Lo Sponz Fest a Calitri (foto di Mariangela di Marco)

Decreto sicurezza, carceri, ritorno dei fascismi e “Bella Ciao”. E ancora saltimbanchi, clown, maghi e batticuli. Ma soprattutto cultura e relazioni. Mirabilia e antifascismo dal palco e nei luoghi dello Sponz Fest, il festival diretto e ideato dal poliedrico Vinicio Capossela, quest’anno per la prima volta in versione Viern, invernale che si è tenuto a Calitri (Avellino) dal 3 al 6 gennaio.

Il tendone dello spettacolo (foto Mariangela Di Marco)

È nel tendone da circo bianco e rosso, tra balli, musica e lotterie, che l’autore di “Staffette in bicicletta”, nelle vesti di San Nicola, parla di suicidi nelle carceri, di morti innocenti in Palestina, “di gente che si vota a un santo che è stanco di fare miracoli e di gente che vota male”, mentre dalla platea scrosciano applausi. Parla di un santo migrante che ha fatto miracoli ovunque: Germania, Belgio, Olanda e “che adesso per cento euro può darsi che lo spostino in Albania”. Il culto di San Nicola emigrò oltreoceano insieme a migliaia di persone ed è lì che divenne Santa Klaus, spogliandosi degli antichi panni ecclesiastici e assumendo le fattezze di un vecchio barbuto e grasso, icona di opulenza e benessere. Compiendo un’altra migrazione: quella dal sacro al profano.

(foto Mariangela Di Marco)

L’emigrazione è uno dei temi dello Sponz Fest: in queste terre dell’Irpinia, così come in tutto il Sud Italia, l’Istat continua a fornirci fotografie sempre più impietose riguardo lo spopolamento che tra il 2012 e il 2021 ha visto andare via 525mila persone, oltre 60mila dei quali giovani laureati (42%). Una perdita culturale ed economica inestimabile. E il festival, in questo, muove una parte importante nella promozione e nella scoperta di questi luoghi, insieme a diverse associazioni e realtà del territorio, attraverso incontri con intellettuali e artisti, affermandosi come occasione di approfondimento su tematiche che da sempre caratterizzano le aree interne. E fornendo dunque una visione a 360 gradi della grande “questione meridionale” agli oltre 35mila partecipanti che qui sono venuti dal 2013, anno in cui ha preso vita questa miracolosa forma di attenzione a luoghi che spesso non ricevono attenzioni. In uno “sponzarsi” collettivo, dal dialetto locale “inzupparsi”, di ricreo, cultura, riflessioni. Nonostante le peripezie di viaggio per raggiungere il luogo e le possibili difficoltà di alloggio legate alla ricettività non sempre sufficiente e organizzata.

Capossela in un momento dello spettacolo (foto di Mariangela Di Marco)

Una forma di attenzione che Capossela dà a questi luoghi seguendo la via maestra dettata dall’antropologo antifascista Ernesto De Martino. “Coloro che non hanno radici, che sono cosmopoliti, si avviano alla morte della passione e dell’umano”, scriveva. Perché è proprio qui che il cantautore-viandante ha le sue radici, figlio di una coppia che, come molti, moltissimi figli del Sud, sono andati all’estero per avere una vita migliore. Così, tra un cambio di gruppo e l’altro, Capossela legge sul palco brani di “Cristo si è fermato ad Eboli”, per il cinquantesimo anniversario della morte del suo autore, Carlo Levi, mandato al confino in Basilicata dal regime fascista, “che ha dato voce a una umanità che è quella di queste terre, un’umanità fuori dalla storia”, spiega, mentre il pubblico è in assoluto silenzio.

Calitri, in provincia di Avellino

E Calitri diventa un palcoscenico che racconta le sue storie, quelle di chi è partito in cerca di fortuna e di chi è rimasto. Come i Fujenti, ovvero coloro che scappano dal Sud, un gruppo di sei musicisti che animano i vicoli del paese tra storie di “magiare”, le streghe nate dalla tradizione contadina, e di nuove e vecchie storie di un Sud che si tramandano attraverso la potenza della musica. Lo Sponz Fest si trasforma anche in un canale di pregio per conoscere la storia di questo paese dalle case che si stringono compatte “sopra a frane ferme”, scriveva Giuseppe Ungaretti. Ritto sui suoi costoni di roccia, svetta l’antico Castello che fu residenza della nobile famiglia Gesualdo, raccontata in una partecipatissima camminata nel borgo, animata dalla compagnia “I Teatranti del Sipario” nelle vesti del cardinale Alfonso e di suo nipote, il madrigale Carlo Gesualdo con la sua sposa Eleonora d’Este.

Un’immagine dei vicoli di Calitri

E poi i vicoli, dove spontanea viene intonata Bella Ciao, le grotte di tufo che accolgono il mercatino di Natale proposto dagli artigiani, “il presepe parlante a riproduzione della società contemporanea e delle sue istanze di carattere civile”, come lo definisce Capossela, i laboratori di gastronomia, i piccoli concerti a lume di candela, come quello di Alessandro Asso Stefana in liriche mistiche e commoventi con il pubblico in silenzio liturgico o quello delle tammorre degli acclamati Peppe Leone e Andrea Tartaglia, passando per dispute filosofiche e le poesie di Vincenzo Costantino Cinaski.

“Nel mondo contadino – spiega Capossela – che ha costruito quelle grotte, la stagione della festa era l’inverno: il Natale, il carnevale, i matrimoni, le maschere. Ed è quel gioco e quel racconto che vogliamo accendere negli specialissimi giorni intorno all’Epifania che culminano nella dodicesima notte. La notte che conclude il tempo dei prodigi cominciati con il Natale”.

Costruendo il Presepe (foto di Mariangela Di Marco)

Ed è davvero prodigiosa la grande varietà degli artisti sui palchi e degli eventi in programma di questo festival: Tonino Carotone accompagnato dai Patagarri, le quadriglie e le tarantelle dei gruppi locali, le commistioni folk dei Makardìa che cantano “la rivoluzione sedata a cappuccino e bombolone”, i laboratori per bambini e bambine con funambolismo e teatro d’ombre in una vera e propria educazione al gioco, presentazioni di libri, spettacoli teatrali e proiezioni di film.

Una dodicesima notte quella dell’Epifania, dove è stato acceso un gran falò comunitario, e che coincide con la dodicesima edizione dello Sponz Fest, “numero di grande armonia, della pienezza umana, della ciclicità, un numero che ben si addice alle feste dell’inverno che da sempre ci collocano nella ciclicità della natura”. Nell’attesa che l’inverno passi presto per goderci la numero tredici.

Mariangela Di Marco, giornalista