David Diop, scrittore francese di origine senegalese, in questo breve romanzo racconta la storia dei senegalesi che combatterono nell’esercito francese durante la Grande Guerra. Alla base del romanzo ci sono le sorprendenti lettere di questi “coloniali”, pubblicate in Francia nel 1998, catapultati dall’Africa all’orrore tecnologico della guerra. Diop sottolinea lo sguardo razzistico dei francesi che usano i soldati delle colonie come carne da cannone e li ritengono, per la loro presunta natura selvaggia, pronti a morire senza pensarci un istante «con il fucile regolamentare nella mano sinistra e il machete selvaggio nella mano sinistra». Splendido.
David Diop, Fratelli d’anima, Neri Pozza 2019
Mentre in Spagna un partito nostalgico del franchismo come Vox arriva a toccare il 10% alle elezioni nazionali, fa bene lo storico e diplomatico Angel Viñas a tornare a riflettere sulle origini della guerra civile del 1936-1939. E si tratta di acquisizioni importanti, perché Viñas mette in luce, tra le altre cose, la partecipazione del fascismo già nelle fasi della preparazione del golpe contro la Repubblica. Non solo: lo storico smonta leggende come l’illegittimità della Repubblica o la fandonia di un paese sull’orlo della rivoluzione bolscevica o anarchica, fandonie che fanno tuttavia ancora presa su certa Spagna e che sono alla base del consenso di Vox.
Angel Viñas, Quién quiso la guerra civil?. Historia de una conspiración, Editorial Crítica 2019
La Repubblica rimette in circolazione l’aureo libretto di Tom Nichols uscito nel 2017. L’età della fine della competenza è il rifiuto della razionalità e della scienza, rifiuto che i vari populismi cavalcano a proprio uso e consumo (le balle sull’Europa, per esempio, circolano fuori controllo nel vasto mondo dei disinformati). Il culto dell’ignoranza è un pericolo per la democrazia. In uno dei Carmina Burana si poteva leggere e cantare: Iam scire diu viguit/ Sed Iudere prevaluit (“il sapere fu a lungo onorato, ma adesso il gioco prevale”).
Tom Nichols, La conoscenza e i suoi nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia, la Repubblica 2019
Il diario del partigiano azionista Emanuel Artom (1915-1944) è uno dei documenti più impressionanti della Resistenza. Asciutto, privo di retorica, implacabile nel mostrare contraddizioni e incertezze tra i partigiani e, a tratti, qualche residuo di «metodi fascisti» e tuttavia: «Se non vedessi vetta o paesaggio, non farei la dura salita, ma per timore di retorica preferisco tacere gli alti ideali». Solo togliendo la Resistenza al mito, questa potrà rivelarsi in tutta la sua storica luminosità.
Il torinese Artom verrà catturato dai fascisti nel marzo del 1944, torturato e poi ucciso. Il corpo non è mai stato ritrovato.
Emanuele Artom, Diari di un partigiano ebreo. Gennaio 1940-febbraio 1994, Bollati Boringhieri 2008
Pubblicato venerdì 12 Luglio 2019
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