È indubbio che nel 2024 si sia assistito all’accelerazione dell’avanzata del populismo di destra (fenomeno che ha alle spalle già qualche decennio) in un contesto mondiale segnato dal perpetuarsi dell’instabilità degli equilibri geopolitici, con il protrarsi del conflitto russo-ucraino, scoppiato il 24 febbraio 2022, e con la fibrillazione del quadrante mediorientale, in seguito all’efferato massacro perpetrato, il 7 ottobre 2023, da Hamas (1.145 israeliani assassinati, per lo più civili, 251 gli ostaggi catturati) e alla spietata reazione d’Israele, che ha devastato l’intera Striscia di Gaza, uccidendo decine di migliaia di palestinesi, tra cui moltissimi civili inermi, sino alla recentissima tregua.
In Francia alle elezioni europee del giugno 2024 il Rassemblement national (Rn), guidato da Marine Le Pen e dal suo delfino Jordan Bardella, si è imposto come il primo partito con il 31,37% dei suffragi, innescando così una crisi che ha spinto immediatamente il presidente della Repubblica, Emannuel Macron, a giocare la carta d’azzardo dello scioglimento anticipato dell’Assemblea Nazionale. Al primo turno delle consultazioni legislative (30 giugno) il raggruppamento dell’estrema destra della Le Pen, alleato con il fuoriuscito gollista Eric Ciotti, ha ottenuto il 33,15% dei voti, ma al ballottaggio del 7 luglio si è visto sbarrare la strada verso il successo dagli accordi di “desistenza” tra l’Ensemble pour la République, la coalizione di Macron, e le Nouveau Front Populaire, l’inedita alleanza di sinistra costituitasi qualche settimana prima per respingere la dilagante marea nera.
Da allora la situazione politica francese è messa a dura prova da un’instabilità, che rischia di favorire a gioco lungo il Rn, evidenziata dalle opportunistiche acrobazie politiche di Macron nel difficile tentativo di dare alla Francia un governo non traballante.
Partito xenofobo e razzista, di matrice e provenienza neofascista, il Rn, cresciuto costantemente nel tempo, ha saputo rastrellare cospicui consensi nelle zone rurali del Paese transalpino; tra i lavoratori incattiviti dalle conseguenze della globalizzazione neoliberale; in una piccola borghesia declassata e incarognita dalle traversie economiche; in una borghesia unicamente preoccupata che i suoi intenti e interessi non siano intralciati da limitazioni e interferenze.
In Germania, nel giro di un mese (settembre 2024) si è verificato uno tsunami elettorale con l’affermazione degli “anti-antinazisti” di Alternative für Deutschland (AfD) in tre Land della zona orientale. Formidabile il piazzamento di AfD in Sassonia e storica la sua vittoria in Turingia con il 33,1% dei voti. Qui, per la prima volta dal dopoguerra, un partito d’estrema destra ha trionfato in un’elezione regionale. Alla sua guida c’è – è opportuno sottolinearlo – Björn Höche, un ipernazionalista, filonazista, diffusore seriale di teorie cospirative.
Se il partito di Sara Wagenknecht (Bsw), che raccoglie i “sovranisti” di sinistra, ha fatto registrare in quegli appuntamenti elettorali delle buone performances, «amari» sono stati i risultati per tutta la coalizione rosso-verde allora alla testa del governo nazionale, in particolare per i socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz, costretto poi ad accettare la sfida delle urne in una Germania non più locomotiva dell’Unione Europea (Ue), ma invece in piena recessione economica.
Da anni ormai l’AfD cavalca tutte le pulsioni più feroci della xenofobia, senza disdegnare il ricorso a slogan d’intonazione nazista. Ricettacolo di un crescente malcontento, ripropone sempre gli stessi argomenti contro l’immigrazione, contro l’integrazione, contro l’ecologismo, contro i politici tradizionali, burattini – a suo dire – manovrati dall’élite internazionale, il cui obiettivo sarebbe la «Grande Sostituzione», ossia la sommersione dell’Europa con milioni di migranti per soppiantare la «razza bianca».
A Riesa in Sassonia, sabato 11 gennaio 2025, al congresso di AfD, il cui svolgimento è stato ritardato dalla protesta di numerosi manifestanti «anti-nazi», è stata ufficializzata la candidatura alla Cancelleria di Alice Weidel, il cui partito ha toccato nei sondaggi il suo livello più alto con il 22% dopo la sua «conversazione» con Elon Musk sulla piattaforma digitale X, che conta per ora 213 5 milioni di follower.
Proprietario di X, di Tesla (azienda specializzata nella produzione di auto elettriche, pannelli fotovoltaici e sistemi di stoccaggio energetico), di Space X (società che si occupa di sviluppo e produzione di tecnologie per l’esplorazione e il commercio spaziale), uomo più ricco del mondo e alter-ego del neopresidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, Musk ha raccomandato nella diretta con la Weidel di «votare Alternative für Deutschland perché solo AfD può salvare la Germania». Il tycoon di origini sudafricane ha approvato ogni affermazione della co-leader di AfD, compresa quella totalmente inventata su «Hitler comunista». Quest’ultima, palese, falsificazione della storia è solo l’ultimo, clamoroso esempio della manipolazione, dello stravolgimento di qualsiasi verità, cui sono dedite le destre mondiali, specialmente sui social-network, facendo leva sulle scarse conoscenze e sull’inclinazione a credere nei complotti di tanti navigatori della rete.
Sempre nel settembre 2024 è avvenuto un altro passaggio importante, ma questa volta in Austria, dove Herbert Kickl – leader del Partito della Libertà (Fpö), fondato nel 1956 con un’impronta pangermanista e ultranazionalista – ha vinto le elezioni con circa il 29% dei suffragi, sulla base di un messaggio politico imperniato sul concetto di «Fortezza Europa», un’Europa da blindare per contrastare «l’invasione degli immigrati» e tornare a essere una «società più omogenea». Nella campagna elettorale Kickl ha proposto un progetto di deportazione di massa («la remigrazione») per i «cittadini di origine straniera non integrati».
Ministro dell’Interno nel primo governo del popolare Sebastian Kurz (2017-2019), Kickl, che non ha mai nascosto le sue simpatie per il nazismo, si rifà al modello di «democrazia illiberale» dell’ungherese Viktor Orbàn e, come quest’ultimo, è apertamente filoputiniano, oltre che fermamente avverso all’immigrazione. Già nel gennaio 2019 aveva avanzato la proposta di un’espulsione più rapida per i rifugiati responsabili di crimini e condannati in primo grado. Inoltre, durante il suo mandato ministeriale ha contestato la Convenzione europea sui diritti umani, asserendo che «le leggi devono seguire la politica e non la politica le leggi» e dichiarandosi a favore di un programma di «concentramento» dei richiedenti asilo.
Con una comunicazione indubbiamente moderna ed efficace Kickl è, al pari di altri esponenti d’estrema destra, molto attivo e presente sui social network. Nella sua retorica fanno capolino inquietanti termini che rimandano al passato nazista. Del resto, non a caso i suoi supporter lo chiamano “Volkskanzler” (“Cancelliere del popolo”), usando lo stesso appellativo adoperato dai nazisti nei riguardi di Adolf Hitler dopo la presa del potere nel 1933 e sino a quando, il 2 agosto 1934, il «caporale boemo» non è diventato il Führer. Fautore di tesi complottiste e antiscientifiche durante la pandemia da Covid 19, fortemente antieuropeista, nel luglio 2024 ha dato vita nel Parlamento europeo a un gruppo di destra denominato “Patrioti per l’Europa”, con l’ungherese Orbàn e Andrej Babiš, l’ex primo ministro della Repubblica Ceca del partito populista Azione dei Cittadini Insoddisfatti.
Dopo il fallimento delle trattative fra i popolari dell’Ȍvp, i socialdemocratici e i centristi del Neos, il 6 gennaio 2025 Kickl ha ricevuto dal presidente della Repubblica Van der Bellen l’incarico di negoziare la formazione del governo. Qualora dovesse riuscirvi, sarebbe il primo cancelliere della destra radicale nell’Austria postbellica.
Che la lotta all’immigrazione e, tramite essa, alla diversità etnica e culturale sia un chiodo fisso delle destre mondiali lo provano tanto le continue prese di posizione di Trump (che peraltro il 6 gennaio 2021 ha istigato i suoi seguaci a prendere d’assalto Capitol Hill), quanto l’accordo stipulato dalla premier Giorgia Meloni con l’Albania, per costruire nel “Paese delle aquile” un grande centro di detenzione al fine di rinchiudervi “clandestini” e “irregolari” e così frenare le ondate migratorie in Italia. In realtà, l’attuazione del costoso progetto (810 milioni di euro), fortemente voluto da Fratelli d’Italia (FdI) e dalla Lega si è rivelato – almeno per ora – fallimentare, essendosi arenato di fronte alle obiezioni e agli interventi della magistratura, a cui il governo di destra-centro italiano non ha lesinato severe, asperrime critiche.
A imprimere un colpo d’ala – è il caso di rimarcarlo – alle quotazioni del populismo di destra è stata la netta affermazione di Trump, fiancheggiato dal guru arcimiliardario Elon Musk, alle elezioni presidenziali americane il 5 novembre 2024, con il suo martellante slogan: Make America great again. La sua vittoria sulla democratica Kamala Harris, subentrata tardivamente nella cruciale competizione elettorale al posto del confuso e logoro presidente in carica Joe Biden, ha sancito non solo il trionfo del nazional-conservatorismo e del «capitalismo della sorveglianza», ma anche il tramonto delle illusioni di chi per molto tempo ha confidato, tra i democratici e nella sinistra moderata, nelle virtù riequilibratrici del mercato, nella capacità di generare benessere e ricchezza per tutti (o quasi) da parte della globalizzazione neoliberale, tanto esaltata a partire da Bill Clinton e Tony Blair, icone del progressismo mondiale tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo.
Accreditatasi per una lunga stagione come forza anti-establishment, la destra radicale e populista ha potuto e può contare su un corpo sociale composto in prevalenza dai delusi, dai “traditi” della politica, una parte rilevante dei quali si è rifugiata, in non poche realtà, nell’astensionismo, come esemplarmente dimostra il caso italiano. Essa si è notevolmente irrobustita grazie all’avvenuta separazione tra liberismo e principi liberaldemocratici, fattore che ha spiazzato e messo in difficoltà la stessa destra moderata. Infatti, nel tentativo – finora illusorio – di arginare la crescita del populismo di destra, le élites dirigenti occidentali hanno cercato di adattarsi all’estremismo “sovranista”, rincorrendolo sul suo stesso terreno in materia di controllo dei flussi migratori.
Desta molta inquietudine, tra chi ha a cuore le sorti della democrazia, l’aggressività della cosiddetta “tecno-destra” animata da Elon Musk, che punta esplicitamente ad avere saldamente in mano le redini di un governo privato e globale dell’informazione e della comunicazione. Muovendosi d’intesa con Trump, il monopolista delle telecomunicazioni, possessore di ben 7.000 satelliti artificiali – mira con i suoi ripetuti interventi nella politica interna degli Stati europei, in particolare della Germania, a ridimensionare drasticamente il potere contrattuale dell’Ue, i cui membri – in quanto appartenenti anche alla Nato – sono sempre più sollecitati a dirottare ingenti risorse dal Welfare al Warfare, all’incremento delle spese per gli armamenti.
Rientra nel disegno politico anti-Ue anche e soprattutto l’asse preferenziale stabilito dalla partnership Trump-Musk con la leader del governo italiano di centro-destra. Una partnership alla cui “corte” aspirano ad essere ammessi i magnati multimiliardari della Big-Tech, da Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, a Jeff Bezos, il patron e già ad di Amazon.
In un inestricabile intreccio tra pubblico e privato, Donald Trump ha già concretamente lanciato segnali inequivocabili su come si riprometta di esercitare il suo potere. Ancor prima di insediarsi ufficialmente alla Casa Bianca ha già minacciato di annettere agli Usa il Canale di Panama e la Groenlandia, nonché ha permesso a Tik Tok, la piattaforma digitale controllata da Pechino, di tornare a funzionare, almeno temporaneamente, negli Stati Uniti, sconfessando così la decisione adottata dal suo predecessore, Joe Biden.
Inoltre, si è adoperato con i consueti modi bruschi per «un cessate il fuoco epico» a Gaza (ridotta ormai a un cumulo di macerie), intestandosene a pieno il merito. Una tregua, entrata in vigore il 19 gennaio 2025, a due giorni dal faraonico Inauguration day della sua amministrazione.
In conclusione, si può dire che sta prendendo corpo un progetto autoritario, incentrato sulla forza del denaro, delle armi, del dominio dello spazio, teso a riallineare su scala globale i ceti dirigenti intorno ad un’élite tecnologica, politica ed economica, che non ha più bisogno di camuffarsi da forza anti-sistema. L’avvento di questo neo-autoritarismo populista si prospetta come una grave, preoccupante soluzione della crisi, tuttora in corso, della democrazia rappresentativa, così come negli anni Trenta del Novecento il progredire del fascismo in Europa si configurò come il più nefasto sbocco del divorzio tra capitalismo e democrazia, consumatosi nelle more della grande depressione economica che sconvolse il mondo intero.
Francesco Soverina, storico
Pubblicato lunedì 20 Gennaio 2025
Stampato il 20/01/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/trump-musk-e-londa-lunga-delle-destre-populiste/