Soldo
Dal latino “sòldus”, contrazione da “solidus” ovvero moneta d’oro poi di argento, letteralmente “pezzo intero”, perché in origine significava la totalità di una moneta, non una parte di essa (agli inizi del ’900, in Italia, 20 soldi formavano una lira). Nome dato in tempi vari a monete di diverso valore; indi moneta, stipendio e specialmente la paga del soldato. Essere o stare al soldo vuol dire essere o stare al servizio e specialmente al servizio militare. Deriv. “soldare” ovvero pagare, da cui soldato e assoldare.
Nell’antica Roma i soldati avevano diritto, oltre allo stipendio, a una distribuzione periodica di sale. Esso costituiva uno dei pochi mezzi atti alla conservazione dei cibi. Per questo il sale, equiparato a denaro contante, con granaglie e olio costituiva anche l’indennità dei magistrati per il loro sostentamento. Da qui il termine odierno “salario” e la via di comunicazione per il trasporto del sale: “Via Salaria” (che attualmente congiunge Roma con il mare Adriatico) era destinata a trasportare il sale dal guado del Tevere alla Sabina.
Soldato
Questo termine ha mantenuto la stessa radice in quasi tutte le lingue europee: dal francese e tedesco “soldat”, all’inglese “soldier”, spagnolo “soldado”; esso proviene dall’antico provenzale soudadier (solidatarius). Meno accreditata la provenienza dalla voce “soldurii” citata da G. Cesare presso gli Aquitani (Aquitania = regione della Francia sud-occidentale. Attuale capitale: Bordeaux) col senso di devoti, compagni per la vita e per la morte; notare anche l’antico ted. “Shuld” ovvero debito. In barbaro latino soldanèrius, vale a dire soldato mercenario. Infine: militare al soldo di un principe, di uno Stato.
Mercenario
Dal latino “mercenarius”; proveniente da “merces” (prima ricompensa, poi grazia, favore). Che si fa o si presta per mercede; che bada solo al prezzo, al guadagno. Più concretamente soldato che milita a prezzo, per lo più in senso dispregiativo e opposto alla milizia vera e propria nazionale.
Fin dall’antichità si hanno notizie di utilizzo di truppe mercenarie. Nel XIII secolo a.C. il Faraone Ramesse II si servì di soldati “shardana”, provenienti dalla Sardegna, per combattere gli Hittiti (Wickipedia). Si narra che Ciro il Giovane, nel V sec. a.C., riuscì a costituire un esercito di diecimila mercenari. In Grecia vennero utilizzati dai tiranni soprattutto come guardie del corpo e se la guerra contro i Persiani fu vinta dagli eserciti cittadini, in quella fra Atene e Sparta fu necessario ricorrere a truppe mercenarie. Infatti fin da allora si delineano quelle esigenze militari per cui l’istituzione del mercenario acquisterà tanta importanza in seguito: la mancanza di truppe specializzate negli eserciti cittadini; inoltre sorgono i primi fenomeni sociali: la contrarietà dei cittadini a intraprendere spedizioni lontane, la crisi economica che induce molti al mestiere militare, non avendo altri mezzi di sussistenza. Di conseguenza, muta anche la psicologia dei soldati che combattono lontano dalla patria, interessati unicamente al soldo e alla preda dopo la vittoria.
Nell’esercito romano la figura del mercenario compare tardi, con il nome di “auxilia” (aiuto) e in numero limitato, ciò in quanto Roma ha saputo dare alle sue milizie una organizzazione ben strutturata ed ai suoi soldati una preparazione adeguata. Solo verso la metà del 2° sec. d.C. iniziano ad affluire nell’esercito romano barbari dei Paesi occupati; in seguito il loro numero aumenterà sino a diventare prevalente.
Mercenari sono presenti nelle schiere normanne che scendono in Italia, negli eserciti delle Crociate; tali sono i Lanzichenecchi che misero a ferro e fuoco la città di Roma, segnando, di fatto, la fine dell’epoca rinascimentale.
Le compagnie di ventura: si sono diffuse in Francia e Italia tra la fine del 13° e l’inizio del 14° secolo; vere e proprie corporazioni di mercenari, formate da masnade di soldati di mestiere (soldati di ventura), prevalentemente di bassissima estrazione sociale, pronti ad uccidere ed a farsi uccidere per denaro e per bottino. Esse erano guidate da un condottiero, chiamato Capitano di Ventura.
Tutti i prìncipi italiani utilizzarono queste truppe di professionisti della guerra che avevano un livello superiore di addestramento e una maggiore capacità di usare le nuove armi da fuoco. Le C.d.V. hanno dato fama e potere a molti “Condottieri”. Citiamo fra questi: Braccio da Montone, Bartolomeo Colleoni, Francesco Sforza, Erasmo Gattamelata.
L’ultima compagnia di ventura degna di nota fu quella capitanata da Giovanni de’ Medici (noto come Giovanni dalle Bande Nere). Il termine condottiero deriva dalla parola “condotta” (dal lat. Cum-ducere= portare con sé), che era il contratto stipulato tra il principe e l’uomo d’armi.
Dal termine “condotta” trae origine l’istituto della “Condotta Medica”; essa sorge dapprima nel Granducato di Toscana e nel Lombardo Veneto e solo dopo l’unificazione del Regno d’Italia viene esteso a tutto il Paese. In ogni comune, così, a poco a poco, compare la figura del Medico Condotto. Egli doveva obbligatoriamente risiedere nel comune nel quale aveva la cosiddetta condotta ed era tenuto a fornire obbligatoriamente la propria assistenza, 24 ore al giorno, in modo gratuito ai cittadini poveri.
Con la Prima Repubblica Francese, nata dopo la Rivoluzione e le riforme prussiane nasce l’esercito nazionale che, temporaneamente, pone termine al mercenarismo come fenomeno di massa, salvo ricomparire nel 19° secolo, in epoca coloniale, con la Legione Straniera francese e il Tercio spagnolo. Nelle guerre per la decolonizzazione in Africa si utilizzano mercenari bianchi; in molti casi esperti militari sono ingaggiati a contratto per addestrare, o svolgere gli incarichi più complessi.
Uno sviluppo successivo del fenomeno è rappresentato da “soldati privati” (freelance) che lavorano su commissione per governi stranieri. Infatti, da qualche decennio i servizi di attività mercenaria sono spesso svolti da agenzie private generalmente definite, con termine più benevolo, contractors; ma la sostanza non cambia. Infine, se la remunerazione del contractor è ben superiore a quella dei soldati regolari, egli non ne possiede i relativi doveri e diritti giuridici e se catturato, non può usufruire delle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra.
Girolamo Borsellino, laureato in lingue, studioso dei linguaggi
Pubblicato venerdì 15 Gennaio 2016
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