«Io la Costituzione italiana l’ho scoperta grazie all’ANPI: frequentavo il liceo e non era prevista tra le materie di studio; un giorno vennero dei partigiani a parlarne e così mi sono appassionata anche alla storia della Lotta di Liberazione, spero di poter scrivere la tesi su questi argomenti». Beatrice ha vent’anni come molti ragazzi che affollano la platea del Teatro Brancaccio, a Roma. Si guarda intorno e indica gli striscioni che tappezzano la sala di verde bianco e rosso, il tricolore nelle bandiere delle tante sezioni dell’Associazione arrivate da ogni parte d’Italia, una scritta che campeggia dall’alto: Ora e sempre Resistenza, il Medagliere sfavillante dal palco.
Siamo alla manifestazione conclusiva della campagna referendaria per il NO, in attesa degli interventi del Presidente nazionale ANPI, Carlo Smuraglia, di Susanna Camusso, Segretario generale CGIL, Francesca Chiavacci, Presidente nazionale ARCI, Sandra Bonsanti, Presidente onorario di Libertà e Giustizia, del costituzionalista Alessandro Pace e di giovani dirigenti dell’Associazione dei partigiani.
È un Paese con tanta voglia di far sentire la propria voce e di contare quello rappresentato nella sala gremita. Anna Paola, Moreno e Paolo sono tutti e tre di mezza età, seduti accanto, si scambiano opinioni ed esperienze sui loro figli e sul perché hanno affrontato un viaggio complicato da scioperi e maltempo per raggiungere la Capitale. Si sono avvicinati all’ANPI, mi spiegano, in occasione della campagna referendaria per il No. «Il terremoto ha distrutto case e strade. Vogliamo ricostruire come si fece nel dopoguerra, con quello stesso spirito. I politici sono lontani dai reali problemi della gente, parlano un linguaggio estraneo alla vita di tutti i giorni. Non la conoscono neppure la Costituzione e ora hanno riscritto ben 47 articoli in maniera incomprensibile, è assurdo».
Se per tanti l’ANPI ha colmato un vuoto nella possibilità di partecipazione alla vita pubblica della società civile, per moltissimi l’appuntamento del Brancaccio è un’occasione per riaffermare l’orgoglio partigiano e la memoria di famiglia. «Sono cresciuta con i valori dell’antifascismo – racconta Matilde Dei, studentessa universitaria di agraria a Perugia –. Mio nonno materno era della Brigata San Faustino, operante in Alta Umbria, con al centro Pietralunga. Erano contadini e operai. La sezione ANPI studenti ha promosso molte iniziative per la campagna referendaria, basate sempre sul confronto e sul merito. I giovani vogliono capire, pensare e decidere con la propria testa».
Il tema dell’astensionismo e degli indecisi, prevalente soprattutto tra i giovani secondo gli ultimi sondaggi disponibili, è stato falsato perché la campagna referendaria si è trasformata in un voto sul governo. «È sbagliato; – dice Antonio Alaia, classe ’96, universitario di sociologia e dell’ANPI di Padova – in Veneto abbiamo promosso un Referendum tour e con il nostro impegno molti coetanei, finora distratti, si sono riconosciuti nei principi democratici del testo costituzionale vigente. Va coltivato il senso di appartenenza e della cittadinanza. La Costituzione va attuata pienamente. Noi, comunque vada, stiamo pensando al post-voto».
Hanno già le idee chiare questi ragazzi nati dopo la caduta del muro di Berlino: vogliono ripartire dai valori dell’antifascismo in Italia e in Europa per farne comprendere l’importanza e l’attualità alle nuove generazioni.
Hanno definito i prossimi passi anche in Sicilia. «L’ANPI di Palermo – spiega Riccardo Giuliano (venti anni), studente di politica internazionale – ha messo in piedi numerose iniziative per illustrare la riforma costituzionale, tutte molto partecipate. Abbiamo in programma di lavorare da subito per raccontare il contributo del Sud alla lotta contro l’occupazione nazifascista. Pochi ne sono consapevoli. Per il nostro Paese è un momento critico, la Costituzione del ’48 era inclusiva, portatrice di valori di pace e di accoglienza ed è fondamentale riappropriarsene mentre in Europa si alzano muri e reticolati e il populismo più greve attrae consensi».
Alessandro Ciamarra è di Spoleto, uno dei giovani ANPI che hanno partecipato, in qualità di delegati, al Congresso nazionale dello scorso maggio: «Non potevo mancare, sono molto emozionato anche in questa occasione. L’ANPI ha puntato molto sulle nuove generazioni, abbiamo in dote la grande responsabilità di tenere alti i principi per i quali i partigiani hanno combattuto e della Costituzione nata dalla Resistenza. Sono tra quanti hanno riletto il testo per la campagna referendaria e sono sempre più convinto che quel dettato vada attuato. Invece non è stato così».
Parlando con le persone al Brancaccio sembra quasi di fare un viaggio attraverso l’Italia di oggi, spesso sconosciuta o male interpretata.
Ilaria, non ancora trentenne, è dell’ANPI di Torino: «Siamo potuti venire solo in tre a causa delle piogge e delle inondazioni, purtroppo ormai abituali. Siamo però preparati e attrezzati», precisa con fierezza. La città raccontata da Ilaria è inedita, fuori dai luoghi comuni: «La Sindaca Appendino è nipote di partigiani, l’ANPI è molto considerata dalle nostre parti ed è stata sempre invitata, anche nelle iniziative istituzionali, a esporre le sue ragioni del NO. Con le nostre attività i cittadini hanno ripreso a dialogare come non accadeva da anni. La Torino operaia, con le fabbriche che chiudono, vorrebbe dimenticare le sue origini proletarie, l’ubriacatura olimpica ha fatto il resto, determinando scompensi e disagi economici: il Comune è tra i più indebitati del Paese. Con l’ANPI e i Comitati per il NO, oltre 80 nella provincia, siamo andati anche in montagna, dove i partiti non arrivano più». Un’esperienza molto positiva, spiega Ilaria: «Ci hanno sempre ascoltato con attenzione, consapevoli che i valori della Costituzione ci aiutano nel presente». I vostri argomenti? «La richiesta di attuazione piena e concreta della Carta, per esempio dell’Art.9 che tutela il territorio, degli art. 33 e 34 sul diritto allo studio che non può essere un lusso per pochi; dell’art. 11 e il rifiuto della guerra: spendiamo ogni giorno 64 milioni di euro in armamenti. La riforma comporterebbe in totale un risparmio minore del costo giornaliero delle armi». Poi Ilaria conclude: «L’ANPI ha preso una posizione forte e per questo in altri luoghi si è provato a delegittimarla, sostenendo che nell’Associazione i partigiani sono divenuti, per ragioni anagrafiche, una minoranza. In realtà hanno provato a delegittimare le idee dei giovani e per questo i giovani devono essere sempre di più».
Ci sono anche molti lavoratori e sindacalisti CGIL, iscritti ai circoli ARCI nella sala del Brancaccio, e forse questo era prevedibile, ma non ti aspetti un’attenzione così alta. Nessuno vuole perdere una sillaba degli interventi che si susseguono dal palco.
Dopo le parole del Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia, quando gli applausi interrompono il silenzio, Andrea e Camilla di 25 e 27 anni, mi fermano: «Siamo dell’ANPI di San Lorenzo, provincia di Firenze, lo scriva che la nostra scelta è passata dopo tante discussioni e voti nelle sezioni. Abbiamo promosso decine e decine di iniziative sulla riforma e sempre puntando sul confronto per capire. A qualcuno probabilmente non piace». Da Foiano, nel Casentino sono arrivati in tre della stessa famiglia. Giovanni Bellacci, 21 anni, studente di ingegneria meccanica a Firenze, è con la madre e la zia: «Sono il nipote di Ezio Raspanti, il partigiano “Mascotte” della Volante Teppa, Medaglia d’Argento al Valor Militare. Mio nonno sarebbe contento di vedermi qui». Le due signore aggiungono: «Nostro babbo aveva solo un diploma di scuola di avviamento, quando a sedici anni partecipò alla Resistenza. Ha sempre sostenuto che è facile soggiogare un popolo ignorante. Ha lasciato le sue memorie, sono raccolte in un archivio aperto a tutti».
Risuonano le note del sassofono di Nicola Alesini. Un assolo struggente. Umberto Lorenzoni, il partigiano Eros, commissario di battaglione, Presidente dell’ANPI Treviso, individua i brani di quel grappolo musicale: Fischia il vento, La guerra di Piero, Bella Ciao. Ferito in combattimento, Lorenzoni rinunciò alla decorazione al valore in favore di un combattente Caduto. Quando gli chiedo un parere sulla campagna referendaria risponde: «In Cansiglio avevamo un motto: se devo morire, voglio morire con le dita negli occhi dell’avversario che non deve mai vedere la nostra schiena. I nostri compagni si son battuti così, in ogni difficoltà. A testa alta. Ce la faremo anche questa volta. Senza alcun dubbio». E poi in piedi, insieme a tutti, comincia a cantare Bella Ciao.
(Le foto che corredano l’articolo sono di Zino Tamburrino)
Pubblicato venerdì 2 Dicembre 2016
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