Il 21 gennaio, si è conclusa a Roma una singolare mostra di pittura, La crociata dei bambini, titolo che trae ispirazione da una canzone di Vinicio Capossela, che si rifà a sua volta a una poesia di Bertolt Brecht: una mostra ideata e curata da Roberto Gramiccia, presentata, con particolare convinzione, dall’Anpi nazionale, e patrocinata dal VII Municipio di Roma, che l’ha ospitata all’interno dei locali consiliari, nella bella cornice di Villa Lazzaroni, un’isola di verde in uno dei quartieri più affollati e movimentati della Capitale.
L’aggettivo “singolare” non è adoperato a caso. Esteriormente, la mostra non appare diversa da altri eventi analoghi: se ne distingue, semmai, per la elevata qualità artistica, l’indiscusso prestigio degli artisti espositori, la pluralità e la raffinatezza dei vari linguaggi pittorici adottati. E di questo si tornerà a parlare più avanti.
Ma la singolarità consiste piuttosto nell’intento della mostra, esplicitato nel sottotitolo: Artisti per il disarmo. È una dichiarazione chiara, inequivoca, che incorpora un monito e una speranza e segnala un fatto al quale non si assisteva più da tempo: il fatto che in un momento storico particolare, profondamente segnato dall’incertezza e dalla paura, un gruppo di artisti, di diversa formazione e di varia inclinazione, torna a utilizzare i propri mezzi espressivi per rivolgersi a un pubblico ampio, non ristretto alla cerchia degli addetti ai lavori, e rivendica ed esercita il diritto/dovere della cultura a richiamare la centralità dei valori fondanti della convivenza democratica: la pace, l’accoglienza, la solidarietà.
In una parola, questa mostra è un ritorno all’impegno civile degli artisti, a un’assunzione di responsabilità del mondo della cultura verso la società civile che per molti anni è stata considerata un elemento indefettibile del discorso pubblico ma che da un periodo di tempo altrettanto lungo è stata sopraffatta dal predominio dell’individualismo, dall’apologia del mercato come metro di misura della qualità delle diverse espressioni artistiche e da un antintellettualismo diffuso in taluni ambienti della politica, non da oggi, e spesso in modo aggressivo, sulla difensiva nei confronti del dissenso proveniente dal mondo della cultura, scientifica e umanistica.
Con la recente ascesa della destra al governo, alle tendenze che già da tempo si sono manifestate, di progressivo appannamento della presenza critica della cultura nella vita civile, ha fatto riscontro, e non sembri un paradosso, un accentuato processo di politicizzazione della cultura stessa, e soprattutto delle sue infrastrutture. In questo ultimo caso, però, non si è trattato di esprimere valori, ma di praticare appartenenze e preferenze e, soprattutto, di accettare di agire da mandatari del gruppo al governo, di propagandarne le posizioni o, come si dice con un linguaggio più pudico, di promuovere una nuova narrazione, poco importa se rispondente o meno al vero.
Questo modo di agire, che svilisce un concetto complesso come quello di egemonia a una mera pratica di occupazione di posti di potere, obbedisce a una caricaturale idea di alternanza che banalizza il ruolo di pedagogia civile che la cultura può e deve svolgere, anche nei confronti delle istituzioni, solo però se è messa in condizione di muoversi liberamente e di non essere penalizzata da logiche di mero dominio.
Muovendosi in controtendenza, gli artisti della Crociata dei bambini non hanno inteso prendere la parola in favore di una parte politica, non hanno firmato un appello, non hanno polemizzato con un avversario, né assecondato un amico: in altre parole, non si sono limitati a un intervento di corto respiro, ma hanno ritenuto, ciascun secondo la propria sensibilità e con il proprio linguaggio, senza uscire dalla dimensione artistica, di doversi pronunciarsi sulla irrinunciabilità di alcuni valori di fondo, di esprimersi in modo inequivocabile su uno dei temi che più da vicino incalza la coscienza individuale e collettiva delle nostre società: il tema della pace e della guerra.
E lo hanno fatto in un momento particolare, nel quale, dopo molti anni, la pace torna ad apparire una condizione transitoria del mondo, anche per quelle parti del globo che si ritenevano al sicuro dai conflitti armati e dalle conseguenti catastrofi umanitarie, e il motto clausewitziano della guerra come prosecuzione della politica con altri mezzi torna a trovare degli estimatori sempre meno timidi e sempre più espliciti nell’affermare che il principio costituzionale del ripudio della guerra ha cessato di rappresentare un imperativo categorico, per ridursi a una opzione possibile, ma non sempre praticabile, soprattutto quando l’antagonista, il nemico potenziale o in atto risulta irriducibile a un sistema di valori considerato superiore e pertanto da sostenere e imporre, se del caso, anche con la forza delle armi.
Senza alzare la voce, senza clamore, gli artisti che hanno partecipato alla mostra hanno manifestato il loro dissenso anche verso una tendenza strisciante alla militarizzazione dell’opinione pubblica, alla subordinazione del pensiero critico al primato della logica dello schieramento, che polarizza il confronto, sollecita l’emotività a scapito della riflessione e tende inevitabilmente nell’inasprimento dei conflitti.
E lo hanno fatto nel loro modo. Trentacinque artisti, maestri affermati e giovani autori, hanno declinato il tema cruciale della guerra, della pace del disarmo, ciascuno secondo la propria peculiare sensibilità, affiancando e mettendo a confronto stili, linguaggi e perfino materiali differenti.
Il catalogo della mostra (Edizioni Efesto, pp 87, €13,50) consente di rivivere l’emozione della visione diretta, e chi avrà modo di sfogliarlo e di soffermarsi sulle sue pagine non potrà non avvedersi di uno straordinario e meditato sforzo comunicativo condiviso da tutti gli autori, che nelle loro opere hanno trasfuso un sentimento di angoscia di fronte alle catastrofi della contemporaneità, senza però rinunciare a mantenere acceso un barlume di speranza: come peraltro fa sempre l’arte, quando con la forza di un linguaggio universale evoca il tema del riscatto e della redenzione dalle paure e dallo smarrimento del presente.
Valerio Strinati
Pubblicato mercoledì 7 Febbraio 2024
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/forme/dipingere-lorrore-35-artisti-per-il-disarmo/