La città di Torino dedica una grande retrospettiva a Henri Toulouse-Lautrec (1864-1901), il più famoso maestro di manifesti e stampe fra il XIX e il XX secolo. Fino al 5 marzo 2017, Toulouse-Lautrec. La Belle Époque – questo il titolo dell’evento – presenterà a Palazzo Chiablese circa 170 opere provenienti dalla collezione dell’Herakleion Museum di Atene, raccontando la vita dell’eclettico e aristocratico artista parigino. Un viaggio nell’universo bohémienne di fine secolo, fra stampe, litografie, manifesti, disegni e libri illustrati. La mostra è infatti dedicata all’attività grafica dell’artista, che al pennello ha spesso preferito il più rapido mezzo del disegno, maggiormente efficace nel rendere l’immediatezza del momento. Con matite e pastelli Toulouse-Lautrec ha rivoluzionato le tecniche di comunicazione, dedicandosi, primo fra tutti, alla pubblicità, di cui ne ha intuito l’importanza come genere artistico. Un genere tipicamente cittadino la cui più grande abilità risiede nel rendere invitante la realtà che si propone all’occhio di chi guarda. «La novità – afferma l’artista – è raramente essenziale. Questo ha a che fare con una cosa sola: rappresentare un soggetto meglio di quanto faccia la sua natura intrinseca».
«Col suo reportage conciso e icastico – scriveva a tal proposito Giulio Carlo Argan – Toulouse-Lautrec non vuole tanto rappresentare la realtà che ha sotto gli occhi quanto cogliere ciò che, trapassando la pura sensazione visiva, agisce come stimolo psicologico». Il suo scopo difatti è sollecitare una reazione nel pubblico e ci riesce adottando uno stile duttile, rapido e fortemente comunicativo. Uno stile, fra l’altro, rinnovato dall’influenza di altri grandi artisti del suo tempo: da Edgar Degas prende l’interesse delle inquadrature di tipo fotografico, da Vincent Van Gogh il gusto per le stampe giapponesi e da Pierre Bonnard la volontà di rinnovare la tecnica dell’incisione nelle sue litografie. La grande diffusione dei poster litografati negli anni Novanta dell’Ottocento è dovuta ai progressi tecnologici della stampa a colori e alle rinnovate leggi che ne regolano l’affissione. I manifesti di Toulouse-Lautrec, in poco tempo, conquistano la sua epoca, incarnando perfettamente il fascino della Belle époque.
L’artista è interessato alla condizione umana della società nella quale uomini e donne, come in una grande commedia, si muovono insieme consumando passioni e debolezze, grandi amori e tristezze, stravaganze ed eccessi. Toulouse-Lautrec ama ritrarre il mondo effimero e brillante di Montmartre, fra ballerine ammiccanti, personaggi del circo, prostitute e mimi. La maggior parte delle sue opere sono riconducibili alla vita nei locali di questa zona; fra balli audaci, bicchieri di assenzio e luoghi proibiti, l’artista assorbe tutte le fascinazioni della vita parigina: «Tutte le sere – racconta l’artista – vado al caffè a lavorare». Grazie ad una spiccata sensibilità, come in un racconto di Maupassant, l’artista riesce a descrivere come nessun altro le seduzioni dell’amore, le passioni e le malinconie degli uomini. In particolare è attratto dalla vita nelle maison closes, dove fra il 1892 e il 1895 trascorre settimane intere ad osservare le ragazze mentre si truccano, dormono o giocano a carte; con loro l’artista riesce a sentirsi libero e non si vergogna del suo aspetto.
Primogenito del conte Alphonse de Toulouse-Lautrec e della contessa Adèle Tapié de Céleyran, Toulouse-Lautrec è infatti affetto da nanismo: la sua altezza non supera il metro e mezzo e la malattia gli comporta anche difficoltà di linguaggio. Il mondo dei caffè e dei bordelli diventa così un porto sicuro, dove divertirsi e trarre ispirazione per la sua arte. Sua musa prediletta la stella del cabaret Jane Avril, la famosa ballerina di cancan del Moulin Rouge dai gusti sofisticati alla quale l’artista regalò la fama eterna ritraendola in splendidi manifesti.
La mostra, sotto l’egida del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, è prodotta e organizzata dai Musei Reali di Torino e Arthemisia Group, con il patrocinio della Città di Torino ed è a cura di Stefano Zuffi.
Francesca Gentili, critica d’arte
Pubblicato lunedì 19 Dicembre 2016
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