La notizia aveva fatto molto scalpore in estate e ha suscitato svariati dibattiti sul rapporto tra violenza e arte, nonché sui messaggi sociali che l’arte può trasmettere, mentre in questi mesi sono proseguite le indagini per chiarire le responsabilità dell’accaduto. Come si ricorderà, il 12 luglio, in piazza del Municipio a Napoli, è stata data alle fiamme la Venere degli stracci, l’opera dell’artista Michelangelo Pistoletto, conosciuto a livello internazionale per la sua ricerca originale nel campo delle arti visive. Ad appiccare il fuoco era stato accusato quasi da subito un giovane senz tetto, accusato di incendio e distruzione di beni culturali. L’iniziale ipotesi di un gesto di violenza politica o malavitosa contro un’opera d’arte di grande valore culturale è scemata progressivamente verso ragioni esistenziali e psicologiche, vista la drammatica situazione del protagonista della storia, un uomo che probabilmente in quegli stracci di Pistoletto aveva visto una provocazione diretta alla sua vita tra gli stracci.
Ma non vogliamo qui entrare nel merito dell’accaduto, né tantomeno scadere in facili moralismi. Ci interessa invece, a distanza di due mesi inquadrare la Venere nel percorso artistico di Pistoletto, anche alla luce della mostra in corso a Roma fino al 15 ottobre (Chiostro del Bramante). E l’altra notizia importante da dare per aggiornare questa storia riguarda l’iniziativa di un gruppo di 13 ragazze della periferia napoletana, che hanno aperto un gazebo in piazza Municipio per vendere i prodotti della sartoria sociale di Scampia. Il lavoro delle ragazze che hanno creato due brand, grazie a un progetto di formazione finanziato da Regione Campania e Comune, servirà proprio per finanziare il rifacimento della Venere degli Stracci di Pistoletto, che rinasce quindi come una moderna fenice.
L’opera era stata scelta per inaugurare OPEN. Arte in centro, iniziativa di Napoli Contemporanea, promossa dall’amministrazione comunale, a cura di Vincenzo Trione, volta a promuovere un legame fra storia, persone e arte contemporanea. “Anche in una città come Napoli – aveva spiegato il maestro dell’arte povera il giorno dell’inaugurazione – la bellezza e la miserabilità dell’esistenza possono essere, attraverso quest’opera, uno stimolo di rigenerazione e connessione. La Venere che viene dalla storia della bellezza rigenera questi stracci, che di colpo diventano opera d’arte e ritornano a vivere”. L’artista si è reso disponibile ad una nuova ricostruzione della sua Venere, senza tuttavia nascondere un certo dispiacere per il gesto vandalico subito: “Non mi stupisce il fatto – aveva dichiarato l’artista – ma mi spaventa, perché mi mette davanti a una situazione drammatica del nostro tempo. Un tempo in cui si continua a rispondere a qualsiasi proposta di bellezza, di pace e di armonia con il fuoco e con la guerra. Mi sembra quasi l’eco di quello che sta succedendo nel mondo dove c’è gente che dà fuoco da tutte le parti”.
Nato a Biella nel 1933, Pistoletto è considerato oggi uno degli artisti italiani più influenti nel panorama contemporaneo ed ha sempre pensato all’arte come una missione, uno strumento corale di salvezza non soltanto per il singolo ma per tutta la comunità. È il 1967 quando l’artista presenta per la prima volta la sua Venere degli stracci, una scultura in cemento della dea dell’amore, circondata da centinaia di cenci, ammassati uno sopra l’altro. Un’opera chiaramente polemica, che denuncia il consumismo della nostra società. Un consumismo che non porta solamente al consumo delle mode, dei panni ormai logori, ma anche a quello della società, con la costante necessità di produrre sempre più oggetti, spesso inutili, che andranno ad accumularsi gli uni sopra gli altri. Qui l’armonia e la perfezione dell’arte classica – rappresentate dalla Venere – stridono con la negligenza contemporanea. “Basta guardare l’opera – spiega l’artista – si vede che c’è un mucchio di stracci e una Venere: questi stracci sarebbero solo dei rifiuti se non ci fosse la Venere che li rigenera. La Venere che viene dalla storia della bellezza, della felicità, che rigenera questi stracci e di colpo questi diventano un’opera d’arte e ritornano a vivere”.
Notiamo come per Pistoletto l’arte è sempre stata uno strumento inclusivo, capace di coinvolgere la società e di incidere sui processi di sviluppo: “Aiutare le persone ad entrare a contatto con l’arte ed entrare a tu per tu con emozioni, situazioni, segni, concetti differenti, vuol dire anche aprire la mentalità del pubblico, che non è più legato solo a una descrizione univoca, ma a una molteplicità. Questa molteplicità porta anche ad amare le differenze, sul piano umano, delle diverse culture”.
Pistoletto è uno dei pochi italiani a essersi inserito con successo nel contesto americano della Pop Art; dal 1961, con le sue opere specchianti indaga la dimensione della spiritualità e invita il pubblico a considerarsi una piccola particella dell’universo: piccola ma fondamentale, doverosa di rispettare se stessa, gli altri e la natura di cui tutti noi facciamo parte. “Nel 1961 – ha raccontato Pistoletto – ho fatto il mio primo quadro specchiante, cioè ho trasformato la tela in una superficie specchiante, e lì ho realizzato per la prima volta un autoritratto che non è più soltanto quello dell’artista solo – come vediamo in tutti gli autoritratti del passato – ma è il ritratto dell’artista insieme al mondo, agli altri. È l’autoritratto sia dell’artista che del mondo. Da quel momento ho pensato che il soliloquio dell’artista doveva per me finire. Doveva nascere per me il colloquio, l’incontro, il rapporto tra l’arte e il mondo”.
Due anni dopo, nel 1963 i suoi lavori saranno esposti nelle sale parigine della gallerista Ileana Sonnabend, accanto a Rauschenberg, Lichtenstein, Dine, Johns, Warhol, Oldenburg e Segal. L’anno successivo, Leo Castelli vende una sua opera al Moma di New York. Tuttavia, la voglia di emanciparsi e di non “diventare un prodotto commerciale per gli americani”, spinge l’artista a realizzare la mostra Oggetti in meno (1966), legati alla temporalità e che anticipano quella che sarà l’Arte povera.
Il contributo di Pistoletto alla nascita del movimento fondato nel 1967 da Germano Celant è fondamentale e la sua Venere degli stracci ne è l’emblema. “La Venere degli stracci – spiega l’artista – è un’opera interattiva nel senso che è attivata dal pubblico che mentre consuma moda produce stracci. La Venere sempre nuda rappresenta ogni persona che si veste e si sveste incrementando degli abiti-rifiuto. La Venere è la memoria mentre gli stracci sono il continuo passare delle cose. Gli stracci lasciati a se stessi non vorrebbero dire nulla, non significherebbero altro che inquinamento, mentre la Venere, apportando la memoria della bellezza nell’arte, li rigenera trasformandoli in colore, calore, emozione, sensazione. È il pensiero che fa rinascere”. Un’opera questa quanto mai attuale, che ci invita a ripensare alle regole della nostra società, cercando magari modelli di vita alternativi all’idea di sviluppo capitalistica per approdare ad una realtà più equa. Ci auguriamo che la bellezza della Venere permetta al genere umano di cambiare rotta, di rigenerare quegli stracci e promuovere comportamenti più attenti, meno inquinanti, perché presto se il consumo delle risorse della natura non sarà messo a freno, vivremo conseguenze davvero terribili.
Fino al 15 ottobre 2023, nella Capitale, le sale del Chiostro del Bramante ospitano la rassegna Infinity, l’arte contemporanea senza limiti, dedicata proprio all’arte di Pistoletto. A cura di Danilo Eccher, la mostra presenta cinquanta opere e quattro grandi installazioni site specific: un vero e proprio racconto di oltre sessant’anni di carriera, con i lavori simbolo di Pistoletto, in un arco temporaneo che dal 1962 arriva ai giorni nostri: dagli anni Sessanta con i Quadri specchianti, Metrocubo di Infinito, Venere degli Stracci, Orchestra di stracci e Labirinto, gli anni Settanta con L’Etrusco e la serie delle Porte Segno Arte insieme ad Autoritratto di Stelle fino a lavori più recenti. Negli anni Novanta i Libri, nel Duemila i quadri specchianti oltre ai progetti legati alla formula della creazione, Love Difference-Mar Mediterraneo e Neon, al Terzo Paradiso.
Nel frattempo, a tutti noi, non resta che ammirare Venere, la dea che protegge l’amore in tutte le sue forme e apprezzare l’arte, cercando sempre di coglierne i significati più profondi.
Francesca Gentili, critica d’arte
Pubblicato sabato 23 Settembre 2023
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