Certo, molto (anche se non tutto) dipende dalla legge elettorale. Ma è innegabile che, allo stato dei sondaggi, e specialmente del buon senso, un’alleanza di destra con Berlusconi, Meloni e Salvini potrebbe avere la maggioranza rispetto al Movimento 5 Stelle e ad un’eventuale coalizione di centrosinistra; se il Pd, in particolare, si presentasse da solo o – al massimo – in alleanza con Alfano, a rigor di logica (e specialmente di aritmetica) la sconfitta sembrerebbe una facile previsione. Vi sono sicuramente altri scenari possibili, legati ad alleanze alternative, precedenti o successive alle elezioni. Ma, prendendo in considerazione l’ipotesi più semplice, e cioè tre blocchi (M5S, Pd, destra), la vittoria della destra è ragionevolmente probabile.
Si sa che fra Berlusconi e Salvini c’è una competizione relativa alla figura da presentare come candidato Presidente del Consiglio. Ove la spuntasse Berlusconi (o chi per lui di Forza Italia), Salvini diventerebbe presumibilmente ministro. In alternativa, il leader della Lega siederebbe sullo scranno di Palazzo Chigi.
Se queste simulazioni sono verosimili, le dichiarazioni e gli atti di Salvini vanno presi molto sul serio. D’altra parte in Germania il risultato elettorale della formazione di estrema destra Afd (Alternative für Deutschland), clamoroso ma ampiamente previsto, conferma che permane sul vecchio continente una forte spinta xenofoba e nazionalista, colpisce al cuore il ruolo della Germania – nel bene o nel male – come locomotiva dell’Ue, apre scenari davvero inquietanti sulla possibile espansione dell’onda nera anche in Italia.
E torniamo al nostro Paese. Nel tradizionale comizio di Pontida, il 17 settembre Salvini ha fra l’altro affermato: «cancelleremo la legge Mancino e la legge Fiano, le idee non si processano, queste cose si facevano in Urss», e ha aggiunto: «quando andremo al governo, daremo mano libera a uomini e donne delle forze dell’ordine per darci pulizia e sicurezza». C’è da aggiungere che da tempo si è consolidata una relazione fra la Lega e CasaPound.
A parte la facile (e sacrosanta) ironia sul fatto che la legge Fiano non è ancora tale, le parole di Salvini danno l’idea di quello che avverrebbe nel nostro Paese ove dovesse vincere la coalizione di destra, a maggior ragione se dovesse prevalere il capo leghista: si spalancherebbe la porta ad ogni sorta di avventura da parte dei gruppi neofascisti, peraltro mai stati così attivi e presenti sul territorio (e, com’è noto, sul web) come in questo periodo, e molto spesso protagonisti di imprese di sapore squadristico, come nel caso delle recenti ripetute aggressioni a Roma nei confronti di famiglie straniere legittime assegnatarie di abitazioni popolari.
La legge Mancino punisce “chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”; vieta “ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”; sanziona “chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività” e “coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi”; condanna “chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi” che hanno fra i propri scopi “l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
La sua abrogazione, oltre a contravvenire alle convenzioni internazionali in materia di razzismo, avrebbe pesanti effetti giuridici ed ancor più politici e sociali, e schiuderebbe praterie davanti alle formazioni politiche che, strumentalizzando paura e malessere che serpeggiano in una società fortemente impoverita dalla crisi, fanno della xenofobia e del razzismo il loro cavallo di battaglia. È del tutto evidente che viviamo un tempo in cui queste pulsioni stanno crescendo a dismisura. D’altra parte Trump è stato o non è stato eletto Presidente degli Stati Uniti?
Ma andiamo avanti; quando Salvini afferma, a proposito della legge Fiano e della legge Mancino, che «le idee non si processano, queste cose si facevano in Urss», manifesta una rilevante pochezza argomentativa, una scarsa dimestichezza con la cultura liberale (più in generale con la cultura tout court), una permanente torsione demagogica delle sue parole. “I papisti non devono godere del beneficio della tolleranza, perché, dove hanno il potere, si ritengono obbligati a negare la tolleranza agli altri”, scriveva il filosofo liberale per antonomasia John Locke nel 1667 nel suo “Saggio sulla tolleranza”; Karl Popper, che tutto era tranne che un pericoloso bolscevico, aggiungeva: “La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi”. Thomas Mann, il grande scrittore tedesco che nel 1933 criticò i legami fra il nazismo e l’arte e di conseguenza espatriò immediatamente dopo, scrisse ne “La montagna incantata”: “la tolleranza diventa un crimine quando si applica al male”. Si potrebbe obiettare che il male è una categoria morale del tutto soggettiva, il che è vero, ma entro un limite prescritto: ce lo spiega Hanna Arendt, quando scrive sulla banalità del male a proposito di Adolf Eichmann, il funzionario nazista che, dietro la sua apparente “normalità”, fu uno dei maggiori responsabili dell’Olocausto. Certo, il tema non è solo filosofico o letterario, ma anche giuridico: è della Corte Europea dei Diritti il chiarimento per cui “sono legittime le restrizioni alla libertà d’espressione quando essa viene utilizzata per fini contrari al testo ed allo spirito della Convenzione Europea” (dei Diritti dell’Uomo, ndr)
Il punto è che la legge Mancino, oltre alla pratica e all’organizzazione, condanna anche la “diffusione delle idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico”. Nella realtà della vita e della storia la “diffusione delle idee” fasciste, naziste, razziste e xenofobe si è sempre incarnata nella forma della sopraffazione violenta, dallo squadrismo ai pogrom alla guerra come “igiene del mondo”; non è questa, dal punto di vista storico, la “diffusione delle idee” del Ku Klux Klan o del capo degli ustascia Ante Pavelić? E non è questa la “diffusione delle idee” del fascismo italiano che ha invaso l’Abissinia e la Libia, ha aggredito la Francia, la Jugoslavia, la Grecia, la Russia? E non è ancora questa la “diffusione delle idee” della repubblica di Salò, che univa alla sua illegittimità giuridica e statuale un’attività “istituzionale” dedita prevalentemente alla violenza sfrenata nei confronti dei partigiani e degli oppositori tramite una serie di bande criminali e sadiche? Il Mein Kampf è un testo di letteratura politica o il manifesto degli orrori del nazismo?
Ma la questione è anche di natura costituzionale: non c’è solo la XII disposizione finale (“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”); c’è l’articolo 3, che al suo primo comma dispone la pari dignità sociale e l’eguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini indipendentemente dalla lingua o dalla religione o dall’etnia. Di conseguenza una “diffusione delle idee” che neghi tale pari dignità contrasta nella sostanza col testo della Carta. C’è l’articolo 2 che obbliga ai doveri della solidarietà e garantisce i diritti dell’uomo. Tutto il contrario di qualsiasi discriminazione, comunque camuffata.
Non meno allarma la promessa «mano libera a uomini e donne delle forze dell’ordine per darci pulizia e sicurezza». È il leitmotiv delle forze più oscurantiste e violente, che ha già avuto attuazione in Italia in alcune circostanze, come nel caso della mattanza di Genova del 21 luglio 2001. È una prospettiva pericolosissima in qualsiasi democrazia europea; l’uomo che si candida alla Presidenza del Consiglio evoca tutto il potere al manganello. Franco Gabrielli oggi è il capo della polizia, ed è persona – a quanto sembra – democratica, ragionevole ed assennata e di dichiarate convinzioni antifasciste. Se domani cambiasse?
L’Italia promessa da Salvini, per arrivare al nocciolo del problema, non solo smarrirebbe la bussola antifascista incorporata nella Costituzione, ma si aprirebbe a qualsiasi avventura. E non è uno scenario irrealistico, come dimostra la grande Vandea che si sta espandendo in Europa occidentale e che da tempo oramai domina nella grande parte dei Paesi dell’est (non a caso la formazione di estrema destra Afd ottiene risultati clamorosi in particolare nei Länder orientali). D’altra parte è palese l’ondata di paura ed anche, in qualche caso, di rancore contro i migranti che attraversa una parte tutt’altro che irrilevante dell’opinione pubblica. Quanto basta per allarmare qualsiasi persona che intenda tutelare la democrazia e le libertà, così faticosamente conquistate.
Pubblicato martedì 3 Ottobre 2017
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