La Resistenza è stata celebrata dall’arte urbana in un’opera di Ex Voto. Un poster apparve a Roma per il 70º anniversario della Liberazione dell’Italia dal fascismo e fu rimosso per “offesa alla morale religiosa”. Modificata, l’opera ha seguito il suo naturale ciclo di vita lasciandosi smembrare dalle intemperie.
La Splendida Madre della Resistenza è un’istallazione cartacea che rivisita in chiave politica la Maternità di Gino Severini, protagonista del Futurismo e firmatario del suo Manifesto del 1909. Ha dimorato su un muro di Porta San Paolo a Roma, fulcro delle celebrazioni del 25 aprile – l’antifascismo su cui si impianta la Costituzione italiana – che qui si svolgono dal 1945.
A scortare la Madre, i ritratti di due protagonisti dell’antifascismo: Argo Secondari e Guido Picelli, entrambi tra i fondatori degli Arditi del popolo, primo movimento armato antifascista.
Secondari, anarchico e core romano degli Arditi del popolo, come riporta l’iscrizione, finì i suoi giorni internato in un manicomio di Rieti. Picelli, deputato socialista, viene qui ricordato per la barricata umana contro le orde fasciste della sua Parma: nel 1922 un battaglione di fascisti volle punire la città del suo antifascismo. Picelli fu lì con i suoi arditi, circa 300 persone male armate di varia estrazione politica (anarchici, socialisti, comunisti, popolari e repubblicani). L’intera popolazione fu mobilitata, donne comprese. La battaglia durò dall’1 al 6 agosto, quando i fascisti si ritirarono, dimostrando che il fascismo – volendo – si poteva fermare.
«Sono riferimenti, neanche tanto velati, all’anarchia. Genericamente spacciata come sinonimo di disordine e confusione ma che in realtà è l’unica pratica possibile contro ogni forma di costrizione imposta dal potere» chiosa Ex Voto, autore del trittico.
Da Divina a Splendida. La Divina Madre della Resistenza – titolo iniziale dell’allegoria – recava dietro il suo capo un’aureola. Divina. Aureola. L’associazione alla tradizione cristiana è subito fatta. Sacrilega, oscena. Viene così bollata da un comitato cittadino. E prontamente rimossa. Ma l’artista non ci sta. Non è una Madonna. Spiega l’equivoco in un lungo post sulla sua pagina social indirizzato al comitato censore: «il poster è improntato sul ruolo svolto da tutte quelle Donne italiane, Madri e Partigiane che sono riuscite attraverso il nutrimento del loro prezioso latte – la cultura della Resistenza al fascismo – a crescere le generazioni di Antifascisti che sono seguite a quelle che combatterono allora, contro la brutalità e l’odio, prerogative di quel regime», parafrasando nutrimi della tua essenza, la didascalia posta al di sotto della composizione figurativa. Gli contestano anche l’uso diffuso del colore rosso, associabile agli inferi. E allora Ex Voto apporta delle modifiche. «Sul basco, che è sempre stato verde, la Stella – che per me, e nel linguaggio dei simboli, rappresenta il concetto d’Idea – non è più Rossa – come il sangue che siamo disposti a versare per difendere e promulgare quell’Idea – ora è Tricolore: come quella che c’era sui baschi dei Partigiani e proprio come la bandiera del nostro bel Paese che in quel sangue – quello dei Partigiani, sia chiaro – è, costituzionalmente, piantata» si legge ancora nel messaggio. «Ho riportato il colore del fondo della composizione figurativa a quella originale di Severini, dove per lui il verde rappresentava la forza della tranquillità, e dove per me invece il colore rosso semplicemente rappresentava le fiamme dell’inferno della guerra. Ho sostituito – continua l’autore – la parola divina – anche se è un banale aggettivo – al più semplice splendida».
Ma le critiche e i pregiudizi sono effimeri, proprio come la street art che non ha l’ambizione di rimanere per sempre. Quel che conta è il messaggio che vuole veicolare. «L’auspicio è quello di proteggere le memorie e i valori rappresentati in questa immagine – dice l’autore. Il passato è parte integrante di quel che siamo oggi. Dimenticarlo è come rinnegare noi stessi e ciò che siamo divenuti come umanità oltre che come aggregato sociale». Certo, una richiesta di protezione della memoria collettiva, ma anche una denuncia al capezzale di un’Italia anemica di religione civile, un’Italia che difetta «di quell’insieme di narrazioni storiche, figure esemplari, occasioni celebrative, riti di memoria, miti, simboli che riescono a radicare le istituzioni non solo nella società ma anche nelle menti e nei cuori dei singoli individui» scrive lo storico Giovanni De Luna in Una politica senza religione (Einaudi 2013). Una religione laica il cui obiettivo è la costruzione di uno spazio pubblico e di cittadinanza che cozza con il dispregio imperante dell’uomo qualunque, sbeffeggiato da tante commedie cinematografiche, attaccato ai piccoli piaceri, alle minute soddisfazioni della vita quotidiana, agli interessi familiari e del tutto indifferente alle ragioni della collettività. Libertà è partecipazione, cantava Giorgio Gaber.
Splendida Madre della Resistenza nutrici della tua essenza.
Mariangela Di Marco
Pubblicato mercoledì 20 Febbraio 2019
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