Cari camerati,
immagino non vi dispiaccia se vi chiamo così, tanto ormai il fascismo non è più reato.
Cari camerati, dicevo,
scusatemi se vi scrivo direttamente, ma lo faccio nella speranza di ricevere finalmente una risposta: siete bravissimi a offendere, diffamare, calunniare, minacciare, ma mai una volta che qualcuno di voi o dei vostri compari mi abbia detto cosa non va nelle mie ricerche storiche. A differenza vostra, a me invece piace rispondere alle domande, entrare nel merito delle questioni. Io non mi sottraggo mai al confronto, ma si sa, io sono antifascista, stiamo su fronti diversi: voi il confronto democratico non sapete nemmeno cosa sia, e se lo sapete lo schifate. Eccomi dunque pronto a rispondere a una vostra domanda, contenuta sullo striscione mostrato durante uno dei tanti tentativi di censura che subisco continuamente da anni.
Mi chiedevate che ne penso della proposta di revoca dell’onorificenza, Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone, conferita dall’Italia al presidente jugoslavo Josip Broz Tito nel 1969.
Innanzitutto vi prego di scusarmi se ho fatto passare più di un mese: nelle ultime settimane sono stato molto impegnato a combattere contro i mulini a vento dalla propaganda antistorica sulle foibe, promossa del governo e rilanciata da tutti i principali mass media. Nel frattempo ho cercato di sopravvivere, spesso protetto dalla polizia, cercando di schivare striscioni e manifesti affissi contro di me, la gogna mediatica e le diffamazioni sempre più deliranti di politici che credo siano il vostro riferimento. Ma ora ecco, ho trovato il tempo di rispondere, come sempre cerco di fare, alla vostra domanda.
Come saprete, avendo certamente letto i miei articoli in merito, non sono affatto un fanatico sostenitore dell’ex leader jugoslavo. Mi sento però di concordare con il professor Pupo, un collega più noto e moderato, comunque più volte attaccato come “ideologico” (intendete “comunista”, il che fa davvero ridere, considerato che l’illustre studioso è stato per anni segretario della Democrazia Cristiana di Trieste) e persino, in alcuni casi, come “negazionista delle foibe”. Consultato dalla Commissione parlamentare, lo storico triestino ha correttamente ricordato la dura resa dei conti di fine guerra (nella quale rientra anche le vicende delle foibe) e la brutale repressione politica della dissidenza interna, specie quella comunista (certamente amate quanto me il detto: “I comunisti hanno ucciso più comunisti di chiunque altro”). Al tempo stesso ha però sottolineato l’importante ruolo internazionale ricoperto dalla Jugoslavia socialista e le indubbie capacità di governo del suo presidente Tito, “che è stato uno statista di grande respiro” (parole sue). Insomma, per usare un’espressione a voi cara: Tito “ha fatto anche cose buone”!
Mi rendo conto però che il mio parere arriva probabilmente troppo tardi. Negli ultimi tempi si è discusso molto della possibile revoca dell’onorificenza a Tito: ben tre proposte di legge sono state depositate in Parlamento (se voleste ripassarle: 1, 2, 3); a lungo ne ha discusso la Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati (con tanto di audizioni già segnalate), e con orgoglio ha ribadito tale impegno nientepopodimeno che il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la prima sua visita da numero uno del governo a Basovizza. L’obiettivo, dal punto di vista legislativo, sarebbe stato quello di modificare una legge e un decreto della Presidenza della Repubblica (legge 3 marzo 1951, n. 178, e decreto del 13 maggio 1952), permettendo di revocare le onorificenze anche post mortem, “qualora l’insignito si sia macchiato di crimini crudeli”.
Arrivo tardi, cari camerati, non perché la modifica di legge sia stata approvata, ma perché, a quanto riportano i mass media, il dibattito è stato rimandato a data da destinarsi. Come mai? L’ennesimo complotto komunistah!?! No, semplicemente il Quirinale ha precisato che le onorificenze di cui si chiede la revoca “sono legate alla esistenza in vita dell’insignito e decadono con la sua morte”. All’armi camerati! Tito è morto da più di quarant’anni, l’onorificenza che volete revocare virtualmente non esiste più. Tant’è che la pagina del Quirinale ora è vuota! Avete preso un granchio, anche questa volta…
Ma niente paura; voglio aiutarvi a uscire dall’imbarazzo. In tutte le proposte di legge depositate si fa esplicito riferimento alle foibe e all’esodo, e spesso ribadendo stereotipi, luoghi comuni, veri e propri errori storici anche abbastanza ridicoli: dai 10.000 morti nelle foibe (più del doppio della realtà) ai 350.000 esuli italiani (da un territorio che contava però, secondo gli stessi censimenti condotti in epoca fascista, un numero di abitanti di nazionalità italiana minore a questa cifra…).
Ma soprattutto ogni volta si parla esclusivamente di Tito, come se si trattasse di una proposta di legge ad personam (proprio come sono ovviamente le onorificenze), ma una tipologia di normativa non prevista, come certamente sapete, dal nostro ordinamento legislativo. A questo punto non resta che identificare altri personaggi da condannare, trovare onorificenze, medaglie, lapidi, monumenti (magari legalmente rimuovibili) dedicati ad altri personaggi storici che si siano macchiati di “crimini crudeli”.
Non fraintendetemi, non sono un fautore della cancel culture, che voi sembrate invece amare, dato che ha permesso negli ultimi decenni di cancellare decine di migliaia di segni della memoria del passato comunista soprattutto nell’Europa dell’Est. No, non penso che l’oblio del passato possa servire a comprendere meglio il presente. Al contrario, passo tutto il mio tempo a divulgare conoscenze spesso rimosse riguardanti la nostra storia: dalle foibe all’esodo, dalle campagne coloniali ai crimini di guerra fascisti.
Proprio per questo mi è capitato di imbattermi in personaggi storici importanti, criminali di guerra acclarati, spesso riconosciuti tali anche dalla giustizia italiana, ma che ancora godono di medaglie o altri riconoscimenti. Faccio solo alcuni nomi, magari li conoscete: Benito Mussolini e Rodolfo Graziani, per esempio, o i meno noti Gaetano Collotti, Vincenzo Serrentino e Pietro Maletti.
Mussolini ha ancora la cittadinanza onoraria in molte città italiane ed è Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia; Collotti ha ricevuto dall’Italia repubblicana (democratica) la medaglia di bronzo al valor militare ottenuta combattendo contro i partigiani nell’esercito repubblichino (fascista).
Maletti e Serrentino hanno vie a loro intitolate, e il secondo ha pure ottenuto il riconoscimento di “martire delle foibe” (ne parlo brevemente nel mio libro E allora le foibe?). A Graziani sono addirittura dedicati un monumento (ad Affile, in provincia di Roma) e un parco giochi (a Filettino, Frosinone). Quale occasione migliore, dunque, per proseguire sulla strada da voi intrapresa e ritirare tutti questi riconoscimenti. Ripeto, non si tratta di cancellare la storia; al contrario, è necessario conoscerla, in modo da poter celebrare chi se lo merita davvero e condannare chi ha commesso “crimini crudeli”. Sarà un piacere condurre insieme questa battaglia culturale (per una volta dalla parte dei mulini) nel rispetto delle povere vittime di questi spregevoli personaggi.
E poi naturalmente potremo proseguire: da Cadorna a re Umberto, da Crispi al Principe Eugenio sterminatore di Turchi, fino ai tanti Papi crociati e ai condottieri rinascimentali.
C’è tanto da lavorare, per ripulire la nostra memoria pubblica da chi ha ucciso o condannato a morte ingiustamente, da chi ha ordinato persecuzioni di minoranze nazionali o religiose, da chi ha fatto carriera e accumulato ricchezze sul sangue della povera gente.
Ne resteranno pochi, di personaggi storici, nessuno di quelli che tanto amate, pochissimi fra i padri della patria, quasi nessun politico o militare. Ma in fondo è un gran male? Avremo tanto spazio vuoto per celebrare finalmente i pacifisti e i disertori, i poeti e i sognatori, i non violenti e gli artisti popolari, le donne che hanno fatto la storia e anche quelle che l’hanno solo subita, le vittime di femminicidio o di aborto clandestino, le streghe e le partigiane, i Caduti sul lavoro o per malattie professionali, i migranti morti lontani da casa, partendo dall’Italia o cercando di arrivarci.
Ma forse ho equivocato. In tal caso allora spiegatemi cosa intendete quando parlate di “crimini crudeli”: è forse l’appartenenza al fronte antifascista quel crimine che non tollerate?
Eric Gobetti, storico freelance, studioso di fascismo, seconda guerra mondiale, Resistenza e storia della Jugoslavia nel Novecento. Sul tema è autore di due documentari, “Partizani” e “Sarajevo Rewind”, e di diverse monografie; esperto in divulgazione storica e politiche della memoria, per Laterza ha pubblicato “Alleati del nemico. L’occupazione italiana in Jugoslavia (1941-1943)” nel 2013 e nella serie ‘Fact Checking’, “E allora le foibe?” nel 2021
Pubblicato venerdì 15 Marzo 2024
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/storia-2/tito-e-morto-i-camerati-non-se-ne-sono-accorti/