La Union Jack sventola bassa a Buckingham Palace. Secondo la tradizione britannica, il vessillo nazionale è calato sul pennone di uno spazio equivalente alla larghezza della bandiera stessa, per lasciare spazio a quella – invisibile – della morte.
Helen Joanne Cox, detta Jo, avrebbe compiuto 42 anni il 22 giugno, alla viglia di quel referendum che sembra essere all’origine della sua morte; usciva dalla biblioteca di Birstall, quando Thomas Mair si è fatto largo tra i passanti che occupavano il marciapiede nella pausa pranzo e l’ha accoltellata dopo averla colpita con tre colpi di pistola.
“Britain first!”, il nome del partito di destra anti-europeista, sembra siano state le poche parole urlate da Mair durante l’attacco e questo apre scenari da libro giallo sui veri motivi dell’aggressione. “La Gran Bretagna prima di tutto” è anche uno slogan molto usato in questi ultimi duri e convulsi giorni di campagna elettorale dai Brexiters – i propugnatori della necessità di uscire dalla UE – ed un legame diretto tra l’omicidio della parlamentare Labour (sostenitrice della necessità di restare nell’Unione) ed il fronte dell’OUT, che sembrava aver riguadagnato qualche punto nei sondaggi, potrebbe avere un forte impatto psicologico sul voto del 23.
Jo Cox era una stella nascente del Labour, famiglia della middle-class britannica, scuola a Heckmondwike, lavoretti estivi nella fabbrica in cui lavorava il padre. E poi Cambridge, dove scopre la sua passione politica realizzando di essere ‘diversa’. In un’intervista di qualche anno fa Jo raccontava come fu lo scontro culturale a portarla verso i Labour. “Non avevamo lo stesso accento, non avevamo gli stessi amici, mentre io impacchettavo dentifrici e bombolette di lacca per i capelli in fabbrica, i miei compagni di corso avevano preso un anno sabbatico per il giro del mondo”. La scelta di sinistra è quindi naturale, un lavoro da Oxfam, occupandosi di aiuti umanitari e progetti di sviluppo, la vita di partito sino a diventare consulente di Sarah Brown – la moglie dell’ex primo ministro inglese – e della baronessa Kinnock, parlamentare europea sino al 2009.
Eletta nel maggio scorso al Parlamento britannico diventa co-presidente del gruppo “amici della Siria” e lavora a stretto contatto con l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan di Mistura, alla ricerca di una soluzione al conflitto. Autrice assieme al conservatore Andrew Mitchell di un articolo sul ruolo dell’esercito britannico per una soluzione etica alla guerra in Siria, si astiene però al momento di votare la proposta dell’intervento militare del Regno Unito, creando un certo scompiglio all’interno del suo stesso partito.
Ma l’appassionata scalatrice delle montagne dello Yorkshire, che ha scelto di vivere con il marito Brendan ed i due figli Lejla e Cuillin in una casa galleggiante ormeggiata sul Tamigi, a due passi dal Tower Bridge – “Per poter raggiungere il Parlamento in biciletta”, spiegava sorridendo solo qualche mese fa – ha un reale motivo per opporsi al progetto di Cameron sulla Siria: “L’Isis non è il solo problema da risolvere, se non si trova un accordo chiaro anche con il presidente Assad non serve a nulla gettare bombe sulla testa dei profughi”.
Sostenitrice di Jeremy Corbyn, che decide però all’ultimo momento di votare per Liz Kendall – erede del blairismo con un comune passato a Cambridge – Jo Cox era già stata minacciata più volte per la sua attività in favore dell’Europa e Scotland Yard ha ammesso che “misure di protezione” erano allo studio proprio in questi giorni. Ma la tradizione britannica che vuole un totale e libero accesso ai membri del Parlamento da parte dei cittadini, sommata ad un passato relativamente tranquillo (solo tre deputati sono stati uccisi nel recente passato dell’isola e tutti nell’ambito del conflitto nord-irlandese) ha fatto sì che Thomas “Tommy” Mair potesse avvicinarsi indisturbato alla parlamentare.
Accanto ai messaggi di cordoglio, arrivati da tutto il mondo – e ad una commovente dichiarazione del marito che ha fatto il giro dei social network con un’impressionante rapidità – spiccano due dichiarazioni contrastanti. Da un parte quella di Paul Golding, ex membro del British National Party, oggi leader del partito di destra ancora più estrema, Britain First, che si è affrettato a smentire ogni legame con l’omicidio, dall’altra quella del “Southern Poverty Laws Center”, un’associazione statunitense di difesa dei diritti civili, che ha rivelato sul suo sito internet come Mair avesse recentemente speso 620 dollari per acquistare il manuale del gruppo neonazista americano National Alliance (che spiega nel dettaglio come acquistare armi da fuoco senza farsi identificare) ed una serie di testi che vanno dai discorsi deliranti del fondatore del gruppo al compendio sulla chimica degli esplosivi, la guida del perfetto piromane ed il vademecum per la produzione di proiettili fatti in casa.
La vita di Jo Cox si è fermata davanti ad un anonimo edificio di mattoni rossi di Birstall, la sua eredità politica potrebbe avere un ruolo chiave nelle scelte degli elettori britannici sul futuro del Regno Unito e dell’Europa.
“Jo avrebbe voluto che ci unissimo per combattere l’odio che l’ha uccisa”, ha dichiarato il marito Brandon, la campagna elettorale é stata sospesa per un giorno e alle veglie funebri spontanee hanno partecipato bremainers e brexiters uniti nello sconforto. I prossimi giorni ci diranno se la politica saprà evitare di strumentalizzare vittima ed omicida e se il Regno Unito resterà nell’Unione. C’é forse un’invisibile tredicesima stella sulla bandiera europea, la stella di Jo.
Filippo Giuffrida, giornalista, Presidente ANPI Belgio, membro del Comitato Esecutivo della FIR in rappresentanza dell’ANPI
Pubblicato venerdì 17 Giugno 2016
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