalle milizie della Rsi dopo gli scioperi con cui a marzo si fermarono le commesse industriali della Germania. Oggi quelle carceri ospitano una mostra che ribadisce valori che nessun regime può controllare o silenziare, specie quando a veicolarli è la forza dirompete e senza tempo dell’arte.

Sara Lucaroni, giornalista e autrice di libri tra cui, nel 2024, di “La luce di Singal. Viaggio nel genocidio degli Yazidi”, in precedenza “Sempre lui. Perché Mussolini non muore mai”, “Il buio sotto la divisa. Morti misteriose tra i servitori dello Stato”; è inoltre vincitrice di premi, quali nel 2023 il premio giornalistico nazionale “La matita rossa e blu”