(Imagoeconomica, Sara Minelli)

Il 6 ottobre 1924, esattamente 100 anni fa, in Italia nasceva il servizio di radiodiffusione pubblica. Con il primo programma dalla stazione di San Filippo a Roma, la Radio di Stato — l’Uri, che tre anni dopo diverrà Eiar — iniziava a muovere i primi passi nel campo della radiofonia, con il sostegno dell’allora ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano, esponente di spicco del Partito Nazionale Fascista, e le sollecitazioni di eminenti radiotecnici e del nascente settore industriale della radiofonia.

(Introni.it)

Dalle prime trasmissioni sperimentali del 1924, e un limitato numero di ascoltatori, ben presto la “Radio” divenne un fenomeno che coinvolse sempre più larghi strati di popolazione, ma paradossalmente la crescita dell’audience dell’Eiar, andò di pari passo con il consolidamento del controllo del fascismo su ogni attività culturale, ricreativa, sociale e produttiva della società italiana, inclusi i media.

Scatola sonora “Uccellino” utilizzata dall’Eiar

La radio divenne uno dei mezzi di persuasione più efficaci dell’opinione pubblica, grazie alla sua capacità di entrare nelle case, nelle scuole, negli uffici, nelle fabbriche, nelle caserme, offrendo l’immagine modernista, popolare e rivoluzionaria che il fascismo voleva dare di sé. Canzonette e ballabili erano mandate in onda per addolcire e ottundere le menti degli italiani, e far loro dimenticare le nefandezze di cui si macchiava il regime nei confronti degli oppositori: le aggressioni delle squadracce, la chiusura dei giornali di opposizione, la messa al bando di tutti i partiti, il carcere per dirigenti e militanti antifascisti, costretti in tanti alla via dell’esilio.

Tra coloro che trovarono rifugio in Francia, c’era un giovane avvocato, Alessandro Pertini, originario di Savona, dalle idee socialiste e salito agli onori delle cronache per esser riuscito a beffare la polizia fascista facendo espatriare, con un motoscafo, un gruppo di noti antifascisti, tra cui Turati, Parri, Rosselli. Nonostante fosse costretto a mantenersi per vivere, facendo il lavoro di muratore e imbianchino, dormendo in umili pensioni di Nizza, questo giovane ribelle, dal temperamento vulcanico, intraprese un ambizioso progetto, avendo ben chiara l’importanza dei mezzi di comunicazione di massa e del ruolo della radio.

Una vicenda poco conosciuta, quella del futuro Presidente della Repubblica, radioperatore clandestino e aspirante speaker radiofonico, della quale si trovano tracce negli Archivi di Stato francesi e italiani, nonché nel libro “Pertini, sei condanne e due evasioni”.

Il giovane Pertini, operaio edile in Francia

Jean Gauvin, alias Sandro Pertini

Nell’ottobre del 1928, a soli quattro anni dalla inaugurazione del primo trasmettitore radiofonico dell’Eiar, il giovane esiliato Sandro Pertini, preso in affitto un villino isolato nel comune di Eze superiore e, con l’aiuto di un ingegnere polacco e di Roberto Arturo Lucchetti entrambi esuli, impiantò una stazione radiotelegrafica, con cui comunicare con gli antifascisti restati in Italia.

A trovare i fondi per quest’ardito e innovativo progetto fu lo stesso Pertini con la vendita di un appezzamento di terreno e una piccola casa avuti in eredità, che gli aveva procurato 20.000 franchi. Una vendita riuscita grazie l’avvocato Giacomo Rolla, già suo difensore nel processo per l’espatrio di Filippo Turati e la complicità della madre, che fu condannata, in seguito alla revoca del passaporto per aver aggirato la legislazione fascista, che imponeva l’esproprio dei beni dei fuoriusciti.

La piccola villetta era sita sulle colline sovrastanti Nizza in un luogo appartato, seminascosto dalla vegetazione, difficile da identificare come sede di una radio clandestina, e ufficialmente affittata dal proprietario, lo stesso Lucchetti, a Pertini per “incontri amorosi”. Radiotrasmissioni che per circa sei mesi permisero, a detta della stessa polizia segreta fascista, alla Concentrazione antifascista di ricevere notizie dagli oppositori al Regime operanti in Italia e comunicare con loro. Uno smacco per chi pensava che l’olio di ricino, il carcere, le delazioni degli infiltrati potessero far tacere il dissenso, anche se, purtroppo, fu a causa di una delazione che queste trasmissioni clandestine dovettero cessare.

Pertini (al centro) con i suoi compagni di cantiere

Grazie ad una “soffiata”, fu informata la polizia francese che un certo Jean Gauvin, alias Sandro Pertini, che da lunedì al venerdì lavorava a Nizza come muratore, trascorreva a Eze il sabato e la domenica, operando di notte con una stazione radiotelegrafica non autorizzata, collegandosi con l’estero. Da qui, l’arresto di Pertini e dei sui complici, tutti imputati di un reato passibile di cinque anni di carcere e il conseguente processo, che provocò la mobilitazione dei partiti di sinistra francesi, nonché della Concentrazione Antifascista, che radunava l’opposizione italiana in esilio.

Attraverso le carte processuali depositate negli archivi di Stato francesi, possiamo leggere la superba arringa difensiva del noto avvocato Jose Bonifacio, ma anche dell’autodifesa di Sandro Pertini, trasformatisi in una durissima denuncia sulla negazione di ogni libertà imposta dal regime fascista a tutti gli italiani, compresa quella degli oppositori al fascismo, costretti all’esilio, di non poter comunicare con i propri parenti rimasti in Italia. Un’opinione, quest’ultima, silenziosamente condivisa dallo stesso pubblico ministero francese che, rinunziando alla sua arringa, permise a Pertini di uscire dal carcere immediatamente, condannato a un mese di pena con il beneficio della condizionale.

Dalla corrispondenza tra il console italiano e il ministero dell’Interno fascista, sorgono particolari interessanti sui modi di comunicazione tra la rete antifascista clandestina operante in Italia e gli esuli italiani, quali ad esempio l’uso di un particolare sistema di cifratura dei messaggi.

Rapporto del console generale italiano dì Nizza 

Rappresentazione schematica del codice Morse

Inviato al ministro dell’Interno l’11 ottobre 1928: «Questo Pertini emetteva delle notizie sulla situazione dei fuorusciti in Francia e riceveva notizie sulla situazione degli antifascisti ancora residenti in Italia, notizie che poi trasmetteva alla concentrazione antifascista di Parigi che giudicava se pubblicarle sui giornali antifascisti o meno. La stazione che era nascosta in una villa ad Eze, villa chiamata “Rifugio Mati” (ma che invece fra gli antifascisti era nota come “Caprera” o come “Matteotti”, ndr), funzionava dal maggio scorso ed era sempre il Pertini che faceva da operatore, aiutato di tanto in tanto dallo scrittore antifascista Montasini che risiede quasi sempre a Nizza».

Le trasmissioni e le ricezioni erano realizzate per mezzo di un codice abituale Morse nel quale tutte le composizioni delle parole erano invertite, codice che fu già usato dai socialisti in Italia durante le lotte politiche del 1921 e 1922. Le trasmissioni avvenivano il sabato e la domenica, poiché la mattina del lunedì Pertini doveva essere a Nizza per riprendere il lavoro di peintre en bàtiment.

Gli accorgimenti tecnici

Singolare e avveniristica la rete a maglia installata in Italia che faceva capo agli antifascisti di Nervi Ligure, dotatisi di efficaci apparati ricetrasmittenti; dall’epistolario tra il console italiano a Nizza e la Polizia fascista emergono su di essa particolari interessanti, come l’uso di una trasmittente operante in onde medie sulla lunghezza d’onda di 343 metri, le cui emissioni erano finalizzate a raggiungere gli altri posti radio in ascolto in Italia.

Una decisione presa, probabilmente, per far sì che chi attendeva notizie dagli esuli in Francia, potesse ascoltarle utilizzando dei normali ricevitori commerciali e che la sintonia fosse facilitata nella ricerca poiché il segnale clandestino si trovava nella scala parlante, tra la frequenza dell’Eiar di Napoli (Ina) operante sui 333 metri di l.o. e quella ancora sperimentale di Torino di 280 metri. Un’anticipazione, quest’ultima, di quella guerra psicologica delle onde radio che, nel secondo conflitto mondiale, ebbe come icona il” dum dum dum dum” di Radio Londra.

Telegrafo

La scelta del metodo di trasmissione in Morse, con l’utilizzo del tasto telegrafico e senza fonia, fu chiaramente imposta ai “pirati” della Radio dell’epoca, Sandro Pertini e compagni, dalla necessità di esser ricevibili in Liguria, utilizzando un trasmettitore di limitata potenza e funzionante a batterie. Soluzione, quest’ultima, ripresa 15 anni dopo, nella Resistenza, dalle “Secret Radio” utilizzate per collegare partigiani e Alleati, quali la inglese B-2 MKIII o l’americana SSR-1/T-1, trasportabili in una comune valigia.

Concludendo non possiamo non ricordare la vicenda di Radio Bari la cui trasmittente fu inaugurata dall’Eiar e dal Partito Fascista, il 7 settembre del 1932, in occasione dell’apertura della Fiera del Levante. Essa, esattamente 11 anni dopo, il 9 settembre 1943 fu salvata dalla distruzione tedesca, grazie all’insurrezione popolare guidata dal generale Bellomo e pochi mesi dopo, da quella stazione radio, iniziarono le trasmissioni di “Italia Combatte” incitanti alla lotta di Liberazione contro il nazifascismo.

Che si concluderà il 25 aprile 1945 con un’altra insurrezione, lanciata dal proclama “Arrendersi o perire” di Clnai e Cvl diffuso dai microfoni di Radio Milano Liberata proprio dalla voce di Pertini.

Antonio Camuso, Archivio Storico Benedetto Petrone-APS