La raffineria Rasiom era in produzione da diversi anni, mentre nei 40 km tra Augusta e Siracusa erano in costruzione diverse installazioni del settore chimico, che altri territori italiani non avevano voluto e che lo Stato e la Regione siciliana finanziavano con ingenti somme di denaro.
Interventi che snaturarono l’intera zona e la sua vocazione agricola, come conferma un aneddoto tra cronaca e mito: si raccontava che, per impedire la distruzione di rigogliosi agrumeti, una nobildonna della provincia di Siracusa avesse impedito con il suo corpo che i tanti escavatori distruggessero “i giardini” tramandati da generazioni della sua famiglia.
Già ad Augusta, a causa dei versamenti di petrolio in mare, i pesci erano diventati immangiabili.
Un pescatore e suo figlio che, di buon mattino avevano calato le reti in mare, dopo aver gettato in acqua la cicca di una sigaretta appena fumata, furono investiti dalle fiamme che si andavano propagando a causa dei residui di petrolio.
Per il più giovane non valsero le grida di aiuto del genitore: in breve venne avvolto dalle vampate di fuoco e perse la vita.
Le nuove industrie che stavano sorgendo lungo il litorale di Augusta, la storica città di Megara Hyblaea, erano altamente inquinanti, ma poiché per la loro costruzione venivano impiegati circa 40.000 lavoratori, questo sistema di industrializzazione non trovava alcuna opposizione.
Qualche anno prima che Pio La Torre, in accordo con la Cgil di Siracusa, mi chiedesse di dirigere la Camera del lavoro di Augusta, anch’io per un breve periodo, avevo lavorato come saldatore elettrico trasfertista alla costruzione di alcuni di quegli impianti. Il mio mestiere lo avevo imparato nei cantieri navali del gruppo Piaggio a Palermo, circa 10.000 operai, dove avevo anche preso coscienza dei valori sindacali e dei diritti che riguardavano tutti noi.
Da tempo eravamo impegnati con varie iniziative sindacali per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro con la Fiom, rivendicavamo inoltre migliori condizioni di lavoro presso l’azienda e attrezzature adeguate per la salvaguardia della vita di noi operai. Proprio per la carenza di adeguate misure di sicurezza, gli incidenti sul lavoro erano all’ordine del giorno, così come i gravi infortuni e, purtroppo, le morti.
Questa mia unica esperienza sindacale venne considerata abbastanza importante dal segretario regionale della Cgil siciliana, Pio La Torre, tanto da spingerlo ad affidarmi l’incarico di direzione della Camera del lavoro di Augusta in una realtà di forte crescita industriale. Così da Palermo mi trasferii con mia moglie e i nostri tre piccoli figli in quella cittadina del siracusano.
Presto la Cgil locale prese contatti sia con le realtà lavorative esistenti, sia con nuove aziende, e la Camera del lavoro divenne punto di riferimento anche per tanti altri lavoratori stagionali che giungevano da tutta la regione per lavorare nelle aziende agricole circostanti.
La Rasiom di Augusta apparteneva ad Angelo Moratti, presidente dell’Inter: una figura che, se da una parte investiva milioni di lire per l’acquisto di importanti giocatori, dall’altra negava ai suoi dipendenti il rinnovo dell’accordo aziendale e un minimo aumento salariale. Di fronte alle resistenze della proprietà nell’accettare i nuovi accordi, i lavoratori iniziarono uno sciopero che durò diversi giorni sostando ininterrottamente nello spazio antistante l’azienda.
La sera del 27 febbraio 1961 i pochi lavoratori presenti in quel momento, subirono una prima violenta carica da parte della polizia. All’alba del 28 febbraio giunsero nello spiazzo diversi plotoni di agenti in assetto di guerra e ai tre sindacati presenti fu manifestata la disponibilità dell’azienda a un incontro, mentre tra le forze dell’ordine qualcuno lanciò qualcosa sui manifestanti.
Si udì un fragore che investì tutti noi. Come venne accertato successivamente, era stato lo scoppio di una bomba a mano, un relitto di guerra che colpì 18 di noi, alcuni anche in modo molto grave. Ricordo di essere stato soccorso da alcuni lavoratori e trasportato d’urgenza all’ospedale di Augusta, dove giunsero poi anche gli altri lavoratori feriti.
Augusta rispose subito bloccando tutte le attività della città per protestare contro la tentata strage perpetrata a danno di concittadini e lavoratori. Tanta solidarietà venne espressa da parte dei sindacati nazionali e di diverse fabbriche d’Italia che avevano appreso del tentato eccidio attraverso le maggiori testate giornalistiche nazionali.
Quella stessa mattina il ministro degli Interni Mario Scelba isolò la cittadina di Augusta da ogni contatto esterno. Solo il giorno successivo fu permesso all’onorevole Emanuele Macaluso e a una delegazione del sindacato di recarsi a far visita ai feriti.
I gravi fatti di Augusta vennero subito riportati al Parlamento Regionale da tutta la sinistra e il presidente delle Regione dell’epoca, Benedetto Majorana della Nicchiara, fu costretto a dimettersi. Qualche settimana dopo, durante una seduta dedicata del Parlamento nazionale, vennero discusse le tante interrogazioni presentate sia dai parlamentari sindacalisti sia alle altre forze politiche .
In quella seduta il ministro degli Interni, rappresentato dal sottosegretario e futuro Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, additò i lavoratori come provocatori degli incidenti di quel giorno.
Le repliche non si fecero attendere: Agostino Novella, segretario generale Cgil, denunciò dettagliatamente le responsabilità della polizia di Stato e di un governo che ancora una volta, dopo i fatti accaduti nel luglio dell’anno precedente a Licata, Palermo e Catania, difendeva il padronato e sparava sui lavoratori. Per questo, Novella chiese il disarmo delle forze di polizia in occasione delle manifestazioni sindacali.
La vertenza della Rasiom venne composta la notte dopo gli incidenti con un accordo sindacale aziendale e con la firma di Angelo Moratti, accorso immediatamente ad Augusta. La gravità dei fatti è stata sufficientemente documentata dal dibattito parlamentare: una vicenda fortemente legata al clima politico del periodo e (elemento non secondario) alla nascita dell’organizzazione paramilitare “Gladio”, il cui intento – giustificato da ben due Presidenti della Repubblica – era di impedire l’avanzata dei comunisti e le loro azioni politiche, che si declinavano, secondo Costituzione, anche mediante le attività sindacali.
Probabilmente anche su questa non secondaria vicenda della nostra storia politica e sindacale si celano segreti di Stato che andrebbero portati alla luce.
Ottavio Terranova, coordinatore Anpi Sicilia, vicepresidente Anpi nazionale
RITORNO AD AUGUSTA
di Ottavio Terranova
Il ponte sul mare, la
vecchia porta, rieccoti
mia luminosa Augusta,
gli amici e i compagni di
lotta, le rosse bandiere,
le tute e i berretti intrisi
di fango, talvolta di sangue,
di sudore umano,
sogni e speranze lontani
ridesti in me, in questo
silenzioso ritorno, vecchia
compagna di vita.
Per documentarsi:
Verbale della seduta del 28 febbraio 1961 del Parlamento Regionale Siciliano
Verbale della seduta della Camera dei deputati del 7 marzo 1961
Pubblicato giovedì 11 Marzo 2021
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