L’immagine della Svezia non è certo più quella che poteva essere nei decenni passati, di un Paese quasi “perfetto”, con un alto livello di protezione sociale, inclusivo, rispettoso dei diritti, accogliente verso gli immigrati, come l’abbiamo conosciuto almeno fino alla morte di Olof Palme. La trilogia di Millenium scritta da Stieg Larsson ci aveva fatto scoprire il lato oscuro di questo Paese, con una violenza inaspettata verso le donne e con le commistioni tra grandi capitali, gruppi nazisti e apparati di governo.
Un’immagine confermata dal criminologo e scrittore Leif G. W. Persson che nella sua trilogia La caduta dello Stato sociale espone la sua tesi sull’omicidio Palme in cui sarebbero coinvolti militanti nazisti dentro la polizia e i servizi segreti svedesi. Una tesi confermata dall’inchiesta del giornalista e diplomatico Jan Stocklassa in cui si documenta il ruolo di servizi segreti, pezzi deviati della polizia svedese e nazisti nell’uccisione di Palme. Insomma, l’estrema destra svedese covava sotto la cenere da anni e ha svolto un ruolo politico nel porre fine al periodo di avanzamento sociale.
I Democratici svedesi non tanto democratici
Come ormai ampiamente raccontato dai notiziari, i veri vincitori di queste elezioni sono i Democratici svedesi (Sverigedemokraterna, Sd). Il partito di estrema destra è in progressione costante da quando Jimmie Åkesson l’ha preso in mano ormai più di 15 anni fa. Nel corso degli ultimi 20 anni i Sd hanno moltiplicato i voti a ogni tornata elettorale: 76.300 nel 2002, 162.463 nel 2006, 339.610 nel 2010 (anno in cui riescono a passare lo sbarramento del 4% ed entrare in parlamento), 801.178 nel 2014, e infine 1.135.627 nel 2018 e 1 330 325 quest’anno, pari al 20,54%.
I Democratici svedesi nascono nel 1988 dalla fusione di alcuni gruppi e partiti di estrema destra svedesi. Lo sfondo comune di questi partiti è quello razzista, teso a difendere i veri svedesi e pronto ad atti di violenza contro stranieri, partiti di sinistra, sindacalisti (negli anni si conteranno diversi morti dovuti ad agguati dell’estrema destra). Il profilo dei militanti mischia la vecchia guardia nazista (tra cui alcuni ex membri delle Waffen SS) ai giovani dell’ondata di naziskin degli anni 80. Lo slogan del partito resta fino alla fine degli anni 90: “Mantenere la Svezia svedese”.
Per il suo profilo e la sua militanza il partito resta marginale per tutti gli anni 2000. Il richiamo alla mitologia nordica, gli atti di violenza, lo stile dei militanti non permettono di sfondare elettoralmente. Per questo già negli anni 90 cominciano i primi tentativi di cambiare l’immagine del partito. Si vieta l’esposizione di simboli nazisti alle manifestazioni del partito, si allontanano gradualmente i naziskin o si chiede loro di cambiare abbigliamento e linguaggio. Questa operazione di ripulitura dell’immagine del partito acquista forza quando diventa segretario l’allora giovanissimo Jimmie Åkesson, originario della Scania (uno dei feudi storici socialdemocratici). La sua politica somiglia a quella decisa nel ’95 dal Msi: una destra in doppiopetto, sempre più accettabile in società, che cambiando linguaggio riesce a fare passare temi e politiche fino a quel momento marginali. Insieme al linguaggio cambia anche il simbolo, segno di un nuovo approccio: il partito abbandona la torcia con la fiamma per adottare l’anemone (in Svezia quasi tutti i partiti hanno un fiore come simbolo).
Tuttavia, questo apparente rinnovamento non ha impedito che diversi scandali emergessero negli anni (affermazioni razziste, battute antisemite, frasi nostalgiche), segno di come all’interno il partito non fosse cambiato molto, ma sono stati spesso sanzionati con l’espulsione o con scuse pubbliche. Un altro segno sulla vera natura dei Sd sono i legami informali intrattenuti con il resto dell’estrema destra svedese: un’area politica che, nonostante il fiasco degli altri partiti, ha fatto dichiarazioni moderatamente favorevoli al successo di Sd. Questo ha permesso in un primo momento l’accesso ai media e la diffusione delle idee dei Sd. Anzi, i loro temi e le loro posizioni si sono sempre più affermati a livello nazionale, obbligando gli altri partiti a rincorrerli. In effetti il ruolo dei media nell’acquisizione di autorevolezza da parte dei Sd risulta centrale: non perché il sistema informativo svedese abbia sposato le loro posizioni, ma perché questo ha imposto un’agenda di dibattito costruita attorno ai temi degli stranieri, al loro utilizzo dello stato sociale o delle abitazioni sociali: tematiche favorevoli e che avvantaggiavano l’estrema destra.
L’influenza dell’avanzata dei Democratici svedesi sugli altri partiti
La progressione dei Sd ha avuto una grossa influenza su tutto il sistema politico svedese. Se all’inizio si è cercato di costruire un “cordone sanitario” intorno al partito di estrema destra (una famiglia politica che non esisteva prima in Svezia), questo ha presto ceduto.
I primi a rompere gli argini sono stati i partiti della destra moderata (o borghese, come viene chiamata in Svezia). Le prime collaborazioni con i Sd sono avvenute a livello locale. Queste sono servite da laboratorio per future repliche a livello nazionale. Questo progressivo avvicinamento ha avuto due conseguenze. La prima è stata l’adozione di temi e posizioni dei Sd da parte dei partiti di destra, in particolare del Partito moderato (M, conservatori). I temi della sicurezza, che negli ultimi anni si sono concentrati sulle gang giovanili (delle quasi mafie locali che controllano alcuni quartieri delle città) composte in prevalenza da immigrati, sono diventati il principale tema superando quello della liberalizzazione dell’economia. A questo si è aggiunto quello di un restringimento delle politiche migratorie, soprattutto dopo l’ondata di immigrazione del 2016. Questo non ha impedito a M di vedersi superato dai Sd e di diventare così il secondo partito della coalizione borghese. Già prima delle elezioni la posizione di M era stata quella di un’apertura a una collaborazione nazionale con Sd (senza che questi facessero parte del governo). Il risultato elettorale ha però reso fragile questa posizione: visti i voti presi Sd chiede ora dei ministri per sé.
La coalizione moderata è stata lacerata da questa scelta. Il Partito Liberale (L), che fino a qualche settimana dal voto non era sicuro di riuscire a passare lo sbarramento al 4%, continua a rifiutare la collaborazione con Sd, ponendo i M davanti a una scelta. Già alle elezioni del 2018, quando di fronte all’assenza di una maggioranza parlamentare c’era la possibilità di un governo moderato influenzato dall’estrema destra, una delle componenti del blocco moderato, il Partito di Centro (C, di centro sinistra a base agraria), aveva deciso di sostenere il governo di minoranza socialdemocratico.
I due governi di minoranza formati da Socialdemocratici (S), Verdi (G) e C, e sostenuti dall’esterno dal Partito di sinistra (V), hanno avuto questa come base: un governo “antifascista” unito non tanto da un programma quanto dall’opposizione ai Sd. I due governi che si sono succeduti non sono stati deboli solo perché minoritari in parlamento, ma anche perché disuniti su molti temi e tenuti insieme solo dal contrasto a Sd. I governi si sono così caratterizzati per una difesa di quel che resta dello stato sociale svedese ma anche per politiche di liberalizzazione dell’economia, in particolare una riforma del codice del lavoro tesa a facilitare i licenziamenti (simile a quella Fornero del 2012) e per un tentativo di liberalizzare il mercato degli affitti svedesi, ancora oggi regolato da un sistema simile all’equo-canone italiano che ha permesso di contenere il boom del prezzo degli affitti.
Queste politiche non hanno certo aiutato a contrastare i Sd che invece difendono lo stato sociale protettore ma volendolo limitare ai soli svedesi. Un’altra reazione, soprattutto con l’avvicinarsi delle elezioni è stata quella di adottare temi dei Sd sui temi della sicurezza e dell’immigrazione, contribuendo a indebolire la precedente opposizione a Sd. Il fatto che questi partiti abbiano votato insieme a Sd e al blocco moderato in favore dell’adesione alla Nato (a fronte di una persistente contrarietà di una parte consistente della società svedese) ha contribuito ulteriormente. Solo il Partito di sinistra ha cercato di influenzare il governo con la minaccia di togliere la fiducia su temi quali gli affitti e l’adesione al Patto atlantico.
I Democratici Svedesi nell’anticamera di governo
È improbabile che i Sd facciano un ingresso al governo. Con tutta probabilità si formerà un governo moderato di minoranza con l’appoggio esterno di Sd, anche se le contrattazioni potrebbero durare molti mesi. Questo potrebbe indebolire i Sd come accadde al Partito del popolo in Danimarca quando non riuscì a entrare nel governo. Se questa sarà la soluzione il rischio è che i temi dei Sd si diffonderanno ancora di più, poiché terranno in mano la chiave del governo: se dovessero votare una mozione di sfiducia o anche solo astenersi, il governo cadrebbe.
Un’altra possibilità, estremamente improbabile, è quella di una grande coalizione, sia per affrontare la crisi energetica, quando per limitare i Sd. Ma fino a oggi nessuno ne ha parlato e non sembra ci siano possibilità concrete (oltre a quelle matematiche) perché si possa formare.
Con le elezioni di questi anni il nero che covava in Svezia, quello descritto da Stieg Larsson e da molti noir svedesi, è venuto a galla. Le nostalgie del passato hanno trovato nuova forma e le idee dell’estrema destra si sono diffuse nella società. La Svezia che fu di Olof Palme saprà reagire e fare leva sui punti alti della propria storia e sulle migliori caratteristiche della società e della cultura svedese per ricacciare nuovamente queste ideologie da dove sono venute.
Lorenzo Battisti, Anpi Parigi
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Il sindacato svedese a lezioni di antifascismo da Anpi
Saranno a Roma dall’8 al 12 ottobre i componenti del Comitato esecutivo del sindacato svedese ST /Fackförbundet (the Union of Civil Servants) che organizza gli impiegati delle agenzie statali. A un anno dall’assalto alla sede nazionale Cgil parteciperanno prima alla due giorni nazionale “CGIL APERTA” promossa dalla Confederazione e poi a una serie di incontri formativi.
Sabato 8, la delegazione del Paese scandinavo, di cui faranno parte la presidente Britta Lejon e i due vicepresidenti Peter Lennartsson e Mikael Sandberg, sfilerà da Corso d’Italia fino a piazza del Popolo, dove parlerà il segretario generale Maurizio Landini.
Domenica 9 i rappresentanti di ST/Fackförbundet interverranno alla tavola rotonda “Una rete internazionale antifascista per Lavoro Diritti e Democrazia”, a cui anche l’Anpi presenzierà e parlerà con il presidente nazionale Gianfranco Pagliarulo.
Il resto della permanenza dei sindacalisti svedesi sarà dedicata allo studio. In particolare, lunedì 10 seguiranno, tra gli altri, un seminario di tre ore nella sede Fp Cgil curato dall’Anpi nazionale. Giovanni Baldini, uno dei curatori della linea editoriale Anpi “I libri di Bulow”, e collaboratore di Patria, illustrerà l’inchiesta Galassia nera realizzata dal Gruppo di lavoro su neofascismo e web per il giornale dell’associazione dei partigiani, affrontando temi quali l’avanzata delle ultradestre in Europa, la loro autorappresentazione sui social network e la capacità di penetrazione nella società, il razzismo. Una parte della lezione sarà inoltre dedicata all’antifascismo, alla guerra e anche alle questioni di genere.
Pubblicato sabato 1 Ottobre 2022
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/svezia-dove-anemone-non-fa-democrazia/