Bologna, sera di giovedì 15 dicembre. Manca una mezz’ora all’inizio del dibattito. C’è ressa agli ingressi, ma l’area del dibattito – un’arena, dicono, con duemila posti a sedere e un vastissimo spazio ulteriore a disposizione – non è ancora piena. Cerco di entrare assieme ad un gruppo di compagni dell’ANPI di Marzabotto. Una gentile signora ci blocca invitandoci ad accedere da un’altra entrata. Ma dall’altra entrata non fanno passare. Ping pong, dopodiché alla spicciolata, a dibattito iniziato, una parte delle persone in attesa può finalmente assistere al confronto. Mi dice un compagno dell’ANPI che hanno impedito l’accesso alle bandiere dell’associazione. Nel recinto del dibattito garriscono solitarie diverse bandiere del Pd.
È il giorno dell’atteso incontro Smuraglia-Renzi. L’incontro nasce dal repentino cambiamento di rotta dell’impianto comunicativo del leader fiorentino in merito al referendum. “Se perdo me ne vado” era stato il refrain di qualche mese. Dopo l’estate la musica non è stata più la stessa e il premier ha proposto un faccia a faccia per discutere nel merito. A posteriori – il 20 settembre – nella sua newsletter scrive: “Sono molto contento del fatto che il clima sia cambiato, finalmente, anche dopo alcuni confronti civili di questi giorni. Nessuno parla più di attentati alla democrazia e finalmente la discussione sta entrando nel merito”. È interessante notare che l’ANPI, da tempo immemorabile, ha invitato il governo ad entrare nel merito, da mesi e mesi Patria Indipendente pubblica editoriali, articoli, interviste in cui si entra sempre nel merito, laddove, al contrario, sia alcuni ministri, sia la stampa vicina al Pd – a cominciare dall’Unità – sono stati protagonisti di ironie, attacchi, qualche volta insulti nei confronti dell’ANPI e del suo massimo rappresentante, il presidente. Una fiera delle sgradevolezze qualche volta stupefacente.
Molta gente senz’altro. Dicono 4.000. Altri 2.000. Presumibilmente veritas in medio stat. Un Gad Lerner in forma e in tiro, per nulla intimidito dall’autorevolezza delle personalità, incalza con garbo gli oratori. I quali ostentano due “passi” o, se si vuole, due stili diversi. Pacato e sempre sul merito della riforma il Presidente Smuraglia; aggressivo, colorito e spesso sulle questioni politiche il Presidente Renzi, che non risparmia battute, frecciate e polemiche a destra e a manca: da D’Alema ai sostenitori del No a questo o quel contestatore nel pubblico. Perché nella platea, effettivamente, c’è fermento. Ma c’è fermento quando parla Smuraglia e c’è fermento quando parla Renzi. L’impressione è che i partecipanti siano più o meno equamente divisi fra i sostenitori del Sì e del No, cosa alquanto singolare, perché ci troviamo in casa del partito (anzi, del Segretario) del Sì. Considerando che la stragrande parte dei presenti – salvo qualche centinaio di iscritti all’ANPI, alcuni dei quali senz’altro iscritti al Pd – è formata presumibilmente da iscritti Pd, appare evidente una profonda sofferenza interna.
Via al dibattito che, nella sostanza, si svolge in modo assolutamente civile, senza colpi di scena, furbate o turbative varie. “Ho registrato solo – afferma a posteriori Smuraglia – con rammarico e con un po’ di intima indignazione, una caduta di stile e precisamente il riferimento del Segretario del Partito Democratico ai partigiani che votano Sì, indicati – alcuni – anche nominativamente e segnalati per l’applauso che, ovviamente, c’è stato. Avevo detto poco prima che certamente c’è qualcuno per il Sì anche nell’ANPI, ma che i dati del Congresso dimostrano che si tratta di una esigua minoranza, a cui è stato riconosciuto il pieno diritto di dissentire, con l’invito, peraltro, a non fare atti clamorosamente contrastanti con la linea approvata dal Congresso”.
Ed è proprio Smuraglia, su sollecitazione di Lerner, a intervenire per primo, entrando immediatamente nel merito: “Secondo noi sarebbe un danno per il Paese se passasse questa riforma, e dunque ci battiamo perché non passi. Non abbiamo altro obiettivo che difendere la Costituzione da quello che noi riteniamo uno stravolgimento. Non ci riguarda la questione del governo né quella del Presidente del consiglio. Noi riteniamo che vi sia non una modifica della Costituzione, che è sempre ammissibile, ma che sia stravolto il testo della Carta; per questo noi ci sentiamo obbligati – è un nostro dovere statutario – a schierarci a difesa della Costituzione”.
“La ragione fondamentale – continua Smuraglia – per cui pensiamo che questa riforma non vada bene è che non si creano più due Camere, anche se formalmente ci sono. Una di queste viene ridotta quasi allo zero, per varie ragioni, fra cui il taglio di 200 componenti. Si dice che così diminuiamo il numero dei parlamentari, ma io rispondo che, se si vuol fare questo, si fa un’operazione proporzionale, tanti della Camera e tanti del Senato. Per di più questi senatori sarebbero eletti non dal popolo ma dai Consigli regionali; non si tratta quindi di una Camera alta autorevole”.
Replica di Renzi: “Noi rispettiamo le decisioni assunte dall’ANPI. Ma vogliamo che sia anche rispettata la verità dei fatti. È vero, volevano cambiare l’articolo 138 che disciplina le leggi di revisione della Costituzione; ma non è stato un errore di questo governo. È stato un errore del governo precedente, a cui abbiamo posto rimedio utilizzando perfettamente le procedure e le modalità di cui all’art. 138 stesso. Questo articolo dice che, ad eccezione della forma repubblicana, tutto si può discutere. Di conseguenza la nostra proposta di riforma è assolutamente legittima e costituzionale”.
La videointervista del Fatto Quotidiano a Smuraglia pochi minuti dopo la fine del dibattito con Renzi (da https://www.youtube.com/watch?v=69RYC0Ll5pk)
Il confronto si dipana così, con intensità crescente, per un’ora e mezza, toccando più corde della riforma e della stessa campagna referendaria, a cominciare dal suo sapore: “Si può partire – afferma Smuraglia – da idee diverse, ma con toni non esasperati, come è avvenuto, con toni di civiltà, ognuno esponendo una propria idea. Il referendum è il momento più alto nella vita democratica del Paese, perché è quello in cui si dà finalmente la parola al popolo sovrano. Perciò occorre arrivare all’appuntamento referendario facendo sì che il popolo possa esprimersi con libertà, con cognizioni di causa e sapendo che dalle sue decisioni dipende in qualche modo un pezzo del futuro del Paese”.
Come mai il taglio tocca solo il Senato? “L’Italicum – risponde Renzi – si applica solo per la Camera e non c’entra niente con il Senato”. Smuraglia chiede: perché non avete diminuito anche il numero dei deputati? Renzi: ma si pensa davvero che sia stato semplice fare quello che per anni si era detto di fare e non si è mai realizzato, cioè il taglio dei parlamentari?
A proposito dei nuovi compiti del Senato e dell’illeggibile (nuovo) articolo 70 della Costituzione, afferma Smuraglia: “L’art. 70 disciplina in modo difficile e complesso le competenze delle Camere; vi sono leggi che dovranno essere approvate da entrambe le Camere, altre volte dal solo Senato, altre ancora dalla sola Camera, e c’è un insieme di procedure che complicano invece di snellire. Il tutto, a fronte di un Senato svirilizzato perché non eletto dal popolo, anzi, non si sa neppure come sarà eletto”. Renzi: “L’esistenza di una Camera alta e di una bassa, dove una sola Camera dà la fiducia, è un sistema che già esiste in altri Paesi europei. È evidente che, passando dal bicameralismo perfetto ad un altro regime, occorra cambiare l’articolo che disciplina le competenze delle Camere; ecco la ragione della complessità del nuovo articolo 70; Smuraglia sostiene che non si capisce come farà il sindaco o il presidente della Regione a fare bene la sua attività e assieme a svolgere le funzioni di senatore; io dico che, così come oggi sindaci e presidenti di Regione vengono a Roma una volta alla settimana per partecipare, per esempio, alla Conferenza delle Regioni o agli incontri dell’Anci, così domani faranno i senatori con compiti del tutto diversi, fra l’altro, da quelli del vecchio Senato”. E sulla illeggibilità dell’articolo 70? “Noi abbiamo fatto una grande campagna di ascolto sul testo della riforma – afferma Renzi – ma oggi qualche professore dice che il testo non è perfetto. Può darsi, ma dopo tanti anni di lavoro per portare a casa la riforma io credo che sia un buon risultato”.
Ma Renzi ha cambiato prospettiva, incalza Lerner. Prima affermava che, in caso di vittoria del No, si sarebbe dimesso. Oggi non lo dice più. E Smuraglia affonda: “Ho l’impressione che a un certo punto ci si è resi conto nell’entourage del Presidente del Consiglio che la posizione iniziale era pericolosa; qualcuno deve aver detto a Renzi: vedi che se perdi e ti dicono che te ne devi andare, ti tocca andar via davvero. Allora si è cambiato rotta. La pressione propagandistica non è più venuta dal Presidente del Consiglio, ma da altre fonti, come per esempio Confindustria e l’ambasciatore americano. Tutti a paventare il rischio di una catastrofe. E non si capisce minimamente il perché”.
Legge elettorale. Domanda Lerner a Renzi: ma ci potrà essere un nuovo ddl governativo, data l’attuale vostra disponibilità a cambiare l’Italicum?
Risposta: “L’Italicum non è frutto di un disegno di legge del governo, ma nasce da un accordo istituzionale chiamato Patto del Nazareno. Tutti avevano detto che c’era qualcosa sotto. Quando nel gennaio 2015 il Pd con un’operazione perfetta scelse un galantuomo Mattarella come candidato a Presidente della Repubblica, tutti si sono accorti che non c’era alcun patto segreto. Di conseguenza, tornando all’Italicum, non c’è alcun disegno di legge governativo per cambiare la legge elettorale. Io penso che questa sia un’ottima legge elettorale, però il Pd è pronto a discutere, ma non prendiamoci in giro: chi si oppone all’Italicum, se lo vuole cambiare, avanzi delle conseguenti proposte di modifica. Ballottaggio: non si può aver paura del ballottaggio, perché fa votare gli elettori, e quindi chi ha paura degli elettori ha paura della democrazia”. Smuraglia: “La nuova legge elettorale è collegata profondamente alla riforma della Costituzione. Non sono interessato a parlare della modifica della legge elettorale che fa parte del futuro. Io vedo il presente che è questa legge, l’Italicum. E quando vedo che la riforma taglia solo le poltrone del Senato e non quelle della Camera, mi chiedo perché non si sono tagliate le cosiddette poltrone in modo equilibrato nei due rami del Parlamento. Perché se così non si fa, è ragionevole pensare che ci sia un disegno dietro. In sostanza la legge elettorale, abbinata alla riforma costituzionale, disegna una Camera senza i dovuti contrappesi del Senato; e questo mi spaventa”.
E così via, civilmente battagliando, fino alla fine, con tanto, a parere di Renzi, di rivendicazione dell’operato del Governo come conquista di diritti, con tanto di citazione della legge sulle coppie di fatto, e giù applausi, e tanto di citazione delle leggi sul lavoro, e giù fischi e contestazioni.
The day after. Smuraglia: “Devo dire, prima di tutto, che ho trovato alla Festa dell’Unità una accoglienza cordiale e calorosa da parte di tutta la dirigenza del Partito Democratico e particolarmente affettuosa da parte di moltissimi presenti alla Festa (anche da parte di alcuni che si dichiaravano apertamente per il Sì). Dopo di che, ritengo che sia stata una serata importante, con un confronto paritario tra il Segretario del PD e il Presidente dell’ANPI (quell’ANPI che alcuni pretenderebbero di considerare ormai estinta).
Ho insistito molto, nel dibattito, sul merito delle riforme (riforma del Senato e legge elettorale) e sul ruolo dell’ANPI. Renzi ha preferito parlare più volte di politica e dei meriti del Governo, anche per riscaldare i suoi fan, peraltro già di per sé agguerriti. Ma alla fine, tutto è stato civile, anche da parte della appassionata (e diversificata) platea; e spero davvero che alcuni dati sulle riforme siano apparsi con chiarezza ed evidenza a tutto l’uditorio come una corretta e composta informazione”.
Pubblicato venerdì 23 Settembre 2016
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