Da domenica 29 novembre la Liguria sarà in zona gialla, ha annunciato via facebook il governatore ligure Giovanni Toti: “Grazie al grande sforzo del nostro sistema sanitario, ai tanti sacrifici dei liguri e di tutti noi”. Il tono, come sempre, è di riscossa.
Era agosto, il troppo spensierato agosto quando i contagi da coronavirus, nonostante preghiere da una parte e alzate di spalle dall’altra avevano ricominciato a salire. Ma il presidente regionale ligure, di fronte ai 63 contagi del giorno, affidava ai social la sua invettiva contro “gufi e uccellacci del malaugurio”, che “cavalcano la paura, forse per un vantaggio personale”.
Era un segno di quanto, per l’esponente del centrodestra – che dopo aver lasciato Forza Italia con cui era stato eletto presidente della Regione Liguria nel 2015, ha fondato il movimento “Cambiamo!” con il quale si è ripresentato alle urne – il tema della pandemia diventasse strategico nella campagna elettorale. Nel corso della quale le opposizioni di centrosinistra allargate al Movimento Cinquestelle, faticosamente riunite con la scelta a metà luglio del giornalista Ferruccio Sansa come candidato presidente, hanno più volte sottolineato le difficoltà della sanità ligure, specialmente per il sistema delle Rsa, le residenze per anziani, nei quali si erano contati centinaia e centinaia di casi e un gran numero di vittime.
Si dirà: è nell’ordine delle cose che chi governa respinga le critiche e le accuse di chi sta all’opposizione. Ma quel post di Ferragosto indica una scelta, quella di utilizzare un linguaggio irridente – che più tardi, con la seconda ondata d’autunno sarebbe diventato anche sconcertante – nei confronti di chiunque la pensasse diversamente dagli esponenti del governo regionale, tesi a dimostrare che la Liguria, passato l’incubo del lockdown e della prima ondata, potesse vivere un’estate pienamente aperta al turismo e al divertimento, in tutta sicurezza.
Ovviamente, le critiche dell’opposizione non potevano che essere ispirate da animo perfido o peggio. Un esempio? Il 5 novembre la Liguria, con 1.208 positivi, viene inserita in zona gialla. Toti, di fronte ai tanti commenti che vedono ancora blanda la decisione, attacca: “Che brutto spettacolo vedere tanti sputare bile perché le cose in Liguria non vanno così male da essere inseriti nella zona arancione o rossa. (…) Stasera per iettatori, pessimisti e menagrami non è una buona serata, ma è buona per gli ottimisti come me, per chi domani può aprire la sua attività e garantire uno stipendio alla sua famiglia, lavorando in sicurezza”.
Sono passati solo due giorni dallo sconcertante tweet del primo novembre, giorno dei Santi, che ha scatenato reazioni in tutta Italia, quello indirizzato agli “anziani improduttivi”, in realtà mirato a cercare di ridurre i contagi chiudendo sbrigativamente in casa i più fragili – e senza considerare che la seconda ondata colpisce invece anche le fasce d’età più giovani – per scongiurare un nuovo lockdown e garantendo invece il via libera alle “categorie produttive”, in particolare negozi ed esercizi pubblici: “Per quanto ci addolori ogni singola vittima del covid19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate”.
È una bufera, locale e nazionale, in un Paese di anziani; arrivano delle scuse dall’ufficio stampa e poi dallo stesso Toti, ma poco importa: è stato sdoganato il concetto che gli over 75 “servono a poco” perché non producono e perché, a detta del governatore ligure “sarebbe folle chiudere in casa persone che anche se contagiate hanno esiti lievi”, quindi i più giovani. Non è vero, ma è in ogni caso la dimostrazione di una maniera di considerare le persone come elementi di utilità o inutilità alla causa comune: una china pericolosa.
Come è pericoloso insistere sulla contrapposizione tra chi produce e spende – quindi va nei negozi, negli hotel, al ristorante e al mare – e chi invece, colpa sua, si ammala. Fino alla tornata elettorale del 20-21 settembre, nella quale Toti si riconferma presidente della Regione Liguria con il 56,13% dei voti, ma a fronte di solo il 53,4% degli aventi diritto.
Un’affermazione tutta personale: “Cambiamo!” vale l’1,1% a livello nazionale, la lista arancione di Toti guadagna il 22%: ha quindi il consenso di chi la pensa come lui, più che essere allineati su una parte politica. Il giorno dopo le elezioni i positivi sono già 105; e 24 ore dopo scatta, d’intesa con il sindaco di Genova Marco Bucci, anche lui di centrodestra, l’obbligo di mascherina all’aperto in tutto il centro storico di Genova, dove c’erano sì delle aree con un numero di contagi più alto che nel resto della città “tuttavia nulla di paragonabile al quartiere Umbertino alla Spezia dove abbiamo una percentuale del 50% di persone provenienti da altri Paesi che hanno contratto il virus”.
Chiara la comunicazione: il virus lo portano gli “altri”. A La Spezia a settembre c’è stato un boom di contagi, ma nonostante le dure smentite dei servizi sanitari della Toscana, Toti e il sindaco di centrodestra di La Spezia, Peracchini, non hanno dubbi, la colpa è di una o più feste di cittadini sudamericani tenutesi a Ferragosto in territorio toscano, a voler sottolineare insomma, come nell’adiacente Regione, dove è stata riconfermata una giunta di centrosinistra, non ci fossero controlli. Respinte con sdegno, invece, le accuse delle opposizioni, che sui contagi di La Spezia mettono nel mirino i festeggiamenti in piazza per la promozione dello Spezia in serie A, il 20 agosto: con migliaia di persone assembrate – quelle sì, come si vede dai filmati – per le strade della città, senza distanziamenti o mascherine, ma soprattutto senza alcuna misura di contenimento o controllo. Peracchini negherà ogni possibile rapporto tra la festa e i contagi, Toti sarà blandamente possibilista. Ma sempre insistendo sulle presunte feste di dominicani, pakistani e bengalesi (mai accertate).
Anziani improduttivi – poi “blanditi” con l’idea molto ligure di uno sconto se disposti ad andare a fare la spesa prima delle 11 del mattino nei negozi convenzionati – stranieri poco meno che untori, opposizioni o voci critiche segnate a dito come iettatori e menagramo. E invece, come se il lavoro e il benessere dovessero avere un colore politico, la sottolineatura di come non si debba avere alcun timore a venire in Liguria: è quanto accade nei giorni del Salone Nautico, con Toti che rimarca come né il covid né un’allerta rossa meteorologica, possano fermare il business, visti i buoni affari registrati tra il 1° e il 6 ottobre. Però i contagi solo quattro giorni dopo sfiorano i 200 e il governatore avverte: preparatevi a restrizioni. E ancora una volta, il 23 novembre, per il “no” all’apertura delle piste da sci – argomento che non riguarda la Liguria se non molto marginalmente – è ancora Toti a protestare: perderemo 120 mila posti di lavoro. Ma è il giorno in cui si superano i 50 mila morti in Italia.
Il virus, insomma, con il leader di Cambiamo!, più vicino alla Lega di Matteo Salvini che ad altre formazioni del centrodestra, è diventato un’arma politica e soprattutto un’arma linguistica. Forse, per non aver paura di essere bollati come iettatori, alcuni improduttivi e saggi anziani liguri potrebbero chiedere, così come nella celebre novella di Pirandello, la “patente” per essere riconosciuti tali. E quindi produttivi, a loro volta, secondo la bisogna.
Pubblicato sabato 28 Novembre 2020
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