«Quello che state leggendo più che un libro è un segnalibro. A titolo di memento, è un piccolo testo da tenere a portata di mano, che ci possa ricordare, di tanto in tanto, che ad essere laici si guadagna in felicità e in benessere, individuale e collettivo. Senza eccezione alcuna». Inizia così il nuovo libro di Giuseppe “Pippo” Civati e il tema della felicità è una chiave di lettura interessante: essere più laici, optare «continuamente a favore della laicità», consente di ridurre tensioni, superare disuguaglianze e discriminazioni, permette di comprendere meglio i processi sociali e dà consapevolezza di se stessi.
«La laicità – ci ricorda Civati – è condizione essenziale per la democrazia. Senza la prima non esiste la seconda. Meno siamo laici, meno funziona la nostra democrazia. Nella pratica, soprattutto». Tante le declinazioni della laicità che richiama l’autore.
L’occasione di questa riflessione sulla laicità prende le mosse dal 150° anniversario della Breccia di Porta Pia, anniversario passato sottotono, ma data importante, oltre che un pezzo determinante del Risorgimento, legata alle “pagine laiche” della nostra storia. Una data, quella del 20 settembre 1870 che, non a caso, nel 1895 fu individuata come festa nazionale. Lo resterà fino al 1930, quando come conseguenza del Concordato venne abolita e sostituita dall’11 febbraio, data della firma dei Patti lateranensi.
Civati ci ricorda a tal proposito che Lelio Basso, padre costituente, socialista, a più riprese, nella sua lunga attività parlamentare, si batté per reintegrare il 20 settembre come festa nazionale.
Una ricorrenza che non può non richiamare tutta la complessità della difficile composizione della convivenza politico-istituzionale tra Stato e Chiesa, come ci ricorda l’autore; secondo la comune convinzione che la secolarizzazione della società avrebbe risolto la questione di quella stessa convivenza. Ma così non è stato: anzi, il cambiamento degli ultimi anni della nostra società pone altre riflessioni, e imporrebbe nuove risposte, invece, scrive Civati: «la questione del confronto tra culture e religioni diverse non è nemmeno accennata nel dibattito pubblico, se non per contrapporre le nostre tradizioni ai “nuovi arrivati” e opporsi a luoghi di culto che la nostra Costituzione dovrebbe tutelare. Ancora una volta bravissimi ad essere contro, incapaci di essere per. La discussione stessa di ciò che i fenomeni migratori comportano si ferma sul bagnasciuga degli sbarchi. Nessuna strategia per il futuro, nessuna visione per una società in via di trasformazione. Se ne parla solo in termini strumentali».
Ma ancora tante sono le questioni aperte che richiamano alla laicità, tutte quelle che riguardano la libertà e l’autodeterminazione, l’identità sessuale, la famiglia, ancora in balia di un retaggio patriarcale pesantissimo e il fine vita, solo per fare alcuni esempi. Come afferma Civati «la laicità dovrebbe precedere: venir prima quale condizione del libero e pieno esercizio della democrazia. Non sono questioni secondarie, le questioni della laicità e quelle a essa collegate, perché attengono alla struttura stessa della politica, del discorso pubblico, dell’organizzazione sociale». Il richiamo alla politica è forte e continuo nelle pagine di questo libro di Civati e non può che essere così per affrontare il tema della laicità nel nostro Paese.
La riflessione sulla politica era il progetto di un libro che Civati avrebbe voluto scrivere con Giulio Giorello, intellettuale che ci è stato portato via dalla pandemia e a cui Laico è dedicato; ma il progetto non trovò lo spazio per realizzarsi, e diede vita ad un fitto scambio tra i due e di cui ci sono riportate alcune tracce nel capitolo Lo spazio libero. Tra i temi della discussione c’era quello della sudditanza di certa classe dirigente italiana verso le gerarchie ecclesiastiche, ma anche quello della fecondità delle minoranze e dei pensieri divergenti.
Tanti i riferimenti a una cornice filosofica comune a Civati e a Giorello. Tra tutte ci piace sottolineare la comune passione per Giordano Bruno: Civati ci racconta così come Giorello notava che il filosofo «era e resta insopportabile per ogni istituzione che rivendichi a sé una sorta di monopolio della verità» e sottolinea lo stupore di quanto «al mondo progressista del nostro Paese sia sfuggita la rilevanza della concezione bruniana della incessante “caccia” di verità per l’universo infinito, in ogni direzione: qui si delinea un mondo in cui la ricerca non ha fine, nel susseguirsi di nuove teorie e stili di vita».
Bruno è, e non poteva essere diversamente, una presenza forte in tutto il libro, a partire dalla bellissima copertina disegnata da Tommaso Catone che rielabora graficamente la statua del filosofo che “riempie” Campo de’ Fiori, la storica piazza romana dove fu arso vivo, emblema di cui Civati affronta anche le interessanti vicende nel capitolo dal titolo estremamente evocativo La statua della libertà, il campo della laicità.
Un libro pieno di spunti di riflessione sulla laicità e che sottolinea efficacemente la centralità di questo valore in tanti temi di stringente attualità. Scrive Civati nelle pagine finali che «la posizione del laico va ritrovata e rimessa in gioco»: ce n’è un gran bisogno.
Amalia Perfetti, insegnante e presidente sezione Anpi Colleferro “La Staffetta Partigiana”
Pubblicato sabato 23 Gennaio 2021
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